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L’amore vincitore. Conversazione con Derek Jarman a Specchia

jarmanVentidue anni fa, al Festival Internazionale Cinema Giovani di Torino, il cineasta Roberto Nanni si aggiudicava il primo premio e il premio del pubblico con L’amore vincitore. Conversazione con Derek Jarman. Adesso la Festa del Cinema del Reale a Specchia, ripropone il film: poco più di mezz’ora che sfugge a qualsiasi definizione. Documentario, in quanto restituisce sfumature della personalità e del pensiero di Jarman attraverso un’intervista “frontale”, girata in occasione di un’esposizione a Venezia di opere pittoriche (a conferma della poliedricità del regista britannico), ma anche film sperimentale che frantuma il corpo dell’artista per ricomporlo lentamente nel quadro di ripresa. Mentre Jarman riflette sull’arte, sulla storia recente, sulla politica, sulle terrificanti contraddizioni del mondo – siamo nel 1993, in pieno conflitto balcanico e dopo la prima guerra del Golfo – la macchina da presa di Nanni si pone a ridosso del corpo malato di Jarman, ormai cieco, in lotta con le complicazioni causate dall’AIDS, diagnosticato nel 1986. L’immagine in video è imprecisa, fluttuante, traballante, irregolare, liquida, tanto da sciogliere i contorni e togliere peso alla forma. Jarman gesticola e liberamente mescola la sua drammatica vicenda personale alle vicende del suo tempo, liberando la voce rauca in uno spazio che l’inquadratura non cerca minimamente di contenere. E’ pura emozione. blue1
La mostra, di cui Nanni mostra degli scorci, seguiva nel ’93 la presentazione di Blue, magnifico autoritratto a tinta unica, dove la voce – ancora la voce – più che essere una guida over, assumeva la fisicità del colore, trasformandosi in un meccanismo ipnotico. Profondo blue, materia incorporea come i pigmenti di Anish Kapoor, una chiamata a perdersi. Film testamento di Jarman, che muore qualche mese dopo, Blue chiudeva una carriera fuori dagli schemi, un’avventura artistica disseminata di intuizioni, e ancora in parte da comprendere per non dimenticare che il cinema ha un potenziale che resta inespresso, strade estetiche e modulazioni linguistiche che attendono di essere esplorate. Partire da L’amore vicnitore e tornare indietro fino a Sebastiane (1976), in un percorso dal basso verso l’alto lungo la spina dorsale di Derek Jarman, potrebbe essere un’ipotesi (tantrica?). Di più: un invito.

Alessandro Leone

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