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Il comandante e la cicogna

Nel nuovo film di Silvio Soldini ci sono un idraulico (Valerio Mastandrea) che è vedovo e però vede la moglie (Claudia Gerini) tutte le notti, più o meno alle quattro. Ci sono i figli adolescenti dell’idraulico: un maschio (Luca Dirodi)  che passa i pomeriggi in un campo con una cicogna, e una femmina (Serena Pinto) con un moroso che gliene combina una grossa. C’è una giovane artista (Alba Rohrwacher) inevitabilmente senza un soldo e con la testa sempre in aria, con le amiche che le dicono “Cosa fai ancora lì in Italia? Vieni via”. C’è un avvocato disonesto (Luca Zingaretti) con clienti potenti e disonesti anche loro. C’è un uomo (Giuseppe Battiston) che non si capisce bene quanti anni abbia, che non lavora ma cammina per la città, e che quando vede qualcosa che non gli piace la dice, cortese ma fermo. Non gli piace quasi niente. E ci sono delle statue che parlano e commentano quello che vedono ogni giorno dai loro piedistalli. Quella che commenta più di tutti è la statua di Garibaldi. E anche a loro, bisogna dire, non piace molto quello che vedono.
Quello che Soldini fa è mettere in scena una favola urbana. Quello che prova a fare è raccontare, attraverso questa favola, qualcosa del nostro Paese. E’ un tentativo che gli riesce solo a metà, per via del fatto che ai suoi personaggi mancano le caratteristiche per diventare universali. Per dire qualcosa che, partendo dalla loro singolarità, sappia allargarsi fino a diventare discorso su una realtà più ampia e condivisibile. Quello che funziona di più, in loro, sono i lati fantastici che, per natura, non possono che essere accessori. Sono lì per rendere un personaggio più divertente, o antipatico, o accattivante, non per sostenerlo. Tolti quelli, il personaggio dovrebbe comunque dire qualcosa. Quelli de Il comandante e la cicogna non ci riescono, rimanendo, tutt’al più, comuni; quando non finiscono poi per sconfinare nel campo dello stereotipo. E’ il caso dell’avvocato corrotto interpretato da Zingaretti.
Ognuno di essi si muove quasi inconsapevolmente all’interno della storia, lasciandosi alle spalle la propria iniziale condizione di solitudine quasi senza intenzione. In questo senso, il ricorso ai monumenti parlanti come commentatori desolati della realtà sembra quasi un ripiego: sono loro ad esprimere un giudizio di valore che fatica ad emergere dalle scelte e dai comportamenti dei protagonisti. Una volta esaurita la novità delle trovate che Soldini mette in scena, il film procede un po’ a strappi, certo divertente in alcuni momenti ma senza veri guizzi, fino ad un finale tutto sommato prevedibile.
In mezzo, a spiccare, rimane Valerio Mastandrea, l’unico a risultare credibile fino in fondo, e non a caso l’unico che potrebbe fare a meno della caratteristica fantastica del proprio personaggio, cioè i colloqui notturni con il fantasma della moglie. Rimane l’impressione che Mastandrea riesca nell’intento, mettendoci molto del suo. Riempiendo con la propria ironia i vuoti che il proprio personaggio si porta dietro.

Matteo Angaroni

Il comandante e la cicogna

Regia: Silvio Soldini. Sceneggiatura: Loriana Leondeff, Marco Pettenello, S. Soldini. Fotografia: Ramiro Civita. Montaggio: Carlotta Cristiani. Interpreti: Valerio Mastandrea, Alba Rohrwacher, Giuseppe Battiston, Claudia Gerini, Maria Paiato. Origine: Italia/Svizzera, 2012. Durata: 108′

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