Cannes 2025Slideshow

Cannes 78: Mission Impossible, Cruise e Bono

Se le grandi star dello spettacolo, quelle note a tutti senza bisogno di presentazioni, sono sempre meno, due rispondono sicuramente ai nomi di Tom Cruise e Bono Vox. Ed entrambi hanno entusiasmato la platea di Cannes, scatenando il delirio.
L’attore è tornato più in forma che mai in Mission Impossible: The Final Reckoning di Christopher MacQuarrie, annunciato come ultimo capitolo della popolare saga, che sarà nelle nostre sale già da giovedì. Ethan Hunt ha salvato il mondo già molte volte, ma stavolta è ancora più difficile. La AI ha parassitato molte strutture e sta portando il pianeta alla fine e solo l’intervento di Hunt può salvare un mondo sull’orlo di guerra nucleare. Un film lungo (circa due ore e tre quarti), ma sufficientemente adrenalinico per reggere la durata. All’inizio c’è un ricapitolare gli eventi che è soprattutto un omaggio alla serie, con un montaggio di spezzoni delle scene più rappresentative dei film precedenti. Il protagonista ritrova anche personaggi come Grace (Hayley Atwell) dal precedente Dead Reckoning che gli salverà la vita e sarà determinante per la missione.
Un film spettacolare, struggente e metaforico, nel quale si lotta non solo per le persone, un paese o il pianeta, ma per il suo futuro. La morale è che il futuro è fatto di tante piccole scelte infinitesimali che si rivelano determinanti. MacQuarrie e Cruise mettono insieme le super tecnologie e le acrobazie su vecchi aerei biposto, tra un presente che corre e un pizzico di nostalgia. C’è un po’ di denuncia (si vedono gli ordigni di tutte le potenze nucleari, con bandiere in bella mostra) e un filo di speranza (la presidente americana donna e di colore).
Davvero un’ottima conclusione del ciclo (ma sarà davvero l’ultimo?).

Commuove Bono: Story of Surrender di Andrew Dominik, quasi una confessione del cantante degli U2: “da fuori mi vedevano come il leader, ma dentro ciascuno di noi quattro si sentiva il leader” rivela. La scena minimalista è il palco di una presentazione del suo libro, con Bono in piedi che si muove tra il monologo teatrale e il concerto. Una struttura che ricorda (anche nella scelta del bianco e nero) One More Time With Feeling (2016) sempre di Dominik con Nick Cave, con cui condivide il senso di dolore per la perdita, anche se là il dolore era più straziante, qui è più elaborato. Quello di Cave era un concerto accompagnato da parole, questa è una narrazione con musica, ma entrambi i musicisti si aprono e arrivano al cuore.
Bono (al secolo Paul David Hewson) parte dall’episodio che gli ha cambiato la vita nel 2016, con un problema all’aorta e l’intervento al cuore. Si sentì “mancare l’aria” e la mancanza d’aria torna più volte nel racconto che parte da lontano, da quella settimana di metà anni ‘70 con l’incontro con Allison di un anno più giovane, che sarebbe diventata sua moglie, e la nascita degli U2. Bono racconta del padre cattolico (e cantante con la voce da tenore) che sposò la protestante Iris, morta quando aveva 14 anni: in casa non ne parlarono più, ma la sua presenza non svanì mai. Il giorno del suo diciottesimo compleanno, mentre il genitore pensava a trovargli un lavoro, pensò a una svolta nella sua vita e scrisse Out of Control, che sarebbe diventato primo singolo degli U2. I quattro presero i Ramones come modello e presto dovettero scegliere “se essere apostoli di Gesù o apostoli dei Ramones”. Il ruolo della fede era molto importante nelle loro vite e The Edge era il più deciso a lasciar perdere, mentre Clayton l’unico pronto a continuare con la musica: “facciamo un disco, uno solo come i Sex Pistols”. Bono definisce il loro storico manager McGuinness fu “come Churchill”, poi racconta la genesi di I Will Follow e Sunday Bloody Sunday (“l’arte religiosa che incontra i Clash” chiosa) intonandole. Il cantante ricorda l’Irlanda di quegli anni turbolenti e la fortuna di aver frequentato una scuola dove c’erano cattolici e protestanti insieme. Bono si confida sul successo e sull’essere ricco, sul sentirsi ipocrita e la rabbia: “Sono nato con il pugno alzato, ho dovuto imparare il significato della parola arrendersi, per questo ho intitolato il mio libro in questo modo”. Ricorda l’esperienza del Live Aid, dopo il quale andò in missione in Etiopia con Allison (“ha avuto sempre fiducia in me e nelle mie possibilità”) nell’autunno 1985. “La carità serve a poco senza giustizia” afferma il cantante degli U2, aggiungendo che “l’ingiustizia è troppe volte spacciata per sfortuna”.
E c’è il ricordo di Luciano Pavarotti, definito “il più grande cantante di tutti i tempi”, che insistette a lungo per coinvolgere la band nel concerto benefico di Modena per la Bosnia da cui nacque il brano Miss Sarajevo. Un film appassionante e non solo per fan, che rivela aspetti anche poco noti di uno dei simboli del rock dell’ultimo mezzo secolo.

da Cannes, Nicola Falcinella

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close