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Don’t Worry Darling

Tra disaccordi sul set, cambiamenti del cast e addirittura presunti sputi all’anteprima, Don’t Worry Darling sembra aver ottenuto il fascino da film maledetto: uno di quei film dalla produzione travagliata in cui le tensioni sono palpabili anche sul prodotto finale. E in un certo senso la seconda fatica di Olivia Wilde dietro alla macchina da presa riconsegna allo spettatore alcune contraddizioni.
Le premesse sono tutto sommato positive: il racconto della provincia americana anni ‘50 da un punto di vista puramente femminile. Uno sguardo su un mondo soleggiato, ordinato e pulito alla perfezione. Ma è proprio in quell’apparente organizzazione maniacale che Alice – una Florence Pugh che dopo Lady Macbeth e Midsommar dimostra nuovamente un talento notevole – intravede delle crepe che la rendono inquieta. Nessuno sembra capirla, nemmeno il marito, interpretato da Harry Styles sempre più sulla cresta dell’onda, che comincia a crederla pazza. Al centro di tutto c’è evidentemente una critica alla società patriarcale che la regista mette in scena con molta precisione, la discesa della protagonista in una condizione di confusione perpetua racconta la storia di una donna vista come una strega dalla società intorno a lei; ed è la stessa società che l’ha portata ad essere una casalinga amorevole, il cui unico scopo è quello di coccolare e amare il marito in ogni forma possibile.

L’intenzione, dunque, è quella di recuperare la grande narrazione di una parte d’America falsa e bigotta già raccontata da autori importanti in film come Secondo amore, Velluto blu o Edward mani di forbice, ma rendendo il discorso moderno, recuperando temi quali la condizione femminile e il rapporto tra generi, argomenti che il cinema contemporaneo sta profondamente analizzando. Ecco, però, che i nodi vengono al pettine: Olivia Wilde sembra avere molte cose da dire, così tante che non riesce a metterle in ordine. Don’t Worry Darling si perde in se stesso in diversi momenti della pellicola, risultando ripetitivo e sorprendentemente noioso. Le sequenze oniriche sono messe bene in scena dalla regista, ma una volta finito il film queste risultano poco incisive ai fini della caratterizzazione del personaggio. Il problema più evidente del film è la mancanza di un’identità precisa data dalla voglia di mettere in scena un thriller basato sulla paranoia ma che contemporaneamente sembra avere bisogno di spiegare ogni mistero; sarebbe forzato pensare che la schizofrenia del film voglia in qualche modo rispecchiare gli sbalzi tra realtà e fantasia della protagonista. Quando si tratta di arrivare al dunque, il film si dimostra pesantemente derivativo e già visto, incapace di sorprendere davvero lo spettatore.
Alla pellicola manca non solo il punto del discorso, ma anche le argomentazioni per arrivare ad esso. E’ in qualche modo paradossale che un film che tratta il tema della libertà femminile venga “boicottato” dall’attrice protagonista a causa, tra le altre cose, di alcune scene di sesso non gradite. Don’t Worry Darling purtroppo non rispetta le premesse e non è un caso che ci siano state più discussioni riguardo il dietro le quinte del film che a proposito il film stesso.

Andrea Porta

Don’t Worry Darling

Regia: Olivia Wilde. Sceneggiatura: Katie Silberman, Carey Van Dyke, Shane Van Dyke. Fotografia: Matthew Libatique. Montaggio: Jennifer Lame, Andrew Leven. Interpreti: Florence Pugh, Harry Styles, Olivia Wilde, Chris Pine, Gemma Chan, Nick Kroll, Douglas Smith, KiKi Layne, Timothy Simons, Asif Ali. Origine: USA, 2022. Durata: 122′.

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