RecensioniSlider

Oldboy di Spike Lee

In principio era la graphic novel giapponese di Garan Tsuchiya e Nobuaki Minegishi, cult nipponico dove il protagonista  Goto viene rapito dopo una pesante sbronza e si risveglia il giorno successivo rinchiuso in una prigione-appartamento. Passano 10 lunghi anni, e Goto spinto dalla determinazione nella ricerca del suo carceriere, passerà interi giorni a setacciare ogni ristorante cinese della città alla ricerca degli odiati ravioli che ha dovuto mangiare a pranzo, cena e colazione.

oldboyPassano dieci anni e da questo manga il regista sudcoreano Park Chan-wook realizza Oldboy, uno dei film più rappresentativi del passato decennio, vincitore del Grand Prix Speciale della Giuria, presieduta da Quentin Tarantino, al Festival di Cannes 2004. Il film è il tassello centrale della cosiddetta trilogia della vendetta, iniziata nel 2002 da Mr. Vendetta e conclusa nel 2005 da Lady Vendetta. Quando esce il film Park Chan-wook è già un autore particolarmente apprezzato in Corea del Sud: il suo JSA (Joint Security Area) ha attirato oltre cinque milioni di spettatori classificandosi come il film di maggior successo del 2000. Grazie a Oldboy guadagna una visibilità internazionale e il film diventa un vero e proprio cult per tanti appassionati: famosa la dichiarazione di Quentin Tarantino durante il festival di Cannes: “Old Boy è il film che avrei voluto fare“.

L’azione si svolge in Corea del Sud e Dae-su è un uomo qualunque di 30 anni: dopo la prigionia consacra la sua vita unicamente alla ricerca di chi gli ha fatto tutto quel male e alla ragione per la quale era stato rinchiuso, desideroso di vendicare le atroci sofferenze infertegli.

Visti i precedenti significativi, l’idea di trasferire negli USA la vicenda rappresentava una scommessa per il Spike Lee, il quale ha deciso di rifarsi soprattutto al manga giapponese più che al film sudcoreano, affidando la  sceneggiatura a Mark Protosevich. Ad interpretare il protagonista, che nella versione americana si chiama Joe Doucett, troviamo Josh Brolin, già presente nel cast di Non è un paese per vecchi e Il grinta, mentre il ruolo di direttore di questo bizzarro carcere privato è affidato a Samuel L. Jackson.

Il film non è stato ben accolto dalla critica america ed in effetti a visione conclusa ci si domanda il perché di questo remake che poco aggiunge al film precedente e di cui non eredita le atmosfere, la compattezza e soprattutto una giusta contestualizzazione: c’è qualcosa che, a prescindere, vincola fortemente la vicenda narrata ad un universo culturale orientale, in particolare quello dell’onta, della vergogna di cui ci si può liberare solo con la morte. Decontestualizzato il film diventa un semplice e brutale, a tratti banale, racconto di vendetta. Prendiamo la sequenza del ritorno, martello in mano, nella prigione. Joe atterra decine di scagnozzi, viene colpito mortalmente alla spalla, si rialza e completa la carneficina. Nella versione coreana la coreografia da street fighter funziona perfettamente, divertendo e soprattutto spiazzando lo spettatore. Spike Lee omaggia il film coreano riproponendo la sequenza ma qualcosa stona, tutto appare mal collocato e decisamente finto. Game over, il videogioco non funziona un pò come tutto il film, che non coinvolge ma soprattutto non stupisce. L’eccessiva violenza arriva fuori tempo massimo, e risulta troppo fine a sè stessa, togliendo  allo spettatore  il gusto di simpatizzare per questo moderno Conte di Montecristo alla ricerca rabbiosa della sua vendetta.

 

Massimo Lazzaroni

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close