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Non dimenticarmi

dont_forgetmeTel Aviv. Tom (Moon Shavit) è una giovane con problemi di anoressia. Ricoverata in una clinica per disturbi alimentari, spera di ritornare a casa fingendo una guarigione invece lontana. Il suo rapporto con le altre pazienti è improntato al cinismo. Quando conosce casualmente il musicista Neil (Nitai Gvirtz), diplomato al conservatorio di Amsterdam con il sogno di partire in un tour europeo, si innesca tra i due un rapporto pulsionale che riempie il vuoto nelle loro vite. Neil infatti è isolato come Tom, entra ed esce da un ospedale psichiatrico, fatica a mettere a fuoco la realtà, i suoi progetti sono fantasie fanciullesche. Lui si innamora di Tom, lei si appoggia a Neil come fosse una stampella, incapace di guardare oltre l’orizzonte individuale. Entrambi sognano di fuggire, di ricostruirsi, di lasciare Israele.
Non dimenticarmi arriva sugli schermi italiani dopo aver vinto l’edizione 2017 del Torino Film Festival, a cui si sono aggiunti i premi ai due attori Moon Shavit e Nitai Gvirtz (che è anche sceneggiatore). E in effetti il film sembra una relazione a tre, perché lo sguardo del regista Ram Nehari non vuole essere distaccato ma complice. Dopo aver presentato nondimenticarminella sequenza iniziale protagonisti e comprimari, come fosse una pièce, aggancia Neil, ne asseconda le ragioni ancor prima di mostrarci le zone d’ombra e i tratti inquietanti del disturbo psichico dopo l’incontro con Tom. Lei anche si agita nell’inquadratura, senza pace, pervasa da un’energia rabbiosa ma contratta, come un personaggio dei Dardenne. Il regista ne segue le traiettorie fino a quando incrocia lo sguardo di Neil, capitato in clinica per caso, trascinato da un amico cantante che gli ha promesso un posto nella band e che, a sua volta, stava accompagnando la sua fidanzata attricetta e modella (magrissima) impegnata in una visita imposta dagli sponsor, una di quelle comparsate squallide ad uso e consumo del vip. In quel contesto fasullo ma, attenzione, abitato da corpi autentici, sgraziati, malati, Tom e Neil si attraggono inevitabilmente, come fossero sostanze necessarie a riempire i vuoti reciproci, ed emergono dalle tinte smorte dello sfondo. Dopo la fuga, la loro verità si colora di aspettative e progetti, nonostante in Tom rimanga viva la propensione all’autolesionismo.
Il regista gioca con i contrasti, guarda alla commedia solo perché esca fuori il piano esistenziale tragico dei due protagonisti, con cui si empatizza gradualmente. Le istanze di libertà si scontrano con un contesto che li vuole dipendenti da farmaci e percorsi terapeutici. L’intreccio ridotto all’osso è la cronaca della disperata ricerca di sguardi alternativi che invece si negano: l’amico che rifiuta di portare in tournée Neil, i genitori di Tom che rifiutano di riaccoglierla in casa. Gli spazi quindi si aprono e si chiudono subito dopo, così il rapporto tra i due giovani nasce e innesca al tempo stesso un conto alla rovescia, come accadeva con i due protagonisti di Oasis, film di Lee Chang-dong del 2002, storia d’amore tra una disabile grave e un ragazzo sensibile ma picchiatello.


I due attori sono intensi, veri nei margini del loro quadro psicologico (e clinico), si stringono finché è possibile, segmentano la loro voglia di affetto e comprensione tra le spinte incontrollabili di un male interiore. Tel Aviv, come in Libere disobbedienti innamorate di Maysaloun Hamoud, è una città moderna solo in superficie, poiché nasconde una trama di strade senza uscita, popolate da una società egoista, psicotica, vecchia, mentre Berlino è favoleggiata neanche fosse la mecca delle libertà, paese dei sogni, luogo dove azzerare il passato. Il finale struggente spegne la storia di due confinati che portano dentro il frastuono dei loro desideri e che forse non si dimenticheranno.

Vera Mandusich

Non dimenticarmi – Don’t forget me

Regia: Ram Nehari. Sceneggiatura: Nitai Gvirtz. Fotografia: Shark De Mayo. Montaggio: Ido Mochrik. Interpreti: Nitai Gvirtz, Moon Shavit, Eilam Wolman, Rona Lipaz-Michael, Lev Keret, Tal Berkovich, Carmel Beto, Tom Yaar. Origine: Israele/Francia/Germania, 2017. Durata: 87′.

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