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Girl, o quasi

girlfilmNata in un corpo maschile, all’anagrafe Victor, Lara è in realtà una donna. A quindici anni intraprende una cura ormonale che le permetterà di affrontare una difficile operazione a sancire il desiderato cambio di sesso. Orfana di madre, Lara ha il completo appoggio del padre. Il suo non è un segreto, anzi. Veste abiti femminili, danza sulle punte forzando l’anatomia dei suoi piedi maschili e condivide lo spogliatoio con le compagne, costringendo il pene a scomparire sotto uno strato di nastro adesivo. Lo specchio però è impietoso, le trasformazioni tardano, il seno non sboccia, l’impazienza adolescenziale diventa angosciosa sofferenza.
girlvictorLukas Dhont, giovanissimo regista belga, si affida all’incredibile performance di Victor Polster per raccontare l’inquietudine di una giovane donna imprigionata in un corpo non suo, perdipiù con il sogno impossibile di diventare una prima ballerina. Se la tematica transgender non fosse centrale nel film, Girl sarebbe un piccolo trattato sul disorientamento adolescenziale di fronte alle trasformazioni psico-fisiche, in lotta con il tempo che sembra non passare mai e che, indifferente, rinvia in eterno desideri e aspettative. La routine sfida Lara che invece ha fretta di liberarsi di Victor e del travestimento a cui è costretta, perché per Lara gli abiti femminili non sono simulazione, tantomeno un capriccio, ma il segno estetico di una verità profonda. Quasi un Tomboy rovesciato, Lara ha da tempo bruciato il disorientamento dell’interrogativo sul genere; modellare i genitali sotto lo slip equivale ad accorciare i tempi dell’attesa prima dell’evirazione, per assomigliare quanto più possibile all’idea di donna che ha in testa.
Dhont si trattiene dal trasformare il suo film in un melodramma alla maniera dell’insopportabile Danish Girl. Victor non fa moine, non deve convincere se stesso (e nemmeno lo spettatore) di essere donna, si comporta con naturalezza, anche quando si impone al fratellino piccolo come figura materna, vicaria di un corpo assente femminile (la madre appunto). Nonostante i turbamenti per il primo innamoramento, ovviamente ingestibile, Lara ha la tenacia di Marina, nel film premio Oscar di Sebastian Lelio Una donna fantastica, senza tuttavia la maturità necessaria e l’esperienza per gestirsi in contesti sociali.


Se il corpo è il vero antagonista di Lara, tanto da martoriarlo senza pietà, la ripetitività delle azioni e del vissuto giornaliero che costruisce la sceneggiatura diventa via via per Lara un’ulteriore gabbia da forzare, in aperto conflitto con l’amorevole padre e con i consigli dei medici che le chiedono di aspettare il momento giusto. La danza in tal senso funge da acceleratore, elemento drammaturgico che impone un finale scioccante ma neanche tanto inaspettato, a quel punto però il film ha già detto ciò che doveva dire.
Al 71° Festival del cinema di Cannes, nella sezione Un Certain Regard, Lukas Dhont vince la Caméra d’Or come miglior regista esordiente e Victor Polster il premio come miglior attore protagonista.

Alessandro Leone

Girl

Regia: Lukas Dhont. Sceneggiatura: Lukas Dhont, Angelo Tijssens. Fotografia: Frank van den Eeden. Montaggio: Alain Dessauvage. Musiche: Valentin Hadjadj. Interpreti: Victor Polster, Arieh Worthalter, Katelijne Damen, Oliver Bodart, Valentijn Dhaenens, Tijmen Govaerts. Origine: Belgio, 2018. Durata: 105′.

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