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Che la forza ti accompagni ovunque tu sia, Carrie Fisher!

leilaStroncata da un infarto mentre era in volo, non su un Falcon ma su un aereo che la stava portando da Londra a Los Angeles. Così ci lascia Carrie Fisher, la Principessa Leila della prima saga (in sala) di Guerre Stellari.
Tra la fine degli anni 70 e i primi anni 80, si era “infilata” nei sogni di milioni di adolescenti, bella, risoluta, regale (capigliatura a parte), ventenne al fianco del trentatreenne Harrison Ford, che pare ebbe con lei una storia d’amore sul set, tra una guerra stellare e l’altra. Leila l’avremmo voluta compagna d’avventure un po’ tutti, noi giovani spettatori di Star Wars, tanto che ancora oggi non si capisce come il più folle dei Blues Brother, naturalmente John Belushi, l’avesse mollata per cazzeggiare con il compagno di musica e sbronze (Dan Aykroyd), salvo poi inginocchiarsi al suo cospetto, lei armata di kalashnikov, per chiedere perdono e confessarle amore eterno in una delle scene più esilaranti di The Blues Brothers.
Carrie  Fisher, figlia dell’attrice e ballerina Debbie Reynolds (un titolo su tutti: Cantando sotto la pioggia) e del cantante Eddie Fisher, arriva al cinema giovanissima con una parte in Shampoo (film del 1975 con Warren Beatty e Julie Christie). Poi la trilogia di George Lucas che la consacra icona magnifica, ma che non giova alla sua carriera. Come lei stessa racconterà in un romanzo autobiografico, Postcards from the Edge (Cartoline dall’inferno) – che Mike Nichols nel 1990 porterà al cinema – vivere all’ombra di una grande star e poi diventare la principessa Leila, e rimanere tale, ha avuto un impatto psicologico devastante. L’abuso di droghe, la diagnosi di bipolarismo, un matrimonio conflittuale con Paul Simon, poi il difficile cammino verso la disintossicazione, ancora il cinema, ma a fatica, lavorando tra gli altri con Allen, Reiner, Spielberg, Craven, fino a recitare se stessa in Maps to the Stars di Cronenberg e ritornare nel 2015 a Star Wars, con Harrison Ford in Il risveglio della forza di J.J. Abrams.
La morte di Carrie Fisher ci coglie impreparati, mentre ancora stiamo cercando di collocare Rogue One nell’universo delle sfide intergalattiche più famose del cinema. E per un attimo ci chiediamo se questa morte non possa rientrare come capitolo “laterale” di una saga che sembra dialogare non solo con il pubblico, ma anche con gli stessi attori che l’hanno resa celebre.
Che la forza ti accompagni ovunque tu sia, Carrie Fisher!

A. L.

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