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L’incredibile vita di Norman

incredibile_vita_normanL’ebreo Norman Oppenheimer (Richard Gere) si identifica uomo d’affari, ma quali affari, forse, non lo sa bene neanche lui. Potrebbe essere definito un faccendiere perché vorrebbe sbrigare faccende di altri, o meglio, risolvere qualsiasi tipo di problema, anche se non richiesto. Tutti lo conoscono, nessuno sa veramente cosa faccia. Si offre costantemente a uomini della finanza, grandi imprenditori, politici, millantando conoscenze importanti e contatti con magnati dell’economia americana, proponendo strategie per sicuri investimenti e business milionari, come fosse al centro di un apparato di potere che invece osserva dai margini, fuori dal perimetro che conta. Almeno fino a quando non conosce Micha Ashel (Lior Ashkenazi), futuro primo ministro israeliano, a cui regalerà un costosissimo paio di scarpe e con cui stringerà un’amicizia, che verrà messa a rischio dopo l’elezione di Ashel a guida dello stato di Israele.

lincredibile-vita-di-normanJoseph Cedar (già apprezzato regista di Footnote Beaufort) si ispira all’archetipo dell’ebreo cortigiano, figura onnipresente in letteratura dalla Bibbia (Giuseppe e il Faraone) a Joyce (Leopold Bloom nell’Ulisse), ma anche Dickens (l’ambiguo Fagin). La tradizione indica il cortigiano come un ebreo che vive una gloria effimera quando incontra una persona che attraverso un aiuto (favore, dono, consiglio) raggiungerà il potere e lo terrà a suo fianco, allorché invidie e gelosie non costringerò l’uomo di potere a scaricare il cortigiano. In chiave moderna Cedar ridisegna una fiaba altrettanto crudele, chiedendo a Gere di interpretare per sottrazione l’ebreo che sosta alla porta dei potenti cercando l’occasione per infilare un piede negli ambienti che contano. Rinunciando ai ruoli fascinosi che ne hanno caratterizzato la carriera, Gere si mette a lavoro per dare a Norman quell’aspetto goffo ma mai ridicolo che lo lo fa passare dal biasimo collettivo alla giustificazione. Stretto in un cappotto color cammello fuori misura, berretto e cuffie bianche collegate allo smartphone, Norman tenta di rimanere a galla – come afferma lui stesso -, nuota guardando a vista transatlantici irraggiungibili, senza per altro mai desiderare di diventarne proprietario. Le ambizioni di Norman sono altrove, nascoste nella fanciullesca voglia di essere riconosciuto dai grandi, di poter dare loro qualcosa di unico per ricevere in cambio nient’altro che considerazione e, perché no, affetto. Ma il cortigiano che offre servizi senza apparentemente pretendere nulla è sospetto, da un parte somiglia all’imbucato nelle feste, dall’altra un millantatore fastidioso.
Gere è bravissimo a trattenere nei suoi sguardi interrogativi e poche smorfie appena accennate l’universo intimo di Norman, di cui non si riesce a capire dove alloggi, se davvero ha o ha avuto famiglia, come afferma, se qualche amico vero ci sia da qualche parte, e la cui intima verità sfugge a chi lo conosce, dal rabbino della comunità che a lui si affiderà per acquistare lo stabile che ospita la sinagoga, al giovane funzionario di borsa a cui è fortemente legato.


Il riconoscimento di Micha lo gratifica con i 15 minuti di notorietà, che evaporano subito dopo con la velocità con cui lo showbiz, soprattutto quello della politica, sgretola sogni e ambizioni dei puri di cuore. L’incredibile vita di Norman diventa così una metafora struggente dei nostri tempi, lo stato di emergenza di una solitudine che cerca salvezza, parcellizzata in una collettività indifferente alla gratitudine, per di più avendo perso la percezione di qualcosa che trascenda la materialità dei rapporti di convenienza.

Vera Mandusich

L’incredibile vita di Norman

Sceneggiatura e regia: Joseph Cedar. Fotografia: Yaron Scharf. Montaggio: Brian A. Kates. Musica: Jun Miyake. Interpreti: Richard Gere, Michael Sheen, Steve Buscemi, Charlotte Gainsbourg, Josh Charles, Dan Stevens, Lior Ashkenazi, Harris Yulin. Origine: Usa, 2017. Durata: 118′.

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