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Venezia 78: grandi attrici tormentatissime aprono la Mostra

Con due film sofferti dei grandi vecchi Pedro Almodovar e Jane Campion si è aperto il Concorso, ma anche nelle sezioni laterali il tormento è la caratteristica principale di due film francofoni molto interessanti.

Partiamo dal film che più ci ha colpito in questa giornata di esordio della mostra: Madeleine Collins di Antoine Barrau, si tratta della produzione svizzero-francese che ha inaugurato le Giornate degli autori, la sezione parallela della mostra. Il regista/produttore francese racconta la storia di Judith, interpretata da una straordinaria Virginie Efira, la protagonista dell’ultimo film di Verhoeven, Benedetta. La donna conduce un’intensa doppia vita tra la Svizzera e la Francia, da una parte c’è Abdel e una bambina, dall’altra Melvil e due figli più grandi. A poco a poco, questo delicato equilibrio costruito su bugie, segreti e uncostante andirivieni, si sfalda con l’incalzare degli eventi. Presa in trappola, Judith prova a scappare da tutti, ma la situazione presto le sfugge di mano.
È un film angosciante che ci mostra la vita apparentemente perfetta di una donna capace di nascondere due famiglie. La perfezione incarnata dal biondo volto della Efira a poco a poco verrà scalfita e si andrà verso uno sgretolamento della donna che sembrerà sempre più indifendibile. Registicamente il film si regge sull’interpretazione dell’attrice belga che sembra un po’ un’eroina hitchockiana, capace di trasmettere tantissimo anche attraverso un semplice tentennamento. Hitchcock è ovviamente il punto di riferimento di un film in cui una donna vive due volte, è un film riuscito perché riesce a mantenere le tese atmosfere del thriller ma riesce contemporaneamente a emozionare.

Les promesses  è invece il film che ha aperto Orizzonti, la seconda sezione della Mostra. Il regista è il francese Thomas Kruithofgià autore del bel noir La meccanica delle ombre. In questo nuovo lavoro racconta di Clémence (Isabelle Huppert), un’impavida sindaca di una città vicino a Parigi che sta completando l’ultimo mandato della sua carriera politica. Insieme al suo fedele braccio destro Yazid, ha combattuto a lungo per questa città afflitta da povertà, disoccupazione, immigrazione e case popolari ridotte a topaie. Tuttavia, quando le viene offerta la prospettiva di diventare ministro, la sua ambizione prende il sopravvento, facendo vacillare la devozione e l’impegno nei confronti dei suoi cittadini.
È un film in bilico tra missione civile e la risvegliata ambizione politica, dimostra la sporcizia di chi si occupa di politica, i compromessi squallidi e le velenose strategie di potere. In tutto questo l’integrità politica va spesso a farsi benedire e le promesse rimangono sempre e solo promesse al tempo delle elezioni. Nel corso del film la protagonista cede più volte e da donna tutta di ferro e apparentemente sicura e indistruttibile si sgretola e si tormenta. Con lei anche il suo fedele Yazid che diventa sempre più protagonista del film.

Per Kruithof le promesses sono parte integrante della politica. Il regista ha il merito di farci entrare in questo mondo, un po’ come faceva il recente e ottimo Alice e il sindaco. Ne esce una riflessione amara e cattiva sul senso del fare politica, specificamente nella Francia di Macron, che colpisce fino a un finale un po’ troppo buonista ma che ben racconta come le scelte individuali, a volte, possono superare anche la consuetudine politica.

da Venezia, Claudio Casazza

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