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Attacco a Mumbai

mumbai2E’ il novembre del 2008 quando Mumbai viene messa sotto assedio da una decina di jihadisti del Pakistan. Tra i diversi luoghi colpiti spicca il Taj Mahal Palace Hotel, capolavoro del connubio tra architettura indiana e saracena. Proprio nel Taj un commando spara all’impazzata sugli ospiti, quasi tutti stranieri, e sui dipendenti, praticamente tutti indiani. Il capo cuoco e alcuni camerieri tentano di mettere in salvo quante più persone possibile, in attesa dei soccorsi che però tardano ad arrivare.
Come sempre di fronte a ricostruzioni di questo tipo ci poniamo la domanda sulla necessità del racconto, che sembra arrivare puntuale e inutile allo scoccare della tragica ricorrenza. Attacco a Mumbai – Una vera storia di coraggio è un film poco chiaro negli intenti. Il titolo italiano, come sempre furbo, se la gioca sul territorio dell’eroismo, lasciando presagire nette preferenze verso il racconto di personaggi romanzati al limite della mistificazione. E in effetti così è in parte. Se la descrizione agghiacciante dello sbarco del commando di terroristi a due passi dal Gate of India e dell’attuazione del piano criminale nei diversi siti scelti dalla regia occulta pakistana, con cui sono in contatto telefonico i giovani figli della Jihad, è perfettamente congegnata nei tempi e nei modi del thriller con carneficina annessa che non risparmia nulla allo spettatore, Attacco a Mumbai vira presto verso la messa in scena delle tipologie umane, scritte (o così sembra) per Hotel Mumbairiassumere il ventaglio emozionale che caratterizza i comprimari nei film catastrofici: ci sono la coppia giovane e bella di sposi con neonato e balia, lei indiana (la bellissima Nazanin Boniadi) lui americano (Armie Hammer), il ricchissimo russo cinico e bastardo a cui l’attacco ha sottratto una notte tra prostitute d’alto bordo (Jason Isaacs), l’anziana ricca isterica che vede terroristi anche tra chi si sta immolando per darle aiuto, due giovani che sfuggiti da un’altra carneficina riparano nel Taj pensando a un luogo protetto, e via via fino ad arrivare al rinomato chef Oberoi (Anupam Kher), che non abbandona la nave e i passeggeri, e Arjun, il cameriere sikh (Dev Patel), eroe suo malgrado che si riabilita agli occhi del suo superiore dopo un iniziale discussione su un paio di scarpe. Gli ingredienti ci sono tutti e ben dosati. I personaggi non si smarcano dalle funzioni che rappresentano, incarnando più che momenti di verità, la summa esemplare di una clientela miliardaria con cui si fatica ad empatizzare e di uno staff che non nel singolo ma nel gruppo intero celebra l’idea di devozione e identificazione in un ruolo che mette il dovere e la responsabilità davanti a tutto. Può sembrare che suoni eccessivo, ma nella cultura indiana è un dato di fatto e va di pari passo con il concetto di ospitalità verso lo straniero.
Se la scrittura dei personaggi risulta stantia, non aiuta il ricorso a dialoghi che cercano di stemperare il dramma con ironia bislacca, ma che per paradosso trovano profondità quando lo sguardo si sposta sui terroristi, lasciando emergere una fragilità figlia di miseria e ignoranza.
Ma c’è un aspetto che lascia ancora più perplessi nel film diretto da Anthony Maras. Nella vita psichica della metropoli c’era un precedente trauma, le bombe del 1993, a cui fecero seguito una serie di conflitti consumati nei sobborghi poveri come nella guerra tra bande organizzate, così come racconta Suketu Mehta in Maximum City, elegia tra le più affascinanti e terribili mai dedicate a una città. Nonostante il titolo originale reciti Hotel Mumbai, con riferimento nemmeno tanto nascosto a Hotel Rwanda, a cui guarda il regista insieme a United 93 di Greengrass (film di ben altro spessore), ciò che sembra fuori campo è la città nella sua totalità, colpita non solo nei suoi simboli aristocratici, ma anche nel ventre profondo. Perché gli attacchi hanno interessato tutti gli strati sociali, hanno scatenato nuove paure e rinfocolato antichi odi tra le strade, nelle putride fenditure degli slums, condizionando i rapporti già tesi tra vicini di casa induisti e musulmani.


Non bastano Arjun e Oberoi a incarnare lo spirito dei bombeiti, o il valore di pochi poliziotti che tentano un’impresa impossibile nel tentativo di ridimensionare l’imbarazzante impreparazione di un paese per nulla pacificato. Mumbai resta sfondo del Taj Hotel in fiamme e sfondo del Taj ripulito dal sangue e riaperto dopo il massacro. Così risulta indigeribile il finale che ne celebra i rinnovati fasti, edificio magnifico negli interni signorili e nelle decorazioni eleganti, simbolo delle contraddizioni di una città che strema i propri abitanti, per cui il Taj è un’astrazione che forse non troverebbe posto nemmeno nelle più fantasiose fiabe indiane.

Alessandro Leone

Attacco a Mumbai – Una vera storia di coraggio

Regia: Anthony Maras. Sceneggiatura: Anthony Maras, John Collee. Fotografia: Nick Matthews. Montaggio: Luke Doolan. Musiche: Volker Bertelmann. Interpreti: Dev Patel, Armie Hammer, Jason Isaacs, Nazanin Boniadi, Anupam Kher, Natasha Liu Bordizzo. Origine: Australia, 2018. Durata: 125′.

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