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Cannes 76: infiammano Erice e Kaurismaki

Il colpo al cuore, atteso e prevedibile, ma non per questo meno folgorante del 76° Fetival di Cannes è firmato da Aki Kaurismaki. Fallen Leaves è un ritorno a sei anni da L’altro volto della speranza e lo conferma autore di miracoli (si veda anche il precedente Miracolo a Le Havre del 2011) cinematografici e non solo. Lo ha affiancato, passando al Festival nelle stesse ore, un altro grandissimo dell’ultimo mezzo secolo, lo spagnolo Victor Erice, ancora più appartato e meno prolifico del collega finlandese. Se lo scandinavo è un miracolo dell’amore, l’iberico (il suo Cerrar los ojos è nella sezione Cannes Premiere) è un miracolo del cinema, addirittura affidato a un regista fallito che crede ancora nel cinema, oltre che nell’amicizia. Curiosamente Kaurismaki ed Erice erano stati complici nel lungometraggio a episodi Centro Historico del 2012 dedicato alla città portoghese di Guimarães, insieme a due lusitani della statura di Manoel de Oliveira e Pedro Costa.
Fallen Leaves sarebbe il naturale favorito per la Palma d’oro, se la giuria guidata da Ruben Östlund sarà  lucidità e non inseguirà stranezze.

Fallen Leaves

Kaurismaki racconta una favola contemporanea sentimentale del proletariato, una surreale commedia drammatica e melanconica. Sembra sempre la stessa, una storia d’amore stralunata e sfortunata, ma raccontata magnificamente, con precisione e asciuttezza, senza bisogno di spiegare o dimostrare nulla. Ansa è commessa in un supermercato, vive da sola in una casa spartana e perde il posto di lavoro per una delazione. I successivi impieghi non sono fortunati, mentre arriva una bolletta dell’energia elettrica che la spinge a staccare tutti gli apparecchi. Intanto Holappa lavora in un cantiere e alloggia in un dormitorio con un amico, che sogna di diventare un cantante. Dopo essersi sfiorati più volte, i due si incontrano, si piacciono, ma una serie di congiunture rinvia il loro incontro. Sembrano due casi umani (“è disperata?” chiede il vicino di lui quando apprende dell’appuntamento), ma sono solo due introversi che non si conformano e sono rimasti soli nell’attesa di imbattersi in qualcuno in cui riconoscersi. E naturalmente Holappa affoga la tristezza nell’alcol, anche se non sa dire se beva perché è depresso o viceversa.
C’è pochissima tecnologia, come al solito in Kaurismaki (posseggono i cellulari e quasi non li usano, la donna si reca all’internet caffè per cercare offerte di lavoro), sembra un altro film fuori dal tempo, invece è uno dei più calati nell’oggi di tutto il festival, al di là del tema del lavoro.
Dalla radio escono in continuazione notizie dei bombardamenti russi in Ucraina: “Maledetta guerra” – commenta Ansa. Il cinema gioca un ruolo centrale: al primo appuntamento i due vanno a vedere I morti non muoiono di Jim Jarmusch e la donna dice che si è divertita tantissimo. E tra gli omaggi si notano Bresson, Godard, Huston, Visconti e Chaplin. E a coronamento c’è un finale meraviglioso nell’estrema semplicità.
Il grande ostacolo verso la Palma che Kaurismaki non ha mai vinto (restò deluso ritirando il Grand Prix nel 2002 per L’uomo senza passato) è che le giurie raramente amano le pellicole sentimentali.

Erice comincia con una lunga scena ambientata in una villa nei dintorni di Parigi nel 1947. In realtà sono le poche immagini esistenti di un film del film, che il regista Miguel non era riuscito a finire nel 1990 a causa dell’improvvisa sparizione nel nulla dell’attore protagonista, Julio. Nel 2012 Miguel è chiamato da una trasmissione televisiva sui casi irrisolti, così recupera dal montatore Max le bobine dell’originale e contatta Ana, la figlia dello scomparso, restia a comparire in tv. Come il film nel film era basato sulla ricerca di una figlia, così Cerrar los ojos è la ricerca di un amico e collaboratore basandosi su pochissimi elementi.
A posteriori dice parecchio la statua con la testa a due facce posta nel giardino della villa all’inizio. In un film stratificato e lineare sull’identità, l’amicizia, il rimpianto, la perdita, la memoria e la ricomposizione della memoria. “Non siamo solo memoria, siamo anche sentimento e sensibilità”, dice una suora, aprendo nuove prospettive al protagonista. C’è anche la memoria del cinema, la nostalgia per la pellicola e il mondo che si è perso con essa, compresa la riscoperta di una sala nella zona di Almeria dove si proiettavano i giornalieri degli spaghetti western girati nel sud della Spagna. La pellicola di Erice è anche un invito alla speranza, fino all’ultimo. E anche questo è un filo che lo unisce a Kaurismaki.

da Cannes, Nicola Falcinella

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