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Manchester by the sea

MBTS_3869.CR2Kenneth Lonergan, drammaturgo statunitense (Gangs of New York fra i suoi gioielli di scrittura cinematografica), ci guarda dalla sedia del regista-sceneggiatore. Non che sia la prima volta: infatti Kenneth aveva già scritto e diretto You can count on me (2000), lungometraggio pluripremiato con due nomination agli Oscar.
Manchester by the sea è un vero e proprio melodramma moderno al maschile, un punto di vista raro per il cinema contemporaneo. La storia di Lee Chandler (Casey Affleck), un solitario tuttofare residente a Boston, ci catapulta in una routine di mediocrità americana. Lee è un ragazzo umile e solitario: vive in uno scantinato sbiadito, è tanto volenteroso quanto strattonato dalla società. Sembra che non esistano resistenze per condurre una vita invisibile, a parte qualche ridicola incomprensione sul lavoro. L’unica manifestazione emotiva concessa è una saltuaria scazzottata notturna da pub. In una giornata come tante, Lee riceve per telefono la notizia della morte del fratello Joe. Lee si ritrova a dover gestire le pratiche testamentarie del fratello, venendo a manchester-hedgesconoscenza di un piano di tutela del nipote – che fin da subito non si sente di affrontare.
La tragedia si dimostra gestibile, soprattutto attraverso l’inspiegabile tranquillità di Patrick (Lucas Hedges), ormai orfano di padre. L’evento sembrava essere prevedibile, vista l’aspettativa di vita del padre comunicata in un flashback. Lee e Patrick affrontano il momento con cinica freddezza, e la quotidianità delle azioni riesce ad decriptare le vere ragioni dietro l’atteggiamento dei protagonisti. Patrick è un ragazzino preparato a rimanere orfano, occupato dalla sua vita adolescenziale: le fidanzatine, lo sport, e la musica lo tengono distante dal dolore. Nonostante la lontananza della madre ex-alcolizzata, si percepisce ancora un’esile immaturità nell’atteggiamento. L’apatia di Lee si converte, invece, in maniacale autocontrollo. Lee, per quanto abbia voluto bene al fratello, vive con un dolore ben più acuto nel petto: la colpa per la morte dei suoi tre figli. Paralizzato, sosta volontariamente in un purgatorio. Non riesce a convincersi che la colpa sia veramente sua, ma è certo che non riuscirà più a tornare la persona che era. Anche la risoluzione delle questioni legate alla morte di Joe confermeranno una lucida impossibilità di risanare le ferite del passato. Non accetta nemmeno di essere curato dalla compagnia del nipote. Un altro messaggio è chiarissimo: la routine banale, assurda e comica vive anche di fronte alle tragedie più grandi, e questa in fondo è la vita.

Manchester by the sea ha tutte le carte in regola per essere un film invisibile agli occhi dei disattenti. La comunicazione avviene ad un livello molto profondo, più nella scrittura che nella regia – inizialmente destinata a Matt Damon. Kenneth stesso ammette di essersi avvicinato all’industria cinematografica per caso, e di aver sempre avuto in mente di essere più uno scrittore di teatro. Michelle Williams, che interpreta la tormentata ex moglie di Lee, ha confermato una precisa attenzione di Lonergan per il copione, che pare sia stato studiato in tutte le sue sfaccettature alcune settimane prima delle riprese, come una vera e propria opera teatrale. Il lungometraggio sarà protagonista alla prossima cerimonia degli Oscar.

 Giulia Peruzzotti

Manchester by the sea

Sceneggiatura e regia: Kenneth Lonergan. Fotografia: Jody Lee Lipes. Montaggio: Jennifer Lame. Musiche: Lesley Barber. Interpreti: Casey Affleck, Michelle Williams, Kyle Chandler, Lucas Hedges, Gretchen Mol. Origine: Usa, 2016. Durata: 135′.

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