RecensioniSlider

Grace: recitare una favola

Vediamo una figura di spalle allontanarsi  da una set cinematografico e scivolare via con eleganza e sicurezza. E’ Grace Kelly che sta lasciando il set del suo ultimo film, Alta società,  e sembra farlo senza esitazione: è pronta ad attraversare l’oceano per vivere la favola.grace-di-monaco-2-300x200
Quello era l’anno 1956, il regista di Grace di Monaco, Olivier Dahan, invece, facendo un salto temporale, ci porta nel 1962, sei anni dopo il matrimonio tra Grace Kelly (Nicole Kidman) e il principe Ranieri di Monaco (Tim Roth), per raccontare un intenso e determinante anno di vita della principessa. L’apparente sicurezza di quella camminata, con cui lasciava il set, è stata sostituita dall’ incertezza dovuta alla tentazione più grande, quella di tornare a recitare. Infatti si presenta a Monaco Alfred Hitchcock che la vorrebbe protagonista di Marnie. La seducente offerta apre una profonda crisi nella principessa, che la porta ad interrogarsi sul ruolo che ricopre. A ciò si aggiunge la situazione precaria del principato: proprio quando Grace è in procinto di scegliere Hitch, la notizia trapela e la crisi di stato si aggrava. La vicenda personale di Grace Kelly si intreccia quindi con un delicato momento storico per cui si rischia la rottura con la Francia che non accetta il sistema fiscale del Principato.

Le vicende delle famiglie reali da sempre affascinano il pubblico e ci si chiede spesso se dietro all’apparente semplicità e naturalezza dei loro gesti, non ci siano delle problematicità: non può essere tutto così semplice, nemmeno per chi, come il regista fa dire a Grace Kelly, che “cambia la vita perché si è innamorata del principe azzurro”. E’ proprio dell’ insicurezza e della difficoltà dietro all’ immagine che Olivier Dahan vorrebbe parlarci, peccato che lo faccia in modo poco convincente. Davanti a quella crisi, la protagonista decide una volta per tutte di scartare il copione di Hitchcock per sceglierne uno ben più impegnativo e che rimarrà per tutto il resto della sua vita: quello di principessa. Decide di assumere infatti questo ruolo con la stessa dedizione con cui si impara una parte da recitare: fa lezioni di francese per perfezionare la pronuncia, di protocollo e di portamento. La svolta è vincente, infatti con la sua preparazione e il suo pragmatismo prende le redini dello stato e salva la situazione (e il suo matrimonio).nicole-kidman

Una favola a lieto fine insomma che, però, tradisce il tentativo più profondo del regista, quello di spiegarci il conflitto che attraversa la principessa, e che rimane solo intuibile. Risulta una narrazione troppo semplificata e superficiale che  finisce per annoiare. E che mal si concilia con l’intrigo di ostacoli personali, politici e storici che viene sì introdotto, ma non opportunamente sviluppato.  A nulla servono i ripetuti primi piani sulla brava Nicole Kidman che non aiutano ad andare oltre la superficie. Al nostro sguardo si impongono di più lo splendore dei vestiti, dei gioielli e dei paesaggi.

Il discorso finale, per altro, è proprio la sintesi del problema che sottende il film: ci si aspetta di essere finalmente stupiti, ma tutto si risolve nella solita formula dell’amore che salva il mondo. Ben altra cosa era il ritratto di Edith Piaf in La vie en rose, che il regista seppe cogliere non solo affidando la parte della cantante francese a una straordinaria Marion Cotillard, ma affidandosi anche a una sceneggiatura pensata per restituire i contrasti di un personaggio problematico in un contesto caratterizzato da luci e ombre.

 Camilla Mirone

Grace di Monaco

Regia: Olivier Dahan. Sceneggiatura: Arash Amel. Fotografia: Eric Gautier. Montaggio: Oliver Gajan. Interpreti: Nicole Kidman, Tim Roth, Paz Vega, Frank Langella. Origine: Francia, 2014. Durata: 103′.

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close