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Gentile Morando, mi permette…

morando-morandiniNegli ultimi tempi lo si vedeva di rado alle anteprime milanesi al Cinema Anteo o all’Apollo. Il Cinema Apollo, proprio quello. La multisala d’essai di cui è stata annunciata la prossima chiusura, il centro catalizzatore, a due passi dal Duomo, per il pubblico che ama il cinema di qualità. Ebbene, in questo luogo storico, che come monosala già era stato rifugio di appassionati cinefili, Morando Morandini arrivava a passo lento, per nulla preoccupato di non trovare posto, sempre a sinistra guardando lo schermo, quarta, quinta fila partendo dal basso. Non lo conoscevo personalmente. Anche se anni fa, durante un’edizione del Torino Film Festival, cenai al suo stesso tavolo, solo una volta gli sedetti a fianco, all’Apollo appunto, non ricordo in occasione di quale film. Pensai che equivaleva ad un autografo sulla prima pagina di una qualsiasi edizione del Morandini (che ancora Zanichelli pubblica dal 1999) o sotto la macchina da scrivere che campeggia in copertina del libro autobiografico Non sono un critico.
Gentile Morando, mi permette…? Avevo una missione quel giorno, chiedergli disponibilità per un’intervista che non avrei condotto io, ma uno dei miei collaboratori di redazione. Già avevamo conversato con Gianni Canova, Mauro Gervasini, Giancarlo Zappoli, con l’intenzione di scoprire l’idea di cinema dietro la penna del critico, l’unicità di uno sguardo, ma soprattutto i percorsi professionali che avevano portato a trasformare una passione in mestiere. Morandini mi aveva chiesto come fosse nata la nostra rivista e da dove arrivassero i collaboratori più giovani. Si era detto possibilista, salute permettendo.
Favoleggiavamo una lunga impossibile chiacchierata. Partire da Non sono un critico, per colorare i ricordi di un paese lontano, l’Italia del dopoguerra, quando Morando Morandini scriveva per La Notte e la critica cinematografica era attenzione per un linguaggio, prima che per una forma di racconto. Per arrivare, chissà, al cinema del decennio nero degli anni di piombo, che il critico visse tragicamente da vicino, con il figlio coinvolto nel 1980 nell’assassinio del giornalista Walter Tobagi, magari toccando, anzi sfiorando, le polemiche seguite all’assegnazione dell’Ambrogino d’Oro, l’anno scorso. O magari niente di tutto questo.
Oggi gli chiederei poche sagge parole a consolazione per la chiusura di un luogo di cultura importantissimo per i milanesi, l’Apollo, e il probabile ridimensionamento dell’Odeon, altra fetta di storia cittadina. E’ singolare come tra tutte le arti, il cinema riesca a far dialogare la propria archeologia con il presente. O mi sbaglio, signor Morandini?

A. L.

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