MonDocRecensioniSlideshow

Nomad – In cammino con Bruce Chatwin

Sono rimasti pochissimi i registi che sono sempre una garanzia, che sfornano ogni volta opere interessanti, anche quando lavorano a ritmi molto intensi. È il caso di Werner Herzog, un autore già nel mito che non ha bisogno di presentazioni. Pochi mesi fa è uscito l’ottimo Herzog incontra Gorbaciov e ora arriva in sala Nomad – In cammino con Bruce Chatwin, dall’approccio e lo stile molto diverso e ancora più imperdibile. Un documentario da non mancare per chi ama l’avventura, la geografia e il cammino e, naturalmente, un cineasta che non ha corrispettivi. Il regista traccia la biografia di un amico, con il quale condivise progetti e ideali, filtrando attraverso i propri ricordi la breve esistenza (morì di Aids a soli 48 anni d’età nel 1989) di uno dei più celebri e amati scrittori di viaggi. Va nei luoghi che gli furono cari, dalla Gran Bretagna alla Patagonia all’Australia, incontra testimoni a vario titolo, ma ciò che prevale con più forza è il punto di vista personale e il sentimento di amicizia e di mancanza ben percepibile.

Si parte da un pezzo di pelle di brontosauro (che poi si rivelò essere un bradipo gigante estinto circa 10.000 anni fa) a casa di sua nonna in Galles. Un reperto trovato da uno zio marinaio in Patagonia che incuriosì il piccolo Bruce e gli instillò il fascino per la preistoria che lo accompagnò sempre: per caso fu presente in Sudafrica nel 1984 quando fu scoperto la più antica traccia di uso del fuoco, risalente a circa un milione d’anni fa.
Come in molti suoi documentari, a collegare ed accompagnare c’è la chiara e suadente voce del regista: Chatwin non inventava, “abbelliva i fatti per renderli più reali”, chiarisce per rispondere alle accuse di eccessiva libertà nei racconti. Incontra poi la vedova Elizabeth che spiega: “Bruce era un nomade, ma poi tornava sempre tra le colline del Galles, le Black Hills, il paesaggio della sua anima”.

Chatwin cercava pure “le stranezze”, per questo gli piaceva Segni di vita (1968), il primo lungometraggio di Herzog, nel quale “un soldato tedesco in ricognizione impazzisce quando vede una valle con 10.000 mulini a vento”. I due si incontrarono per la prima volta in Australia nel 1983, mentre uno preparava Dove sognano le formiche verdi e l’altro compiva ricerche sui canti aborigeni per Le vie dei canti: entrambi erano affascinati dalla mitologia aborigena. Il passaggio sul modo di muoversi e orientarsi degli indigeni australiani e il canto degli anziani, con i misteri sul loro significato, è una delle parti più affascinanti del film.
C’è la consonanza tra i due sulla fine del nomadismo e l’affermarsi di una società sedentaria che porterà alla fine dell’umanità. I nomadi hanno da sempre affascinato i due, così come il cammino. “Credo nel potere del camminare”, afferma Herzog a proposito del celebre pellegrinaggio da Monaco a Parigi per salvare la sua mentore Lotte Eisner dalla morte, il cui diario è pubblicato con il titolo Sentieri nel ghiaccio.
Herzog ricorda le riprese di Cobra verde, tratto da Il viceré di Ouidah, la vista di Chatwin malato sul set e tutte le difficoltà, compresi i capricci e la violenza di Klaus Kinski.

Il capitolo più emozionante del documentario è Lo zaino di Chatwin, nel quale il regista arriva a commuoversi, con misura ma senza paura delle emozioni, rievocando il loro ultimo incontro, poco prima che lo scrittore cadesse in coma. E spiega che nel successivo Grido di pietra (1991) il protagonista Vittorio Mezzogiorno porta sempre lo zaino di Chatwin in una sorta di omaggio, per un film che aveva a che fare con la morte dell’amico.

Nicola Falcinella

Nomad – In cammino con Bruce Chatwin

Regia e sceneggiatura: Werner Herzog. Fotografia: Louis Caulfield, Mike Paterson. Montaggio: Marco Capalbo. Musiche: Ernst Reijseger. Origine: USA, 2019. Durata: 85′.

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close