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Much Loved in Marrakech

much-lovedMarrakech. Quattro donne, quattro prostitute: Noha (Loubna Abidar), Randa (Asmaa Lazrak), Soukaina (Halima Karaouane) e Hlima (Sara El Mhamdi Elaaloui). La loro vita si snoda tra feste e bordelli di lusso in cui fioccano banconote da agguantare al volo, e l’ansia di dover pagare un affitto, di dover mantenere una famiglia, di voler lasciare un paese in cui non c’è spazio né speranza. È per questo che sono disposte a tutto, è per questo che, tra quattro amiche che dormono abbracciate e non potrebbero fare a meno l’una dell’altra, vige un tacito patto: sul campo, al lavoro, la competizione la fa da padrona. E così la gara è a chi conquista più uomini o a chi abborda il più facoltoso, una gara di seduzione in cui le carte vanno giocate tutte, ma proprio tutte, e che finisce per assomigliare a una grottesca messa in mostra di carni da macello.

Much loved, l’ultimo film di Nabil Ayouch, si muove per definizione all’interno di un paradosso: censurato in patria perché considerato offensivo nei confronti dell’immagine della donna marocchina, racconta proprio la storia di quattro donne che, per guadagnarsi da vivere, sono Much-Loved2costrette all’offesa e all’umiliazione quotidiane. Sapere che ciò che accade ogni giorno nelle più grandi città del Marocco, sapere che un fenomeno diffuso ai limiti dell’incalcolabile e che costituisce un nodo importante dell’economia del paese, sia considerato delle autorità marocchine stesse qualcosa di offensivo per l’identità nazionale, è quantomeno curioso. Oltretutto, verrebbe da dire, più che per la donna marocchina il film sembra essere offensivo per la figura maschile, autoctona o meno che sia: dall’europeo al saudita, il maschio è quello che paga perché la donna si umili per lui, perché la femmina, attirata dal denaro, si veda costretta a camminare a quattro zampe, a miagolare, a ballare, ad agitare il proprio corpo in modo più imbarazzante che provocante. Ma è anche l’uomo che paga per passare una notte con un ragazzino o con un travestito, o che paga Hlima in verdura, non potendole offrire un adeguato compenso in denaro: perché il mercato del sesso (maschile e maschilista) non risparmia nessuno, e nel contempo unisce sotto un’unica bandiera uomini marocchini, arabi, francesi e americani, quali che siano la loro estrazione sociale o la loro possibilità economica. Non è il mercato dei ricchi o degli stranieri, è il mercato di tutti, in cui, secondo le possibilità di ciascuno, a ciascuno viene dato.

Much loved è un film esplicito, schietto, ma che inevitabilmente – sarà un po’ colpa del tema (tanto scabroso da risultare difficilmente raccontabile), un po’ colpa della storia e del suo tentativo di non lasciar fuori niente e nessuno (c’è la vicenda della prostituta lesbica, ma non mancano anche quella del travestito o degli abusi pedofili, della ragazza madre o del giovane tossicodipendente) – risulta alla fine un po’ eccessivo e non poco retorico. Ma se, guardando al risultato, non si può certo gridare al capolavoro, le intenzioni, innegabilmente ottime, salvano il prodotto: oltre all’indubbio valore documentario, la volontà di denuncia del regista resta in primo piano, a ricordarci che, al di là della fotografia o del montaggio, il cinema può essere anche altro.

Monica Cristini

Much Loved

Regia e sceneggiatura: Nabil Ayouch. Montaggio: Damien Keyeux. Interpreti: Loubna Abidar, Asmaa Lazrak, Halima Karaouane, Sara El Mhamdi Elaaloui. Origine: Francia/Marocco, 2015. Durata: 108′.

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