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Aspettando gli Oscar

Il conto alla rovescia inizia a dieci giorni dal 2 marzo, a nemmeno una settimana dalla chiusura del Festival di Berlino, che abbiamo seguito con Nicola Falcinella. Un festival forse sotto tono, lontano come sempre dal glamour della notte del cinema di Los Angeles e che ha sorpreso per la composizione del palmares. Ma questa non è una novità e, forse, è ciò che più sollecita le nostre ambizioni di analisti con lo sguardo puro e disinteressato, eccitati dall’idea dell’oggettività in arte (pur sapendo che l’oggetto lo fa il soggetto che guarda). Non ricordo una giuria che mi abbia mai davvero soddisfatto; ma ricordo tutti le delusioni dei Leoni mancati, le Palme defraudate, gli Oscar immeritati.
Tra gossip e previsioni ci risiamo: marzo è qui e gli esercenti preparano le sale con profumi primaverili e sulle indicazioni che arriveranno dall’Academy. Se La grande bellezza godrà oscar statuettedi un secondo lancio e di altri mercati fuori dai confini nazionali dipenderà dall’Oscar, stesso discorso per Nebraska. 12 anni schiavo potrebbe rafforzarsi, se dovesse portare a casa anche solo la metà delle candidature.

Qualcosa contano allora questi Oscar, anche se ogni anno ci proviamo a snobbarli, smarcandoci dall’emozione dell’attesa, alzando le spalle sospirando un chissenefrega, perché tanto si sa che la festa è un po’ una messa in scena su cui sparare a piacimento, nel bene e nel male. La dietrologia diventa già il lunedì successivo alle assegnazioni un esercizio oltremodo superfluo, per di più reiterando le solite formule verbali a indicare il già tutto deciso da un’industria che deve salvaguardare certi interessi, certe produzioni, certe star, con certi lanci da super marketing. Sarà… e sarà pure che la soddisfazione o la delusioni per le scelte dell’Academy ci coinvolgono comunque come se la statuetta fossimo noi a vincerla o perderla. Questione di identificazione: se non è il genere (definizione obsoleta) è l’attrice, il regista, la sceneggiatura, il premio che santifica e valorizza per sempre, oppure segna col marchio di eterni incompresi (Di Caprio sempre secondo, lì a un passo, scavalcato sul filo di lana… e attenzione che in agguato quest’anno c’è un certo Matthew McConaughey).
Per questo abbiamo deciso di coinvolgerci senza indugi come redazione, per sparlare dei nostri Oscar, categoria per categoria, scelta senza costrizione ma per pura simpatia o affinità. In questo gioco abbiamo convocato degli amici e professionisti del settore, che hanno accettato di accompagnare l’attesa con un contributo che sa di passione e affezione, come il bel pezzo d’apertura di Matteo Inzaghi, a ripercorrere la relazione difficile tra Oscar e il Duca Wayne.

A.L.

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