VideoarteVideoarte e Cinema Sperimentale

Paolo Rosa: un addio lungo un fotogramma

Nell’estate in cui se ne è andato Vincenzo Cerami, la morte di Paolo Rosa, così improvvisa e inaspettata, taglia in due questo agosto di cinema “alto”, aperto con una delle più stimolanti edizioni del Festival di Locarno degli ultimi anni e che adesso corre verso l’epilogo Il mnemonistacon l’apertura della Mostra del Cinema di Venezia numero 70. Chi scrive auspica che al Lido si trovi spazio e tempo per un fuori-programma, un ricordo, un omaggio – chiamatelo un po’ come vi pare – a un artista vero, sperimentatore e innovatore che amava dire “penso con le mani”. Per chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, come il sottoscritto (verso la fine degli anni 90), di ragionare sulla tecnologia applicata all’arte ma anche di cinema sperimentale tra nicchia e “corpi cinematografici” da sala (come il suo ibrido Il mnemonista, film del 2000 con Sandro Lombardi e Roberto Herlitzka), ne ricorda l’intelligenza, la passione, la competenza, la semplicità nell’esposizione di idee complesse o progetti articolati.
Studio Azzurro, laboratorio di idee, appunto, fondato nei primi anni 80 con il fotografo Fabio Cirifino e il grafico Leonardo Sangiorgi, ha segnato l’arte contemporanea degli ultimi trent’anni non solo in Italia. Sono state esposte (a volte in permanenza) nei musei di tutto il mondo le installazioni video, i complessi meccanismi tecnologici dialoganti con lo spazio espositivo (galleria, hangar o minuscola stanza che fosse) e con lo spettatore: sollecitazioni a livello sensoriale, che smontano spesso le congiutture dell’occhio per invitare la totalità del corpo alla partecipazione fisica. In una parola: interattività.

Sul solco tracciato da i padri di quella “avanguardia linguistica” rappresentata dalle video installazioni, artisti quindi come Wolf Vostell e il movimento Fluxus, Bruce Nauman, Nam June Paik, Paolo Rosa e Studio Azzurro innescano al pari di Bill Viola una riflessione profonda sul rapporto tra uomo e tecnologia, analizzando i meccanismi percettivi e costruendo dispositivi capaci di emozionare, di parlare all’inconscio. La videoarte più classica (piccoli oggetti visivi), si alterna ai videoambienti e agli ambienti sensibili, alle performance teatrali, al cinema espanso, ai progetti culturali come la splendida mostra Fare gli italiani 1861-2011, allestita a Torino (Officine Grandi Riparazioni) in occasione dei 150 anni di storia nazionale: video installazioni a servizio di un pubblico generico, soluzioni artistiche fuori dal contesto referenziale dell’arte contemporanea che incontrano la nostra storia e ne il nuotatore_studio azzurrorappresentano le fasi cruciali, integrando materiali d’archivio, numeri, oggetti scenici: un capolavoro.
Non è una forzata fuga dalle categorie e dalle definizione a spiegare i costanti cambi di rotta di Rosa e compagni, ma la volontà di fare interagire linguaggi diversi, forti di un bagaglio culturale immenso che ci appartiene (come europei, come italiani), retaggio ricco di cui avremmo il dovere di sentirci responsabili; poi la curiosità dell’artista per le scienze, concepite come strumento di indagine e di costruzione, al servizio delle idee per soluzioni sempre nuove. Il cinema così è una parentesi per confrontarsi con un pubblico diverso, per trascinare certe intuizioni fuori dalle gallerie, senza peraltro arrivare a determinare una svolta linguistica come ha fatto di recente Carax con Holy Motors.

L’addio di Paolo Rosa è riassunto in un unico fotogramma, quanto basta per immortalare un cuore che si ferma, l’emozionante flusso vitale che si regala un’ultima immagine, installata in un ambiente sensoriale che d’un tratto si fa buio. Un attimo. Prima di tornare a rivivere nei capolavori che ancora ci ipnotizzano nella circolarità del loop: Il nuotatore che attraversa all’infinito dodici schermi non teme l’interruttore, per sempre in Stile Libero, per rinascere in acqua nell’invisibile schermo Zero.

Alessandro Leone

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