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SPECIALE Sole alto

SOLE-ALTOSole Alto è stato la rivelazione dello scorso Festival di Cannes (premio della giuria nella sezione “Un Certain Regard”), candidato al Lux Prize e scelto dalla Croazia per la corsa all’Oscar per il miglior film straniero.
Tre decenni e due nazioni: Croazia e Serbia. Il film racconta l’amore fra un ragazzo croato e una ragazza serba. Un amore che il regista moltiplica per tre, ricreandolo in tre decenni consecutivi, con gli stessi attori ma coppie diverse. Nel 1991 con l’ombra scura della guerra che sta per arrivare, nel 2001 con le cicatrici che devastano ancora l’anima e nel 2011 con la possibile ma impervia rinascita. Il croato Matanic ha spiegato che il film nasce da una frase che ripeteva sempre sua nonna a proposito dei suoi flirt: “purché non sia una di loro!”, diceva la nonna riferendosi alle ragazze serbe. “Sono – continua il regista – un testimone diretto 020-SOLE-ALTOdell’intolleranza sociale, politica, religiosa radicata nella mia terra e sono anche un testimone diretto dei suoi effetti devastanti. Della miseria e del dolore che ha provocato per anni. Con questo film ho voluto vedere se fosse possibile collocare l’amore sopra ogni cosa in un contesto del genere, e ho tradotto in riflessione cinematografica quella frase così agghiacciante e, purtroppo, così vicina a me”.
Le azioni si svolgono tutte negli stessi luoghi, negli stessi villaggi illuminati dal sole in cui hanno avuto il sopravvento le pulsioni più oscure e più violente e si sono compiute le peggiori azioni umane. Il film non mostra però la guerra ma le conseguenze immediate e, soprattutto successive: i due innamorati hanno sempre poco più di vent’anni e Matanic quando ha girato questo film non aveva ancora 40 anni, rappresenta quell’età di mezzo che ha visto la guerra da vicino nel pieno della vita, aveva 15 anni quando è iniziata ed ha sicuramente perso gran parte della gioia dell’innamoramento. Per queste ragioni il film è un sincero inno alla vita con il dolore lancinante che traspare, ma con la speranza sempre viva.


È un film che rappresenta molto bene la preoccupante ostilità verso l’altro che viviamo tutti oggi. Il pregio del film è proprio rappresentare questo scenario cupissimo attraverso la prospettiva sentimentale, così si azzera la retorica e diviene il modo più efficace per renderne chiari i contrasti. Per sottolineare che, oggi come ieri, l’accettazione è l’opposto dell’intolleranza, e che la speranza e il perdono sono l’opposto dell’odio.

Claudio Casazza

Prima del tramonto

Un ragazzo e una ragazza come tanti godono del mare calmo e carico di sole, la vegetazione incornicia i loro sogni, le speranze che caricano l’entusiasmo dei loro sguardi. Ivan e Jelena contro tutti, contro gli amici, intimoriti dai secchi venti di guerra, contro i parenti – il fratello di lei avvelenato dalle istanze secessioniste – contro i processi storici, che hanno determinato l’inevitabile frammentazione della Jugoslavia e una Sole_altolunga guerra civile combattuta porta a porta tra ex buoni vicini di casa. Matanic porta immediatamente la tragedia in primo piano: Jelena e Ivan aprono il film come se fossero i primi due individui sulla terra, caldi d’amore, fibrillanti d’avventura e vita. Il piombo che attraversa e uccide il giovane, per di più esploso da un altro giovane, praticamente senza motivo (e senza coscienza), dichiara l’inizio delle ostilità. Eccola la guerra. Il sangue che scorre dove prima correvano bambini cristiani e musulmani, insieme. Ed ecco gli eserciti schierati, ventenni che per la prima volta imbracciano un’arma da fuoco e mirano verso quelli che qualche mese prima sarebbero stati compagni di sbronze in un chiosco sotto il sole alto di mezzogiorno. La commedia fa presto a trasformarsi in tragedia. C’è la patria che chiama, nuovi vessilli sventolano ideologie di quartiere. Jelena piange disperata la perdita del compagno e della libertà.
Poi un buio di dieci anni per  ritrovare ancora Jelena e ancora Ivan nel 2001. Gli attori sono sempre i magnifici Tihana Lazović e Goran Marković, ma questa volta si chiamano Nataša e Ante. Non sia amano più, anzi nemmeno si conoscono. Lei odia lui per partito preso, perché quelli “come lui” hanno ucciso il fratello. Una lapide che si intravede appena in un’inquadratura ce lo conferma, il nome non lascia dubbi, è il fratello di Jelena nel primo episodio. Tempo e spazio sembrano semplici convenzioni. Il volto identico dei due protagonisti è un cortocircuito. Sono loro e non sono loro, qualcosa sembra sfuggire alla logica del racconto. Nataša e sua madre ritornano in quella che fu casa loro prima dello solealtoscoppio del conflitto. I lutti hanno lasciato ferite sanguinanti. Il pacifico Ante è quasi una provocazione per Nataša, così piacevole nell’aspetto e nei modi, lavoratore instancabile, come non dovrebbe essere un nemico giurato. L’eros tra i due attraversa le inquadrature e misura uno spazio che li avvicina progressivamente fino al sesso liberatorio, non violento, ma nemmeno affettivo, come se per l’amore non fosse ancora tempo. Soprattutto per lei, in cerca di una elaborazione del lutto che ha bisogno del corpo per arrivare al cuore.
Altri dieci anni e siamo a ieri. Stessi luoghi. Le macerie sono sotto il tappeto fragile della modernità. Il passato drammatico non ha ancora liberato gli animi dalla paura, i nazionalismi bruciano ancora sotto la cenere. Matanic si limita a bisbigliarlo, ancora una volta nei silenzi tra i personaggi: Luka e i genitori si parlano appena e sottintendono lacerazioni affettive e chissà cos’altro, distanze forse tra posizioni etiche; ancora la distanza tra Luka e Marija, questa volta chiamati dal regista a scegliere tra una rottura definitiva e un possibile cammino condiviso. Matanic diventa un burattinaio, utilizza le stesse marionette per innescare nel terzo atto un augurante futuro, una terza possibilità tra due personaggi che si sono rincorsi e che nonostante i terremoti della Storia si ritrovano per chiudere il cerchio nell’amore reciproco. Il tramonto è speranza di un sonno sereno e ristoratore.

Alessandro Leone

Sole alto

Regia e sceneggiatura: Dalibor Matanic. Montaggio: Tomislav Pavlic. Interpreti: Tihana Lazovic, Goran Markovic, Nives Ivankovic, Dado Cosic. Origine: Croazia, 2015. Durata: 123′.

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