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Nebraska

Monia l’aveva promesso, e così ha fatto. Mi aveva accompagnato a mille proiezioni all’ultimo Festival di Cannes. Ma Nebraska le era rimasto nel cuore. A distanza di mesi, ha chiesto ad una ventina di amici di accompagnarla al cinema. Così vorrei che facessero tutti quelli che leggeranno l’articolo: regalarsi un momento speciale di condivisione – che ormai la tecnologia ci nega nella più “personalizzata” solitudine.
Nebraska infatti non ha bisogno di occhialini per il 3D, nemmeno di un caffè tra primo e secondo tempo.

NebraskaL’ultima declinazione del Road Movie per Alexander Payne attraversa il cuore dell’America, il lontano Nebraska. Per il regista è terra natia, ma forse, a noi spettatori, non è così evidente né decisivo. Cocteau una volta disse: “Al cinema, ogni film, grazie alla mancanza di colore, sfugge alla banalità e beneficia accidentalmente del privilegio dell’opera d’arte. (…) Tutto sarà brutto salvo il bello”. Mi piace credere che Payne abbia spogliato le immagini dei colori per mettere a nudo la vera bellezza del film: la recitazione e la sceneggiatura. E con questo non intendo dire che la materia visiva sia di bassa qualità. Anzi, è proprio l’esattezza prospettica di ogni inquadratura che ci fa immergere completamente nel sentimento.
Bruce Dern (Miglior interpretazione maschile alla 66^ edizione di Cannes) è Woody Grant, capelli bianchi ed un cerotto sulla fronte. Non si capisce se abbia l’abitudine di bere, o se semplicemente sia burbero per colpa dell’età o dell’Alzheimer. Certo è che ha vinto un milione di dollari. Ha una lettera nelle mani che lo testimonia. La vincita dovrà essere ritirata a Lincoln, città vicina al paese nativo di Woody, scenario di una sua vita precedente, che i figli non conoscono perchè cresciuti altrove. Così David, suo secondogenito, decide di assecondare il padre, e lo carica in macchina per andare a ritirare il falso premio. Partire per svelare il lato invisibile di un padre taciturno? Ritagliarsi l’ultimo spazio solo con lui? Conoscere le origini dei suoi genitori e ricongiungersi a parenti lontani? Io direi tutto questo, e anche di più. Perchè la sensazione alla fine del film è quella di non avere un personaggio preferito.

nebraska-filmCi si immedesima in tutti loro, anche in Woody, che nell’assenza alternerà momenti di una lucidità estrema. David è la coscienza della storia, difende la dignità del padre. Woody è l’indagatore del rapporto fra la fortuna e lo scetticismo, fra lo spirito che sostiene la ricerca della felicità (concetto molto americano) e l’onestà di uno stato rurale onesto e lavoratore (come il Nebraska).
Inutile spendere parole sulle brillanti interpretazioni di tutto il cast in affiancamento, che pare essere stato reclutato dal regista senza grandi pretese. Restituisce a tutti noi proprio la sensazione del ritorno, dopo aver visto il mondo, al piccolo paese. Ci sono tutte le persone importanti per Woody, amici, nemici e parenti, hanno solo qualche ruga in più. Il viaggio è una successione di gag che hanno il sapore dell’infanzia ritrovata, e la lunaticità di Woody ci fa vivere due vite contemporaneamente, nel presente e nel suo passato. Sono successe molte cose negli anni a Billings, ma in fondo ad Hawthorne nulla è cambiato.
Sulle note composte da Mark Horton la luce di sala verrà riaccesa, e vi troverete una piccola lacrimuccia sul viso. Perchè oltre ad aver condiviso la visione di questo film con i vostri amici, saprete che non ha importanza quale sia stata la fortuna nella vostra storia, se l’amore, l’amicizia, la serenità, o proprio il denaro.. ma c’è sempre una buona ragione per aver vissuto la propria vita.

Giulia Peruzzotti

Nebraska

Regia: Alexander Payne. Sceneggiatura: Bob Nelson. Fotografia: Phedon Papamichael.  Montaggio: Kevin Tent. Interpreti: Bruce Dern, Will Forte, June Squibb. Origine: USA, 2013. Durata: 110’.

www.youtube.com/watch?v=2lyxDxpkbLs

 

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