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Mi rifaccio vivo

La rivalità tra Biagio Bianchetti e Ottone di Valerio inizia da bambini. A vincere è sempre Ottone, perfetto ed antipatico, così al buono e goffo Biagio non rimane che incassare un colpo dopo l’altro, fino a non poterne più: indebitatosi oltre misura per dare l’ultimo assalto al rivale, Biagio decide di farla finita con una pietra intorno al collo.
Ma nemmeno nell’altro mondo le cose sembrano facili, poiché in quanto suicida rischia l’inferno. Sarà allora una buona azione compiuta poche ore prima di morire, a garantirgli il diritto ad una seconda possibilità: tornare sulla terra per una settimana, per dimostrare di essere meglio di quanto risulti nei registri celesti.
Alla redenzione Biagio sembra però preferire la vendetta. Scegliendo di tornare in vita nelle sembianze di Dennis Rufino, il socio di Ottone in un affare enorme e delicato, proverà a rovinare una volta per sempre il suo rivale.
E il paradiso? Può attendere.

mi rifaccio vivo 3Che tipo di film abbia in mente, Sergio Rubini lo chiarisce fin dalla prima scena: la sequenza del suicido di Biagio è costruita con il linguaggio semplice dell’esemplificazione ed è teso verso i paraggi di un certo tipo di commedia divertente, dove anche i momenti più amari devono portare almeno a un sorriso.
Mi rifaccio vivo vuole essere un film dove, con semplicità e leggerezza, si passa da una risata all’altra fino ad un finale che porta con sé un messaggio positivo. Che sembra una cosa da poco e invece è una cosa complicatissima.
Rubini ci prova, ma i giochi di prestigio necessari per costruire un film così, gli riescono solo in parte.
Mi_rifaccio_vivo_immagine_film2Nel tentativo di rendere chiari e riconoscibili i personaggi, questi finiscono per diventare, in più di un caso, delle maschere. A soffrire di questo appiattimento sono soprattutto Ottone di Valerio e Biagio Bianchini, limitati da una recitazione troppo caricaturale di Neri Marcorè e Pasquale Petrolo. La ricerca di una risata costruita il più delle volte più sulla situazione che non sulla battuta fine a se stessa (e mai su quella volgare), dimostra la sincerità dello sforzo di Rubini nell’evitare le consuete scorciatoie delle commedie natalizie, ma manca di ritmo e di incisività. I gag risultano spesso prevedibili e finiscono per allungare senza necessità una parte centrale che si sarebbe preferita più snella.
Con queste limitazioni, il tema, già di per sé non nuovissimo, della rinuncia all’odio e alla cieca rivalità per andare a scoprire nell’altro le nostre proprie debolezze, non riesce ad emergere come dovrebbe, lasciando nella spettatore la sensazione di una morale da fine favola.
Mi rifaccio vivo è insomma un film che prova ad essere molto di più, ma senza riuscirci. La sua visione corre via senza sforzi per i 105 minuti della sua durata, regalando anche momenti di certo divertenti. Ma ciò che rimane a luci accese è una sensazione a metà tra il già visto e l’occasione perduta.

Matteo Angaroni.

Mi rifaccio vivo

Regia: Sergio Rubini. Sceneggiatura: Sergio Rubini, Carla Cavalluzzi, Umberto Marino. Fotografia: Fabio Cianchetti. Montaggio: Angelo Nicolini. Interpreti: Sergio Rubini, Neri Marcorè, Margherita Buy, Pasquale Petrolo, Emilio Solfrizzi. Origine: Italia, 2013. Durata: 105′.

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