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L’invasione degli ultracorpi (in Italia)

Dalla Cina con furore

Varese, Filmstudio 90, ore 17, domenica 23 febbraio. Vorremmo aprire, non possiamo, ci arrocchiamo in tre nella nostra sala cinematografica, decidiamo di guardare film fino a sera pescando nel Cinecedoc. Un atto di resistenza irrazionale forse, una risposta di pancia alle voci di interruzione forzata di esercizi pubblici, alle ordinanze annunciate, ai “si dice che”, ai pizzini in formato twit che si rincorrono dalla mattina e che nel pomeriggio ancora non trovavano forma in un testo perentorio, che sarebbe poi arrivato in serata da Regione Lombardia: chiusura a titolo cautelativo dei cinema e, con i cinema, i teatri, i musei e altri luoghi di aggregazione culturale e non. Qualcuno a Milano tiene accese le luci fino a tardi, tra gli altri gli amici del Beltrade, e senza mascherine!

Il Coronavirus è tra noi, invisibile, aereo, ultracorpo invasore da un mondo misterioso. Prima ancora di insinuarsi nei nostri corpi, questa cosa, La Cosa, ha già conquistato terreno tra le nostre angosce, ha minato le certezze di un mondo bianco disinfettato e sgrassato a lucido. Non sono gli scantinati di Santa Mira le case fresche di questi Body Snatchers, ma i sottoscala delle megalopoli in cui sono ammassati esseri umani come scarti di produzione. Oriente Estremo e Occidente Estremo finiscono per coincidere, si sa, ce lo dicono i Parasite di Bong. Tutto il mondo è paese, lo hanno capito anche i bambini, salvi dall’epidemia (sorry… Pandemia) e che per questo, presto o tardi, prenderanno coscienza del loro potere guardando in streaming Grano rosso sangue.

COVID-19 è nelle trame di un film già visto in poltrona, e sarà per questo che abbiamo reagito come il cinema ci ha insegnato davanti all’Armageddon e poco prima del Day After, svuotando gli scaffali degli Ipermercati, luoghi senza cautele, condizionati da aria fritta, teatri surreali di corse all’amuchina, alle farine lavorate e a litri di acqua alle microplastiche.
Altro che orrori! L’iper, luogo concentrazionario dove rischiare il tutto per tutto, toglie i freni alle pulsioni e chiude con incassi che nemmeno alla vigilia… Corse sfrenate in corsie stracolme di carrelli stracolmi, liti furibonde per l’ultimo sapone neutro, volti sfigurati da paure antiche, e fuori nemmeno l’ombra di uno Zombi a pressare sulle porte scorrevoli a vetro. Romero aveva riportato in vita i morti per giustificare il terrore nell’era del consumismo a un passo dalla fine delle ideologie. Oggi ci sono le SARS a trasformare i paradisi in inferni: Lost in crociera. Ovvero, quanto resisteranno i non-infetti prima di sbranarsi a vicenda?

Terraferma: naufragi.
Le frontiere sono aperte, ma le strade si svuotano, le case scoppiano di provviste e bambini che festeggiano vacanze non preventivate. Gli schermi ultrapiatti allargano lo spettro colorato dell’informazione d’avanguardia. Siamo noi l’oggetto, i protagonisti. E poi le paure sepolte, che riaffiorano come dalla botola della Casa di Raimi ad ogni vento di crisi e si trasformano in psicosi fino al trauma collettivo, dal terrorismo alla pandemia.
Rimbalza Camus: Orano adesso è il mondo.
Sarà tutto vero anche questa volta, e la realtà distruggerà le pallide menzogne del cinema. Ancora un’occhiata all’esterno: la città è deserta, potrei essere L’ultimo uomo sulla terra, Vincent Price riaffiora in un’immagine terrificante in super8 su una accesa patina HD. Chiudo gli occhi e li riapro in sala.

Varese, Filmstudio 90, domenica 23 febbraio. Con il cuore fermo e l’intelletto disarmato abbiamo chiuso il cinema ma affondando nei film abbiamo cercato un barlume di verità, ben consci che 35 anni fa Lamberto Bava aveva scatenato Dèmoni dallo schermo di un kino berlinese. Non era ancora caduto il muro, ma ad ovest già provavano ad addomesticare la morte, a renderla un accidente della vecchiaia, che avrebbe dunque reso insensata ogni fine divergente. Ecco cosa fa l’epidemia, scatena mostri, dentro e fuori da noi.
Sono tempi difficili, senza cinema lo sono di più.

Alessandro Leone

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