RecensioniSlider

La vendetta di un uomo tranquillo

slide_517850_7291382_freeLa fortuna degli attori è quella di nutrirsi delle intuizioni e dell’estro dei registi. Ed è così che Raúl Arévalo, a seguito di un’onesta carriera recitativa, decide di mettere alla prova il suo sguardo sul mondo, debuttando alla regia con La vendetta di un uomo tranquillo, in l’occasione della scorsa edizione della Mostra del Cinema di Venezia – la 73esima. Un titolo rabbioso e rivelatore quello scelto per il film, alleggerito dalla traduzione in italiano (l’originale: Tarde para la ira) che impone comunque, con estremo anticipo, la morale sulle vicende. Il lungometraggio è diviso in capitoli, una lettura tarantiniana della cronologia dei fatti. Anche la titolazione in giallo rimanda al glorioso Kill Bill. Arévalo azzarda, citando il re dei citazionisti, ma permette alla tematica principale, la vendetta violenta, di emergere nell’immediato.

slide_517850_7291372_freeJosé (Antonio de la Torre) è un uomo tranquillo, timido, silenzioso. Frequenta il bar di Juanjo perché innamorato della sorella Ana (Ruth Díaz), che lavora lì. Ana é sposata con Curro (Luis Callejo), un criminale che sta per uscire di prigione. Tanta è la preoccupazione di Ana per il marito che rientra, che decide di cedere alle avance di José, cullandosi nella sicurezza della nuova relazione. Curro finisce di scontare la pena e torna a vivere a Madrid, ma Ana si spaventa dei suoi avanzi di rabbia, al punto da sfuggirgli e rifugiarsi con il figlio in una casa fuori città. La casa é di proprietà di José, che protegge la donna e affronta l’aggressività di Curro. Ma quello che inizialmente sembra un nascondiglio di protezione, si dimostra un sequesto. José infatti ricatta Curro, chiedendogli, in cambio della liberazione della moglie, di indicare una serie di criminali dei quali vendicarsi. Inizia così un cammino di vendetta a tappe, quasi arcaico, mosso da rabbia e amarezza.

Se dovessimo concentrarci su qualche nota di regia, descriveremmo il film come un moderno noir: rigoroso, tensivo, audace. L’estetica generale è sporca, pregna di un’identità locale forte. Lo stesso Arévalo decide di ambientare la storia in location a lui estremamente famigliari, per concentrarsi sulla vicenda e rafforzare l’atmosfera generale. Il racconto è drammatico, essenziale nella sua struttura, poco spettacolarizzato se non nella forte suspence che precede ogni atto di rabbia. Il realismo nelle scene di violenza é però estremo, si percepisce ogni personaggio nella sua più totale agonia. “(…) ho voluto unire la ricerca di realismo e la credibilità con il ritmo della spettacolarizzazione – precisa Arévalo – uno stile diretto ed essenziale come nei film di Matteo Garrone, Gomorra su tutti, o dei fratelli Dardenne”. Gli omicidi procedono da luoghi chiusi verso campagna aperta, quasi a simboleggiare una liberazione dell’anima. Anche il numero dei proiettili e dei colpi, di omicidio in omicidio, diminuisce. Tutta la vicenda si chiude a video in un abbraccio, che apre ad uno spiraglio di speranza in mezzo ad un ricordo di odio senza perdono.


Il film ha vinto quattro premi Goya (Miglior Film, Regista esordiente, sceneggiatura originale e attore non protagonista a Manolo Solo), oltre che il Premio Orizzonti per la Migliore Attrice a Ruth Díaz, allo stesso Festival di Venezia.

 Giulia Peruzzotti

La vendetta di un uomo tranquillo

Regia: Raúl Arévalo. Sceneggiatura: Raúl Arévalo, David Pulido. Fotografia: Arnau Valls Colomer. Montaggio: Ángel Hernández Zoido. Musiche: Lucio Godoy, Vanessa Garde. Interpreti: Antonio de la Torre, Luis Callejo, Ruth Díaz. Origine: Spagna, 2016. Durata: 92′.

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close