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Da Roma a Bologna la nuova città del cinema

“Avevamo una visione, ovvero che l’Emilia-Romagna potesse ritornare ad essere una terra di cinema prodotto e non solo fruito, continuando una tradizione artistica di una terra che aveva ospitato, accolto e nutrito i Grandi del nostro cinema italiano, ma che doveva tornare ad essere humus fecondo per le produzioni cinematografiche e televisive, regionali, nazionali e internazionali. Quella visione è oggi un fatto!”
Massimo Mezzetti, Assessore alla Cultura regione Emilia Romagna.

A Milano si fa pubblicità e a Roma il cinema. È ancora vera questo paradigma o qualcosa sta cambiando?
Venerdì 22 novembre, presso l’auditorium DAMSlab della Cineteca di Bologna, la Film Commission Emilia Romagna, capitanata da Fabio Abagnato, ha fatto il punto dei risultati ottenuti negli ultimi cinque anni di intenso lavoro.
Tanti gli ospiti presenti al convegno Emilia Romagna, una visione! per rappresentare le varie parti della filiera cinematografica italiana: rappresentanti d’istituzioni, attori, produttori, sceneggiatori, registi, distributori ed esercenti a raccontarci la grossa spinta che ha avuto la stagione del cinema in Emilia-Romagna in questi ultimi anni attraverso il Fondo Audiovisivo, che si è tradotto in opere, numeri, occupazione.
Stiamo parlando di 155 opere audiovisive prodotte per il cinema e non solo (televisione, web, documentari, cortometraggi…) per un valore totale di oltre 117 milioni di euro e un contributo regionale che supera gli 8,8 milioni di euro. Un bilancio che ci viene riportato dall’amministrazione regionale uscente con l’intervento del presidente Stefano Bonaccini e dell’assessore alla cultura Massimo Mezzetti. Quest’ultimo ci specifica come i contributi alla produzione sono stati triplicati passando da poco meno di 1 milione del 2015 a 2,7 milioni nel 2019 e la spesa sul territorio è aumentata quasi del 300%.  Inoltre, nel primo triennio 1 euro di contributo si traduceva in quasi 4 di ricaduta sul territorio, mentre il calcolo sul 2019 ha portato questo valore a più di 5.
Una manovra che, seppur rischiosa, ha portato nuova linfa vitale all’industria cinematografica dell’Emilia Romagna con particolare impatto sulla città di Bologna (pensiamo alla produzione Diabolik dei Manetti Bros). Il territorio ha infatti dimostrato di avere “tutte le caratteristiche per trattenere il produttore” sapendo offrire oltre ai vantaggi economici anche importanti agevolazioni logistiche (possibilità di accogliere camion e grosse troupe più facilmente della capitale) e un’accoglienza tutta di casa, garantendo maestranze e professionalità, entusiasmo, sentita ospitalità e una buona cucina. Da sottolineare il fatto che i contributi economici sono molto al di sotto rispetto a quelli di altre regioni più gettonate come la Puglia, la Sicilia, il Lazio o il Trentino Alto Adige, ma ciò è ampiamente compensato dai tanti vantaggi immateriali garantiti dalla regione.
Non è il caso che grandi colossi internazionali come HBO e Netflix abbiano deciso di ambientare le loro prossime produzioni italiane in Emilia Romagna. Proprio in questi giorni stanno infatti partendo le riprese a Bologna della serie HBO-Sky We are who we are firmata da Luca Guadagnino, mentre sono in fase conclusiva le riprese tra Ravenna e Cesenatico della serie tv Summertime di Francesco Lagi per Cattleya, in esclusiva su Netflix dal prossimo anno. Come ci ha spiegato Marco Chimenz, amministratore delegato di Cattleya, questi grossi player internazionali non orientano le loro scelte produttive tanto in base alle agevolazioni economiche territoriali (taxcredit), come può essere per piccole-medie produzioni, quanto all’esotismo delle location e la peculiarità dei territori. L’industria culturale è volta sempre più a trasporre la dimensione locale a quella globale, fenomeno sintetizzato nella parola “glocal”, garantendo al pubblico un’inedita varietà visiva e culturale, basti pensare a fenomeni globali come Gomorra che hanno poi dato origine a serie come Narcos e via discorrendo. In questo panorama, la meraviglia dei portici bolognesi e l’allegria della riviera romagnola non potevano rimanere esclusi.
D’altra parte, come sottolinea Carlo degli Espositi, fondatore di Palomar (Braccialetti Rossi e Il commissario Montalbano), bisogna stare attenti a non finire alla mercé di queste grosse piattaforme chiamate “OTT” (Over the Top) rischiando di diventare loro “camerieri” e meri esecutori. È importante infatti sapersi imporsi nelle trattative, mantenere il controllo produttivo e riuscire a lasciare un segno identitario forte in queste nuove co-produzioni internazionali.
L’Emilia Romagna, terra di grandi cineasti come Federico Fellini e Michelangelo Antonio, si afferma quindi come nuovo polo culturale e cinematografico, attrazione per sempre più produzioni e dove si può fare cinema e vivere di cinema. Un sogno che per molti menti creative, costrette in passato a spostarsi a Roma per fare del cinema, sembra divenire realtà. È il caso Fabio Bonifacci, autore e sceneggiatore bolognese, che dalla capitale ha deciso di tornare alla sua terra natale, nella quale continua la sua carriera nell’industria cinematografica firmando nuove sceneggiature di successo, come ad esempio il recente Mio fratello rincorre i dinosauri.
La giornata si è chiusa con una riflessione del presidente della regione sul concetto di cultura e di come questa parola sia generatrice di molte altre come accoglienza, umanità e comunità. Scommettere sulla cultura può diventare così una grossa possibilità di evoluzione e benessere collettivo, molto di più del mero intrattenimento e al di là del “con la cultura non si mangia”.  In attesa dei festeggiamenti per i 100 anni dalla nascita di Fellini, previsti per il prossimo anno, speriamo in un futuro sempre più aureo per l’Emilia Romagna e il cinema italiano. Perché il cinema, non dimentichiamocelo, è cultura.

di Samuele P. Perrotta
foto da cinema.emiliaromagnacreativa.it

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