Roma 2012

Festival del Film di Roma 2012: giorno 1

E così inizia il Festival del Film di Roma 2012. Evento collaterale a Venezia, ha tolto a quest’ultimo un po’ della sua luce, il fascino di essere l’Unico come Cannes in Francia. Ovviamente qui arrivano le seconde e terze scelte, ma è il clima ad essere diverso. Nessun fasto decadente, piuttosto uno sfondo più mondano e gossipparo come si addice alla città della Dolce Vita. Ed è da lì che parto, dal tappeto rosso. Incontro delle ragazze e ce ne stiamo lì al freddo a fermare tutti, a chi chiediamo una foto, a chi un autografo, a chi entrambi. Mi complimento con Matthew Modine per le sue foto scattate sul set di Full metal jacket ed esposte dentro, lui gradisce l’apprezzamento e saluta la mia amica con un bacio. Non succede tutti i giorni di ricevere tali attenzioni da un autentico divo di Hollywood… Sfilano molti personaggi, soprattutto attori e attrici del cinema e della Tv italiana: le bellissime Giulia Michelini, Stefania Rocca, Claudia Pandolfi e Giorgia Surina, un sempre scorbutico Paolo Villaggio, un disponibile Massimo Ghini con famiglia al completo. E Takashi Miike. E’ lui l’uomo del giorno per me, alle 22 mi attende la proiezione del suo ultimo film, Il canone del male. Miike è un regista di culto, ultraviolento, ormai abbonato a tutti gli appuntamenti che contano. Nell’attesa della mia prima, mi infilo in Sala Petrassi per vedere un film portoghese. Alcuni anziani operai raccontano episodi della loro vita alla macchina da presa; sembra molto toccante. Eppure nella sala aleggiano tanti muti ‘pietà’. Un festival in fondo è soprattutto questo… dopo poco sono fuori. Mi piazzo in coda con largo anticipo, si parla ovviamente di Miike, che probabilmente al di là di tutto sarà una delle emozioni forti della rassegna. C’è meno gente rispetto alle scorse edizioni, e ce lo conferma il magro flusso dei paganti all’entrata della Sala Sinopoli. Entriamo anche noi accreditati, alla fine ci dirottano in galleria. A sala piena arriva finalmente lui, Takashi, seguito da una deliziosa giapponesina e da un bellissimo (e altissimo) attore, i protagonisti del film. Tutto in nero, dita inanellate e il sorriso che pare un ghigno, si gode le ovazioni. Comincia la proiezione. Miike lavora un po’ come Rivette, non ha un plot serrato, ti lascia scorrazzare qua e là nel suo mondo fino a che ti senti altrove, tra molte digressioni e siparietti black humour. Qui utilizza i luoghi tipici della cultura manga, la scuola, le liceali in gonnella, le stranezze sessuali. La violenza parte in sordina e va in crescendo. In fondo è semplicemente la storia di un killer schizofrenico, un dio-demone, un massacro di Columbine all’ennesima potenza, tra citazioni de Il silenzio degli innocenti e classic jazz. Ma quando inizia la carneficina si entra nel regno dell’insostenibile. Mezz’ora se non più di fucilate di grosso calibro ai danni di teenagers inermi. Lo humour nero continua a fiottare, ma l’impressione è che Miike abbia davvero voluto superare il limite, mettere alla prova se stesso come autore e il pubblico come vittima. Il canone del male è il titolo, ed il Male è presente, in forma pura, radicale e brutale, questo al regista giapponese non possiamo negarglielo. La lunga sequenza ci devasta, ma ha una forza oscura senza pari. Il film finisce con un to be continued, luci in sala e tanti minuti di applausi sui titoli di coda. Esco al fresco, salgo su un autino diretto alla metro. Una ragazza mi offre la sua lettura sociologica del film. Io, ancora scosso dalle mille fucilate, la ascolto, ma in fondo penso che la vera forza di questo film stia in quei momenti di intensa allucinazione in cui Miike può far sfoggio di tutta la sua potenza visiva, e ricordarci perché è considerato uno dei più grandi registi giapponesi contemporanei.

da Roma , Mauro Coni

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