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Dallas Buyers Club

filmz.ruRon Wodroof è malato: ha contratto il virus del Hiv. Presto peggiorerà fino allo stadio di immunodeficienza acquisita, fino, cioè, all’Aids. Ron Woodroof vive a Dallas, è il 1985. La maggior parte della gente non conosce i meccanismi di propagazione del virus. Neanche Ron li conosce. Per tutti, o quasi tutti, l’Aids è la malattia degli omosessuali. Non esiste ancora una cura efficace. C’è una sperimentazione in corso, ma Ron Woodroof non è tra i malati scelti per la sperimentazione. Quello che gli rimane da fare è morire, o cercare altrove quei farmaci che non può procurarsi negli Stati Uniti.

L’assenza di una cura e i numerosi pregiudizi basati sulla scarsa informazione hanno fatto degli anni ’80 il momento più difficile della dolorosa storia dell’Aids. Ma Dallas Buyers Club è solo secondariamente un film su cosa significhi essere sieropositivo in quel periodo. Dallas Buyers Club è, prima di tutto, la storia di una catarsi. La storia di un uomo che cambia profondamente il proprio rapporto con gli altri, cercando però, a modo suo, di rimanere fedele a se stesso. Nel raccontarci questa storia, nel mostrarci questo percorso interiore, Jean-Marc Vallèe, segue un andamento da manuale.
La prima parte del film definisce il primo punto: il protagonista è un personaggio negativo. Ron Woodroof è infatti un pessimo soggetto. E’ un giocatore d’azzardo, un bevitore accanito, un puttaniere, un omofobo e un razzista. In quei minuti iniziali, con quella carrellata impietosa sui difetti del proprio protagonista, Vallèe traccia la linea di partenza. Il percorso di redenzione di Ron, se così si può dire, può partire solo dopo che ci sono state mostrate le sue colpe. Solo allora, infatti, i medici gli annunciano che è malato di Hiv, che le sue condizioni sono gravissime e che gli rimane poco da vivere. Proprio come in un manuale, a questo annuncio seguiranno il rifiuto, l’accettazione, la reazione e il cambiamento attraverso la reazione. La data di morte che progressivamente si allontana è testimonianza delle fasi di quel cambiamento.

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Sebbene ambientato in un momento storico ben preciso, Dallas Buyers Club vive esclusivamente dell’esperienza di vita del proprio protagonista. Quello che sappiamo del mondo intorno a lui, è quasi limitato a ciò che egli conosce di quel mondo. Il film poggia completamente su Ron Woodroof, e in lui trova la sua forza. Nei pochi momenti in cui se ne allontana, nelle sequenze dedicate ai dubbi di una componente dello staff medico che rappresenta l’apparato contro cui Ron sta lottando, perde quella sicurezza di sguardo che altrove sa tenerlo riparo dalla prevedibilità. Perché se Vallèe si dimostra abilissimo a definire la figura di Ron, non altrettanto gli riescono quelle dei comprimari.

Un po’ come è stato per Blue Jasmine di Allen, che chiedeva tutto ad unico personaggio, se in Dallas Buyers Club alla fine i conti tornano è perché Matthew McConaughey riesce a sopportare l’enorme peso che Vallèe gli ha caricato sulle spalle.
A un film che si gioca tutto nel tentativo di restituire al pubblico il momento in cui un uomo riesce a cambiare la propria vita, serviva una grande prova d’attore. Smagrito tanto da stentare a riconoscerlo, McConaughey dà tutto se stesso e vince la sfida.

Matteo Angaroni.

Dallas Buyers Club.

Regia: Jean-Marc Vallèe. Sceneggiatura: Craig Borten, Melisa Wallack. Fotografia: Yves Bélanger. Montaggio: Jean-Marc Vallée, Martin Pensa. Interpreti: Matthew McConaughey, Jennifer Garner, Jared Leto. Origine: Stati Uniti, 2013. Durata: 117′

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