Un buon film d’apertura per il 77° Festival di Cannes e non è una cosa scontata. Quentin Dupieux mantiene le promesse con Le deuxième acte, una commedia surreale molto nel suo stile che arriva mentre nelle sale italiane viene programmato il precedente Daaaaaalì!, presentato in concorso all’ultima Mostra di Venezia.
La cerimonia inaugurale si era aperta con un monologo in rima della madrina Camille Cottin su un “mondo parallelo” e inneggiando al metoo, con il tema delle donne che ha quasi monopolizzato. C’è stata poi la presentazione della giuria e un omaggio abbastanza irrituale alla presidente Greta Gerwig con una cover di Modern Love, la canzone che la accompagnava nel curioso ballo per strada in Frances-Ha che la lanciò qualche anno fa. Curiosamente in quel film litigava con il personaggio di Grace Gummer, figlia di Meryl Streep che è salita sul palco subito dopo per ritirare la Palma onoraria. A consegnarla una Juliette Binoche emozionata che ha tenuto un discorso un po’ sconnesso, mentre Streep, preceduta da un montaggio di estratti delle sue interpretazioni principali, si è confermata una fuoriclasse.
Le deuxième acte è collocato fuori competizione poiché è prodotto da Netflix. Secondo il regolamento del Festival, le opere prodotte dalle piattaforme, e non rivolte prioritariamente all’uscita in sala, non possono essere inserite in concorso. Il posizionamento nella serata inaugurale appare però come un’apertura o un cambiamento di strategia. Il film di Dupieux prende il titolo dal nome del bar isolato in cui si incontrano i personaggi. Il primo ad arrivare è lo strano barista con un preoccupante tremito alla mano che non sembra del tutto a suo agio nel locale. Ci sono poi due amici David e Willy che camminano verso l’appuntamento con una donna. Secondo il primo (Louis Garrel), Florence (Léa Seydoux) sarebbe invaghita di lui, che è sposato e vuole indirizzarla al sodale. La donna si presenta invece in compagnia del padre Guillaume (Vincent Lindon), che pensa di andare a conoscere il suo fidanzato. Si trovano invece sul set di un film scritto e diretto dall’intelligenza artificiale. Gli esiti sono spassosi e preoccupanti, poiché la AI è poco interessata ai risultati artistici e impiega i metodi del capitalismo più spinto.
La pellicola fa coppia con il teatrale Yannick (presentato dal prolifico regista e musicista transalpino la scorsa estate a Locarno) e ben si inserisce nella carriera di un regista che si era fatto nell’ambiente del cinema con lo pneumatico assassino di Rubber (2010). C’è un discorso, non nuovo, ma interessante sul rapporto tra realtà e finzione e quasi sul superamento dei due concetti. C’è un omaggio dichiarato a Paul Thomas Anderson con un attore che si vanta di essere stato contattato dal regista di Magnolia, Il petroliere e Il filo nascosto. E pure un riferimento alla serie Il mio amico Arnold, parlando dei suoi protagonisti Arnold e Willy. In più fioccano commenti ironici su tanti temi politicamente corretti e sui termini che si possono o non si possono utilizzare, anche perché l’intelligenza artificiale sorveglia e decide sulle battute pronunciate.
Il concorso parte oggi svelando i primi due tra i 22 titoli in lizza per la Palma d’oro, ovvero Diamant Brut di Agathe Riedinger e Pigen med nalen di Magnus Von Horn. Ma i pensieri di tutti sono già a domani, con Furiosa di Frank Miller e Megalopolis di Francis Ford Coppola, oltre a I dannati” di Roberto Minervini, presentato in Un certain regard e contemporaneamente in uscita in Italia.
da Cannes, Nicola Falcinella