Senza categoria

Dall’apocalisse mancata verso il 2013 (forse)

Il cinema rende liete le ore nell’unico luogo dove ci immergiamo al buio senza chiederci chi sieda dietro di noi. So io se ci sia una mano sanguinaria a mettere fine al mio mondo dietro la poltroncina in velluto? Un piccolo asteroide personale impatterebbe sulla carotide: i miei occhi aperti sull’ultimo film Pixar, mentre in un altro mondo c’è chi se la ride davanti ai soliti idioti, veramente Idioti. Un fine anno coi fiocchi in sala. Ce n’è per tutti i gusti, aspettando Tornatore il primo giorno del 2013. Rivedere pure Melancholia dopo l’apocalisse mancata e sperare che un giorno, l’ultimo sogno ad occhi aperti, lo si possa vivere abbracciato a Charlotte Gainsbourg e Kirsten Dunst, sotto una capanna di ramoscelli che pare Il naufragio della speranza di Friedrich.
I conti alla rovescia dopo l’undici settembre hanno perso di fascino. Sotto la soglia di shock di un aereo che penetra in un grattacielo, nulla impressiona più; sopra quella soglia, tutto è fantascienza, per ora. The Fantastic Four non hanno salvato New York, Melancholia è libera di sconquassare la Terra e il cinema nell’universo parallelo di Von Trier, che con i fumetti poco ha a che fare. Non si tratta di azzerare per ricominciare senza i tirannosauri, ma di azzerare per annullare in unica soluzione, e in via definitiva, tutto l’organismo terracqueo e il sistema dei pianeti così come lo conosciamo. Liberarsi una volta per tutte dalle suggestioni degli allineamenti e della goduria segreta di immaginare una fine spettacolare. Una donna ne annuncia l’epifania: apocalisse come rivelazione. Justine, abbandonato il marchese De Sade, ha trovato il suo allineamento perfetto con le cose: “io so”. Il terzo occhio che vede, il corpo profondo che sente. Non gli uomini, fottuti da una razionalità che è strumento di prevaricazione sul mondo, ma le donne possono leggere e comprendere. Il frattale non replica più se stesso, o forse la fine ne è una parte. Il day-after non c’è, sarebbe cosa da omuncoli: sganciata la bomba, due adamo ed eva qualsiasi si rimettono a zappare nella melma, setacciando i semi dall’uranio. Ma quanto mai? Americanate da cinema. Ci fosse Godzilla, salverebbe coloro per cui il mondo non può finire, perché non è mai cominciato.
La banalità del male uccide ogni giorno e per chi soccombe il male non è banale ma assoluto. Von Trier non aspetta Melancholia per decretare la fine del mondo: la mette in scena in una villa che del mondo ha perso già i contatti, immersa nel grande Niente. Wagner ne è la dimensione sonora. Il cielo alterato dalla post-produzione, la dimensione cromatica. Quale cinepanettone ti darebbe più sazietà? Intanto si avvicina il 31.
In attesa che Holy Motors di Leos Carax ci mandi a nanna con una parabola cinematografica ai confini della realtà sull’identità e lo scorrere del tempo che divora la carne, seminandone simulacri (davvero un film apocalittico/rivelatore), il prossimo ultimo dell’anno lo passerò pagando il biglietto al multisala e realizzando la fantasia che pervade lo spettatore sfrontato che si agita in me: cominciare con un film e infilarmi poi in tutte le altre sale, dieci minuti alla volta, un’avventura da multiplex tra Lo Hobbit e La regola del silenzio, in un puzzle di immagini che decretano la fine della storia raccontata nel rispetto dei processi narrativi classici, per estrarre del cinema semplicemente il cuore. L’assassino dietro le mie spalle dovrà essere una combinazione di velocità ed estetica criminale. Dovesse fallire, avrò pronta la bottiglia per la mezzanotte.

Alessandro Leone

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Lascia un commento

Back to top button
Close