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Veloce come il vento

veloce_ventoMatteo Rovere è al terzo film, i precedenti non erano stati indimenticabili (Un gioco da ragazze nel 2008 e Gli sfiorati nel 2011), ma si era fatto anche conoscere anche come produttore del divertentissimo Smetto quando voglio. Con questo film realizza sicuramente la sua opera migliore e forse apre spiragli per un cinema da noi ancora sconosciuto.

Imola. Nelle vene della famiglia De Martino scorrono da sempre olio, motore e benzina. Preparano auto da corsa e crescono piloti da generazioni. Dopo l’improvvisa morte del padre, la giovanissima pilota Giulia deve a tutti i costi vincere il campionato GT se non vuole perdere la casa lasciatale in “eredità” dal padre. Per la ragazzina sarà tutto in salita e dovrà pure ricostruire il rapporto con il fratello Loris, ex pilota quarantenne totalmente inaffidabile e pure tossico.
I protagonisti sono la giovane e bravissima Matilde De Angelis e un redivivo Stefano Accorsi: lei offre un’interpretazione clamorosa, la prima sul grande schermo, e sprizza vita in ogni inquadratura, lui nonostante qualche giogionismo è credibile e offre probabilmente una delle sue veloce come il ventomigliori interpretazioni. Sono rispettivamente la giovane promessa e la vecchia gloria che si rincontrano dopo anni, si riavvicinano capendosi un po’ meglio e così forse riescono a superare i rispettivi ostacoli. Nulla di nuovo, ci sono tutti i cliché che uno si aspetta (conflitto tra fratelli, la “seconda occasione”, la redenzione, ecc.) ma sono ben congegnati e stanno insieme perfettamente. Rovere è rispettoso dei canoni del genere e non fa niente di clamorosamente innovativo, tuttavia Veloce come il vento è un film che funziona, diverte con una credibilità oltre le aspettative e trasmette un autentico coinvolgimento in quel che racconta. Rovere gira anche bene ed è rispettoso dell’ambiente automobilistico con scene d’azione sorprendenti (tutte girate dal vero senza effetti speciali). Tra l’altro il personaggio di Accorsi è ispirato al pilota di rally Carlo Capone, ritiratosi dalle gare nel momento di ascesa della sua carriera.
Veloce come il vento è perciò un tentativo riuscito di fare cinema di intrattenimento, adattando bene il “film sportivo” alla realtà italiana, romagnola in particolare. Infatti è un film girato quasi totalmente in dialetto romagnolo, la lingua dei motori. La gran parte dei piloti del motomondiale vengono da quelle zone e sappiamo tutti la Ferrari cosa rappresenta per l’Italia intera, siamo un paese che ha inneggiato Valentino Rossi (Tavullia è a pochi chilometri) sulle prime pagine dei giornali e nei tg, abbiamo fatto guerre con la Spagna per difendere il Nostro contro i torti subiti. Rovere riesce a restituire tutto quel mondo provinciale che è l’ambiente dei motori e, diciamolo, finalmente abbiamo davanti un film con un dialetto che non è il solito del cinema italiano.
Nel film l’azione e i sentimenti si sovrappongono, il mondo dei motori è ovviamente lo sfondo del dramma familiare che è il cuore del racconto. Come l’ormai mitico Lo chiamavano Jeeg Robot anche Veloce come il vento gioca su un genere non battuto dal nostro cinema, ed esattamente come il film di Mainetti non è un prodotto perfetto, risente di ovvi limiti di budget ma, a volte, quando si hanno delle costrizioni escono i risultati migliori. Qui soprattutto il finale è forse troppo convenzionale ma è frutto di scelte: la consapevolezza di non voler strafare con le scene action è la stessa che si ha quando si è consci di avere dei limiti. Per fortuna non abbiamo un Fast & Furious de noartri e per fortuna non abbiamo il melodrammone che sbraca.

Il film di Rovere in definitiva rappresenta una novità da difendere, un ulteriore segnale di cambiamento per il nostro cinema, vedendo film come questo forse ha ragione chi dice che dovremmo smettere di produrre commedie per qualche anno.

Claudio Casazza

Veloce come il vento 

Regia: Matteo Rovere. Sceneggiatura: Filippo Gravino, Francesca Manieri, Matteo Rovere. Fotografia: Michele D’Attanasio. Montaggio: Gianni Vezzasi. Interpreti: Stefano Accorsi, Matilda De Angelis, Paolo Graziosi, Roberta Mattei. Origine: Italia, 2016. Durata: 119′.

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