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La città incantata di Hayao Miyazaki: chi ha paura della strega Yababa?

Con il timore reverenziale di chi decide di incontrare dopo anni un vecchio insegnante delle scuole, entro in sala per vedere La Città Incantata, Oro d’oro a Berlino nel 2002 e ultimo Oscar come miglior film d’animazione. Il regista Hayao Miyazaki, per quelli che, come il sottoscritto, hanno vissuto la propria infanzia a cavallo tra gli anni 70 ed 80, è l’autore di serie a cartoni animati “fondamentali” per la nostra formazione: Heidi, Remi, Lupin III e soprattutto della superba favola ecologista Conan, il ragazzo del futuro.

Protagonista de La città incantata è Chihiro, una ragazzina che si trasferisce con i genitori in una nuova città. Durante il viaggio i tre sbagliano strada e, e dopo una corsa in automobile su un sentiero fittamente alberato (sequenza degna del migliore Lupin III!),  arrivano di fronte a un tunnel oscuro. Nonostante le resistenze della figlia, lo percorrono e si trovano in una città totalmente disabitata: i due genitori affamati entrano in un ristorante ed iniziano a mangiare voracemente trasformandosi, per un curioso contrappasso, in maiali da ingrasso. Chihiro scoprirà da lì a poco di esser capitata in uno stabilimento termale per spiriti, governato dalla macrocefala strega Yubaba.

Prima considerazione: gli adulti, oggi come nelle amate serie degli anni ‘80, non sono affidabili. Inseguo i loro istinti più banali: si ingozzano di cibo, non ascoltano i richiami della piccola Chihiro, unica capace di “sentire” la realtà che la circonda, di coglierne la pericolosità. Il mondo del sogno non è fatto per gli grandi e, quando cala la sera e gli spiriti si animano, gli adulti sono ormai incoscienti maiali, inconsapevoli delle insidie e delle bellezze di questo mondo notturno. Rimaniamo a questo punto soli con Chihiro: sono bastati quindici minuti per immedesimarsi completamente con il mondo onirico della protagonista, il mondo della nostra infanzia, quando bene e male (come ci hanno insegnato i nostri cari cartoni animati!) erano polarità ben definite che non si accontentavano di convivere. La città incantata si insinua allora nei tuoi ricordi, affrontando decisa e senza imbarazzo, il tema del difficile passaggio tra infanzia ed età adulta: un viaggio senza ritorno a bordo di un treno popolato di ombre e fantasmi che corre sopra un oceano, sequenza che restituisce eccezionalmente la nostalgia e la fatica che il superamento di questa “linea d’ombra” comporta. Il valore di questo film sta proprio qui, nell’utilizzare miti e curiose leggende orientali per parlare di cose nostre, di “rituali di passaggio” vissuti, che stiamo ancora vivendo o che i più piccoli vivranno. Passaggio di status riconosciuto e ratificato dagli affascinanti personaggi di contorno, che accompagnano la capricciosa ed infantile Chihiro nel diventare la responsabile del suo e dell’altrui destino.

Insomma, un film d’animazione Educativo, dopo tanti “simpatici e carini” targati Disney/ Dreamworks. Lilo&Stich, film battuto nella corsa per l’Oscar, in confronto è un prodotto d’intrattenimento allegro ed estivo, nonostante vengano anche lì celebrati valori quali l’amicizia e l’accettazione della diversità.

Fondamentale l’apporto delle musiche di Joe Hisaishi, autore anche delle colonne sonore di molti film di Takeshi Kitano. Proprio con il piccolo Masao de “L’estate di Kikujiro”,  Chihiro condivide la purezza dello sguardo; sguardo che abbiamo il privilegio di accompagnare mentre scopre qui spiriti in vacanza ed eleganti draghi, ne L’estate di Kikujiro cogliere la surreale bellezza dei giochi di Kitano e dei suoi folli compagni di viaggio.

Massimo Lazzaroni

(Pubblicato sul n°20 della versione cartacea, dicembre 2002)

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