Locarno 2015

Cronache da Locarno68: 10-11 agosto

schneider_vs._bax_20000285_st_9_s-highkopie__cropVi ricordate di In Bruges? Quel noir dai toni interessanti guidato da Colin Farrell nel ruolo di protagonista? Immaginiamo qualcosa di analogo, solo con un pizzico di comicità in più; ora abbiamo un’idea di come si presenti il nuovo film di Alex Van WarmerdamSchneider vs. Bax.
Siamo in Olanda. I due nomi che recita il titolo sono quelli dei protagonisti, due killer su commissione.
Entrambi lavorano in proprio, nessun partner, nessuna distrazione, ma questa è l’unica cosa che hanno effettivamente in comune.
Schneider è un rispettabile uomo di città, è sposato e ha due figlie; agli occhi della famiglia è semplicemente un buon lavoratore e un padre affettuoso, ma in un box privato nasconde l’armamentario e i travestimenti del killer.
Bax, al contrario, è tutt’altro che organizzato. Non è giovane come Schneider, non ama la famiglia e chiaramente non va d’accordo con il caos cittadino. É un lupo solitario, isolato in un bungalow, nel mezzo di una palude.
Verrebbe da chiedersi in che modo due personalità così diverse possano essere entrate in contatto l’una con l’altra e, in effetti, è proprio in questa domanda che giace l’essenza della comicità che pervade la pellicola.
Schneider vs BaxschneideLa risposta è semplice: l’uno è stato incaricato di uccidere l’altro, ma nessuno dei due è a conoscenza che il mandante della commissione è la stessa persona, un certo Meinster.
É stato lui ad architettare il tutto. É evidente che la vicenda si svolga attorno al semplice presupposto che entrambi i killer siano diventati scomodi per i precedenti datori di lavoro e la trovata del doppio omicidio avrebbe risolto il problema; il cerchio sarebbe stato chiuso e non sarebbe rimasta alcuna traccia riconducibile ai mandanti.
Questo è probabilmente quanto sarebbe successo in un dark-drama un po’ più serioso e realistico, ma qui siamo nel comico, pertanto non c’è da stupirsi se la narrazione rasenta l’assurdo.
24 ore di continui imprevisti e due killer troppo sfortunati; ecco gli ingredienti del nuovo prodotto Warmerdam.
Schneider vs Bax è un’esplosione di comicità, ma non di quella comicità demenziale, è tutto studiato con attenzione.
Gli spunti di ironia e sarcasmo che scatenano l’ilarità di cui la pellicola può vantarsi non sono frutto di un’unica tematica, ma di tanti contesti diversi: c’è la lite in famiglia, lo stereotipo estremizzato, l’incomprensione che genera altra comicità e l’esagerazione degli atteggiamenti che porta all’assurdo. Non ci sono pause troppo lunghe, né un montaggio frenetico; non ci sono discorsi eccessivamente intelligenti, né eccesivamente stupidi. C’è solo la voglia di divertirsi; senza troppi giri di parole.

get.do-8É stata poi la prima mondiale del nuovo film di Philippe FalardeauGuibord s’en va-t-en guerre, che ha animato e divertito tutti i presenti alla proiezione che si è tenuta in Piazza Grande.
Qualche parola prima di iniziare, un saluto collettivo dalla main square di Locarno ai nostri amici canadesi che ci guardavano dall’altra parte del globo e, dopo qualche risata, si è pronti per iniziare.
Prima scena: Un ragazzo haitiano cammina per le strade di un’anonima cittadina canadese, entra in un piccolo ufficio e chiede di Mr. Guibord (Patrick Huard), presentandosi col nome di Souverain (Irdens Exantus).
Il giovane è brillante, intelligente, preparato, tanto da risultare un piccolo Einstein fuori dal mondo.
Mr. Guibord, che di lì a poco scopriamo essere un parlamentare rappresentante della circoscrizione locale di Rapides-aux-Outardes, è, invece, un tipo di uomo piuttosto diverso dal ragazzo che gli si è appena presentato davanti. Il suo non è uno spirito combattivo o risolutivo; preferisce essere il genere d’uomo che segue la corrente e che lascia che sia la maggioranza a prendere le decisioni.
Quando, però, le votazioni sull’entrata in guerra daranno numeri pari tra i pro e i contro, lasciando come unico astenuto proprio Guibord, le cose cambieranno radicalmente.
Tra le innumerevoli proteste locali, i blocchi stradali e i conflitti interni tra minatori e non, in merito ai quali il parlamentare è chiamato a intervenire, Guibord si ritroverà per la prima volta a essere colui che fa la differenza, una carica che da troppo tempo cercava di evitare.
La nuova commedia di Falardeau non ritratta nulla, anzi, instilla un vero e proprio messaggio politico nel genere della comic-comedy.guibord_2 Il prodotto finale è veloce, gustoso; si fa mangiare con piacere e assaporarlo è ancora meglio.
La sceneggiatura non sfora mai, non esce dai margini del ruolo che le è stato assegnato; si mantiene a tratti seria e a tratti comica, utilizzando i giusti intervalli e sottolineando a meraviglia la forza sarcastica o ironica – a seconda delle situazioni – di buona parte delle inquadrature.
La pellicola ricorda vagamente lo stile di comedy alla Steve Carrell per intenderci; non è il capolavoro comico del momento, ma è piacevole, non stanca e, tra una risata e l’altra, è anche in grado di darci degli ottimi spunti di riflessione sulla guerra e gli attuali conflitti. Un buon film, un bravo regista, un più che gradevole fine serata e, cosa ancora più importante, una Locarno che va a letto col sorriso.

get.do-9Eccoci arrivati, per concludere, alla piacevole sorpresa della sera dell’11 agosto, Dead Slow Ahead di Mauro Herce.
C’è poesia, pace e davvero molti spunti di riflessione in questa pellicola che resta orfana di qualsivoglia dialogo per i primi 40′.
Quel che vediamo è una gigante regina di metallo che solca i mari indisturbata, nel silenzio del nulla; solo il lento ondeggiare dell’imbarcazione rilascia qualche sporadico rumore.
Lunghe inquadrature puntano a sperimentare nuovi impieghi della luce come mezzo di comunicazione, alternando ai parecchi minuti di riprese nel cuore della nave, il luminoso che si espande all’esterno, la fiera prua che si fa spazio nell’acqua e la schiuma delle onde infrante che ricade sul pontile.
I marinai non parlano, ma è come se riuscissero a comunicare ugualmente, sia con noi che con la nave. Tra loro e l’imbarcazione sembra essersi instaurato il rapporto che una madre ha coi propri figli, un’interpretazione che, peraltro, viene avvalorata in più di un’occasione.
Le prime parole arrivano quando la prima metà della pellicola è ormai passata: c’è un emergenza, sembra che entri acqua nella stiva; ciò nonostante il tono del personale di bordo rimane calmo, imperturbabile, come se nulla stesse accadendo, come se un figlio ripetesse alla madre “Tranquilla, è tutto ok”.
Oltre il vetro degli oblò il mondo continua a vivere, assiste al passaggio della possente imbarcazione che passeggia sulle acque come una sposa verso l’altare.
C’è quasi un’umanizzazione dell’inanimato in questo prodotto di stampo contemplativo, un’umanizzazione che chiude lo stesso film, in un’inquadratura meravigliosa che, nel buio più totale, riprende un ingranaggio della nave che, funzionando, batte come un cuore vivo, forte e inarrestabile, un ingranaggio che, non a caso, è rosso vermiglio.

da Locarno, Mattia Serrago

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