AutoriIncontriSlideshow

Dietro le quinte del cinema

Intervista a J.W. Rinzler

J.W. Rinzler è autore divari libri sui making-of, tra gli altri, di Guerre Stellari, Indiana Jones, Alien. Ad oggi ha all’attivo due romanzi. In Italia è uscito da poco il suo Dietro le quinte di Aliens, stampato da SaldaPress e tradotto da Deborah Cerri.
Queste sono le riflessioni che ha condiviso con Guido Negretti e Cinequanon (clicca qui per la versione inglese).

Cinequanon (G.N.): Come spettatori siamo soliti ricevere i film sotto forma di prodotto finito: ciò che vediamo è tutto ciò che ci viene dato. Nei tuoi libri approfondisci il processo che sta dietro (e, perché no, attorno) alla creazione di un’opera d’arte. Come descriveresti il tuo lavoro? Un’analisi dei meccanismi interni (ossia la struttura) del processo di creazione filmica?
JWR: Nei miei libri racconto una storia. Cerco di renderla la più interessante possibile e di fare in modo che funzioni. Anche se non siamo nel contesto del racconto romanzesco, siamo pur sempre davanti a un personaggio e a uno sviluppo, a un ritmo, a delle scene, a degli atti, a del dialogo, e, in questo caso, a delle illustrazioni. E proprio questa parte, l’idea di raccontare una storia visiva, credo sia importante quanto l’atto di scrivere. Le didascalie creano la loro propria storia. Tutto deve incastrarsi assieme al fine di creare un’esperienza piacevole per il lettore, al fine di funzionare. Io descriverei i libri anche, spero, come fonte di ispirazione. Mi augurerei che le storie dei registi siano in grado di ispirare altre persone a portare avanti le loro opere creative e a produrre altre storie.

Cinequanon (G.N.): Scrivere di film è un processo che cerca di decostruire (ossia di aprire e analizzare) qualcosa che si presenta come solido, come un prodotto completo. Durante le tue ricerche, ti è capitato di incappare in qualcosa di nuovo, di scoprire dei dettagli che sarebbero rimasti nascosti, o quello che hai trovato era ciò che ti aspettavi di cogliere?
JWR: Non mi approccio mai a un progetto con delle aspettative prestabilite. Imparo cose nuove mentre svolgo le mie ricerche, e racconto la storia che quelle ricerche, quelle interviste e quei materiali di produzione rivelano. Imporre un punto di vista sarebbe intellettualmente disonesto. Per questo posso dire che nella stesura dei libri vengo sempre sorpreso e faccio di continuo scoperte che per me sono nuove. Mi viene in mente, a modo di esempio, il fatto che George Lucas avesse auto-finanziato il processo di preproduzione di Guerre Stellari, il fatto che ci siano voluti anni affinché Arthur Jacobs riuscisse a vendere a uno studio Il pianeta delle scimmie, il fatto che Ridley Scott avesse pensato di uccidere Ripley, e così via.

Cinequanon (G.N.): Le tue opere hanno principalmente come tema la fantascienza (Star Wars), l’horror (Alien) e l’avventura più pura (Indiana Jones). Cosa ti ha portato a focalizzarti su questo tipo di film, ossia la rielaborazione di quelle che erano i vecchi film (e libri) di stampo popolare (pulp)?
JWR: I miei libri sono lo specchio di ciò che i fan, gli studios e le case editrici vogliono e pensano che possa vendere. Spesso i fan mi scrivono e mi chiedono di fare un libro su una certa opera, ma in realtà la scelta non è mia. Amo i film di cui ho scritto, e fino a un certo punto si può dire che la decisione sia stata deliberata. Non ero lo scrittore originale scelto per Episodio III, ma non appena mi sono messo a scrivere e a conoscere George Lucas (e ho scoperto che voleva pubblicare un certo numero di libri su Guerre Stellari e simili) tutto ha trovato la sua giusta collocazione. Per più di dieci anni i libri della Lucasfilm sono andati avanti. Io proponevo a George dei libri making-of, ma prima che la casa editrice potesse dare il via libera bisognava vedere i dati di vendita del libro precedente.
Da quando ho lasciato la Lucasfilm sono stato in grado di proporre alla Fox Planet of the Apes, e a sua volta la Fox mi ha proposto Alien e Aliens. Ho anche dei collaboratori che mi hanno aiutato: Brandon Alinger di Prop Store mi ha fatto scrivere i libri riguardanti Rick Baker e Howard Kazanjian, mentre con Lee Unkrich ho lavorato per il libro su Shining. All Up ha trovato una casa editrice grazie al mio agente, Peter Beren. Si è sempre in movimento… spero di scriverne un altro o due.

Cinequanon (G.N.): Chi diresti che sono i tuoi lettori? Quello che voglio chiederti è se i tuoi libri siano scritti e pubblicati tenendo a mente solo i fan, chi ama (a volte adora) i film che analizzi, o se invece non si possa dire che, seppure parte del tuo pubblico sia formato dai fanatici (nel senso positivo del termine), il tuo obiettivo sia di raggiungere il numero più alto di lettori, non importa da quale contesto provengano. In altre parole, quando scrivi i tuoi libri chi è il tuo “lettore ideale”?
JWR: Cerco di scrivere per il più vasto numero di lettori. Scrivo per chi ama i film, per chi ama il regista, gli attori, gli effetti speciali, il design, o anche tutti questi elementi assieme. Scrivo per chi è interessato all’arte e ai possibili significati dei film. Scrivo per questa generazione, e per quelle future, alcune delle quali spero saranno ancora interessate all’argomento e apprezzeranno il cinema anche quando la tecnologia lo avrà rimpiazzato. Credo che sarebbe interessante guardare un film tra 500 anni. Già adesso è una esperienza strabiliante guardare dei vecchi film degli anni ‘40, o anche di anni prima, girati in esterni, e studiare quei precisi comportamenti e quelle precise mentalità, così come la loro evoluzione.

Cinequanon (G.N.): All Up è il tuo primo romanzo, e unisce la storia (quella che abbiamo vissuto) con la finzione e le congetture. Possiamo dire che, ancora una volta, ti ritrovi nel campo del genere pulp? Cosa desideri che i tuoi lettori ricevano da All Up? Quanto è importante il piacere che riceviamo quando abbiamo a che fare con l’escapismo intelligente?
JWR: (È il mio secondo romanzo, il primo è stato Indiana Jones and the Mystery of Mount Sinai, anche se si è trattato di un lavoro su un personaggio non mio). Come molte persone oggigiorno, mi preoccupa la nostra sopravvivenza in quanto specie. So che può sembrare da presuntuosi, ma ognuno di noi deve fare la propria parte. Anche se di natura sono una persona solitaria, mi rendo conto che siamo tutti in ballo. Siamo capaci di dar vita alle più favolose opere d’arte così come alle più orribili depravazioni. Noi siamo portati a essere generosi, ma siamo vittime di costumi culturali profondamente ignoranti e di un endemico abuso dei minori, sia psicologico che sessuale.
Personalmente preferirei più generosità e arte, e per farlo è necessario smetterla con questi abusi dei minori. Ma poiché è impossibile sbarazzarsi del tutto di tali abusi, quello che dobbiamo fare è limitarli il più possibile. All Up riguarda i primi passi verso lo spazio da parte della nostra specie, e di come questi primi passi siano stati compiuti da antieroi rovinati, abusati, almeno nella maggioranza. In quella prima Età dello Spazio (creata da mostri perversi e da geni visionari) sono apparsi personaggi incredibili come anche incredibili eventi, il tutto nel nostro lento cammino evolutivo da uno stadio di bestie ignoranti e violente verso una specie emozionalmente più matura, capace di muoversi nel cosmo. Oggi stiamo iniziando a riscoprire molti segreti, e questo ci porta a fare delle innovazioni fantastiche, e a spingerci all’esterno molto velocemente, diretti verso una seconda Età dello Spazio.
Gli scrittori e gli artisti costituiscono la prima ondata di quel futuro, così come lo hanno sempre fatto, grazie alla esteriorizzazione delle cose immaginate, esteriorizzazione che sboccia dalle correnti del pensiero. Alcune correnti avranno successo, altre no. In un certo modo si può dire che gli artisti e i visionari presentano il menù, e le generazioni future decideranno cosa prendere da quel menù stesso o da altri. Per questo motivo non penso alla questione dei generi letterari; i generi esistono solo temporaneamente e la maggioranza delle produzioni artistiche (come anche i mandala più stupefacenti) scompariranno per sempre. Quell’arte atemporale che rimane in vita migliora con ogni nuova occhiata, così come cambia i suoi significati, e rivela verità che l’artista non aveva immaginato… fino a che anche lei non scompare da questa dimensione, mentre in altri regni tutto è preservato.

A cura di Guido Negretti (jwrinzler.com)
English version

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close