L’Orso d’oro allo spagnolo Alcarràs di Carla Simòn e il premio Fipresci della stampa a Leonora addio di Paolo Taviani. Si è chiuso così ieri sera il 72° Festival del cinema di Berlino. Una chiusura anomala, dal momento che causa pandemia la competizione è stata ristretta in una settimana, ma il pubblico avrà modo fino a domenica di vedere i film. La giuria presieduta da M. Night Shyamalan ha fatto nell’insieme un buon lavoro, laureando il film migliore del concorso, anche se è caduta nella trappola dell’inutile messicano Robe of Gems di Natalia Lopez Gallardo (Orso d’argento premio della giuria) e ha trascurato, oltre a Taviani, due meritevoli come il cinese Return to Dust di Li Ruijun, che tocca temi simili al vincitore, e il francese Peter von Kant di Francois Ozon, che ha omaggiato Rainer Fassbinder rileggendone in chiave biografica uno dei capolavori.
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Su 18 titoli in lizza hanno preso riconoscimenti in otto. Doppio premio per Rabiye Kurnaz vs. George W. Bush del tedesco Andreas Dresen: orsi per la sceneggiatura di Laila Stieler e per la travolgente interprete Meltem Kaptan come migliore attore protagonista. Racconta la storia vera di una madre turco-tedesca che ha lottato per anni per la liberazione del figlio Murat arrestato in Pakistan e ingiustamente detenuto a Guantanamo nel 2002. Tra dramma e commedia è un’accusa all’ex presidente americano e pure al governo tedesco che, per ragioni di immagine, non accettò di riprendersi il prigioniero.
Da un paio d’anni il festival berlinese non assegna più i premi di miglior attore e migliore attrice, bensì quelli unisex di miglior interprete protagonista e migliore non protagonista. Questo secondo è andato a Laura Basuki nel melodramma indonesiano Nana di Kamila Andini, una delle belle scoperte della rassegna.
Meritato l’Orso d’argento gran premio della giuria a The Novelist’s Film di Hong Sangsoo, un gioiellino presentato l’ultimo giorno, ancora una storia sul caso, la creatività (stavolta in crisi) e le relazioni umane. La transalpina Claire Denis ha ricevuto Orso d’argento per la regia di Avec amour et acharnement, un triangolo amoroso con Juliette Binoche, Vincent Lindon e Gregoire Colin che ha momenti folgoranti ma non è il suo migliore. Orso d’argento per un contributo artistico a Everything Will Be Ok di Rithy Panh, che accusa le ideologie del ‘900 ed è meno ispirato di altre volte (lo stile ricorda L’immagine mancante ma è meno personale e toccante). Infine menzione speciale al tedesco-svizzero Drii Winter – A Piece of Sky di Michael Koch, dramma sulle montagne del Canton Uri che per atmosfere guarda al capolavoro Höhenfeuer – Fuoco alpino (1985) di Fredi Murer.
La Svizzera ha ricevuto due premi nell’interessante sezione parallela Encounters con Unrueh – Unrest di Cyril Schäublin (miglior regia) e À vendredi, Robinson di Mitra Farahani. Il primo ricostruisce il soggiorno svizzero, nelle valli del Jura tra le fabbriche di orologi, del geografo russo Pyotr Kropotkin e la sua adesione all’anarchia. Il secondo è imperniato sul dialogo a distanza, una mail ogni venerdì, tra due grandi vecchi del cinema, Jean-Luc Godard e l’iraniano Ebrahim Golestan, che portano avanti la corrispondenza pur capendosi poco.
Miglior film di Encounters lo spiazzante Mutzenbacher dell’austriaca Ruth Beckermann. Lo spunto di partenza è il romanzo erotico Josephine Mutzenbacher, pubblicato anonimo nel 1906 e attribuito a Felix Salten, lo scrittore di Bambi. Un volume che per lungo tempo ha fatto scandalo per il linguaggio esplicito, il realismo delle descrizioni e per le situazioni riportante, che al tempo si preferiva tacere. La documentarista allestisce dei provini con uomini di tutte le età per partecipare a un film tratto dal romanzo: a tutti fa leggere dei brani, li fa commentare o fa domande sulla sessualità e soprattutto sull’educazione al sesso. Gli intervistati e aspiranti attori si mettono a nudo con sincerità in un quadro rappresentativo della sessualità maschile, con pochi tabù e sfidando il politicamente corretto.
Ancora Austria per il premio opera prima: premiato Sonne di Kurdwin Ayub, curda d’origine, presentato ancora nella sezione Encounters.
da Berlino, Nicola Falcinella