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Un salto al Cinéma du Monde di Sherbrooke

Decima edizione per il festival in Québec

Sherbrooke è una piccola cittadina del Québec, a due ore di distanza da Montréal e a un’ora dal confine con il Maine (USA). Circondata da foreste, i ritmi sono più lenti e ci si sente come in un villaggio, grazie anche alla calorosa ospitalità delle persone locali. Qui da dieci anni si celebra il Festival Cinéma du Monde con lo scopo di “incitare al dialogo, creando una piattaforma per il dibattito e la discussione”. Quest’anno il festival si tiene dal 6 al 13 aprile con più di 90 film e 25 eventi in 5 località della città di Sherbrooke. Il programma, che copre 40 Paesi, riunisce 56 lungometraggi di finzione, 14 documentari e 6 programmi di cortometraggi. Un programma ricco per pubblico di ogni tipologia ed età. Noi di Cinequanon.it vi raccontiamo il nostro weekend di Pasqua al Festival Cinéma du monde di Sherbrooke:

08/04/2023
Splende il sole a Sherbrooke dopo la recente tempesta di ghiaccio che ha paralizzato per giorni la provincia di Montréal, lasciando milioni di persone senza corrente elettrica e riscaldamento. Due documentari, una di fila all’altro, mi attendono. Apro la mia esperienza al festival con The Colour of Ink del critico e documentarista canadese Brian D. Johnson, presente in sala. Il film esplora i misteri e la storia dell’inchiostro che fin dalla nascita della civiltà umana l’accompagna nella sua evoluzione. Jason Logan è un ink maker di Toronto che crea inchiostri naturali praticamente da qualsiasi cosa: erbacce, bacche, corteccia, fiori, rocce, ruggine… Jason ha anche un suo network di amici illustratori, a cui ama inviare i propri inchiostri e realizzarne delle edizioni speciale personalizzati. Jason, come un alchimista contemporaneo, insieme al suo folto numero di contatti, ci mostra come riscoprire una dimensione spirituale e interiore grazie a una riappropriazione del rapporto con la materia e il contatto con gli elementi della natura. Insomma, c’è dell’inchiostro (vita) in tutto!
A seguire un’altra piccola perla con la produzione svizzero tedesca Dear Memories – A journey with Magnum Photographer di Nahuel Lopez. Thomas Hoepker è uno tra più importanti fotografi viventi al mondo le cui foto sono diventate icone del fotogiornalismo internazionale. In 60 anni di carriera ha indagato con la sua macchina fotografica il mistero della vita spingendosi da un angolo all’altro del globo: dalla Germania agli USA, e poi Cina, Giappone, Birmania,India, Iran, Russia, Guatemala, Cile,Brasile, etc… Il documentario racconta un ultimo sogno per Thomas: un viaggio in auto da est a ovest degli Stati Uniti con sua moglie. Dopo la diagnosi di Alzheimer nel 2017, la fotografia diventa per Thomas uno strumento per non dimenticare. La sua memoria portatile. Sullo schermo, lo sguardo e l’irriverenza è quella di un bambino in un un corpo d’anziano. Tra una lacrima e un sorriso strappato, seguiamo il viaggio in camper di Thomas insieme alla dolce e determinata moglie Christine, insieme fino alla fine con immancabile Leica tra le mani.
Piccola pausa prima del grande evento della giornata, il Ciné-Concert. L’Orchestre du Septième Art (OSA) presenta al Théâtre Granada un ricco repertorio di colonne sonore di grandi compositori come Ennio Morricone, Quincy Jones e Alexander Desplat. Sul palco 60 musicisti di formazione sinfonica guidati da Lise Bellehumeur ci fanno rivivere le emozioni di decine di opere cinematografiche tra cui The mission, Chocolat, Imitation game, Le cronache di Narnia, le cui immagini si susseguono sullo schermo. Una notte magia a Sherbrooke tra immagini e musiche che hanno segnato la storia del cinema.

09/04/2023

Si comincia a respirare aria di primavera e la mattinata si apre con un buon vegan brownie e tisana ginger lemon presso il FARO che, fedele al suo nome, è l’unico locale aperto in questa domenica di Pasqua. Approfittando del bel clima, ne approfitto per una lenta passeggiata lungo il fiume Magog e il Lac des Nations. D’un tratto si fa mezzogiorno e finalmente mi aspetta la visione del film che più attendevo e che, per svariate volte, non sono riuscito a recuperare nelle sale italiane. Sto parlando di Ennio, documentario biografico sulla vita di Ennio Morricone diretto dall’amico “Peppuccio“, Giuseppe Tornatore. In oltre due ore e mezza di interviste e materiale d’archivio, Ennio si racconta con una totale vulnerabilità mettendo in luce sfide e difficoltà, ma anche gioie e soddisfazioni, che hanno contraddistinto la sua carriera. Dal tribolato periodo al conservatorio, alla gavetta anonima presso RAI, per poi passare al rilancio della musica leggera alla RCA, al “tradimento” della composizione classica per fare musica cinematografica, alle fasi di crisi e sperimentalismo,  al successo internazionale e infine al riscatto morale con le scuse ufficiali da parte dei colleghi compositori. Attraverso lo sguardo di amici e colleghi che hanno avuto la fortuna di collaborare col Maestro, si dipana una tela di storie e sentimenti che inquadrano Ennio non solo come un genio musicale ma anche una persona di cuore. Grandi personalità dal mondo del cinema e della musica come Clint Eastwood, Quentin Tarantino, Bruce Springsteen, Oliver Stone, Dario Argento, Bernardo Bertolucci, Hans Zimmer, John Williams, Nicola Piovani, Gianni Morandi e molti altri ci rivelano, anno dopo anno, come Ennio sia riuscito a cambiare col suo genio e sperimentalismo le regole della musica da film e allo stesso tempo della musica d’orchestra contemporaneamente. Una libertà artistica tutelata dalla umile e semplice moglie Maria, sempre al suo fianco e di importante sostegno per la sua carriera. Non per altro era, prima ancora dei committenti, la persona a cui faceva ascoltare le proprie prove di composizioni in cerca di un parere sincero e naïf era proprio la sua dolce metà. La più grande sfida per Ennio? Quella di ritrovarsi ogni volta davanti a una pagina bianca, sapendo che in qualche modo avrebbe dovuto riempirla dando origine alla musica esatta e perfetta per il regista e il film che si trova davanti.
Continua il viaggio nella musica col documentario Chausseuse de son, ritratto intimo dell’artista Canadese Tanya Tagaq. Le sue performance mescolano musica folk del popolo Inuit a una specie di meditazione attiva da cui sorgono espressioni di rabbia e dolore, alternate a vitalità e trionfo. Il Katajjaq, canto di gola, veniva solitamente eseguito da due donne ed è stato rielaborato da Tagaq in una versione solitaria in cui si sussegue un botta e risposta sonoro con se stessa. In una sorta di “ecstatic chanting” senza filtri, Tagaq libera sul palco emozioni ed energie represse con un canto libero, fuori dagli schemi e senza alcun auto giudizio. Una forma d’improvvisazione, come afferma all’inizio delle sue performance, che diventa una via per la ricongiunzione con un sé profondo, primordiale. Le sue sono performance non certo piacevoli da ascoltare e facili da digerire, sicuramente uniche nel loro genere. Questo mi spinge, a malincuore, a lasciare la sala prima della conclusione.
Ultimo film della giornata prima del mio rientro a Montréal è I like Movies, opera prima di finzione di Chandler Levack. Lawrence Kweller è un adolescente della provincia di Toronto a inizio anni duemila che ha un sogno nel cassetto: entrare alla NYU Tisch School of the Arts per diventare un grande regista come il suo idolo Paul Thomas Anderson. Lawrence è infatti un divoratore instancabile di film, fan sfegatato di Stanley Kubrick e cinefilo di prima categoria. Per lui il cinema è una forma di evasione dalla realtà, oltre che una possibilità di fare parte di qualcosa più grande (proprio come abbiamo visto con il protagonista di Babylon). Determinato nel perseguire il suo sogno, trova lavoro in un videostore, una sorta di Blockbuster, da cui nasce una imprevista e complicata amicizia col suo boss Alana. L’arroganza di Lawrence e i suoi problemi di disregolazione emotiva lo porteranno però a voltare le spalle all’amorevole madre Terri e il suo migliore amico Matt. Ce la farà il nostro eroe a superare il suo egocentrismo che gli impedisce di mantenere qualsiasi forma di relazione e recuperare i 100 000$ per accedere alla prestigiosa NYU?
Una commedia amara che Chandler scrive sulla base della sua infanzia e i suoi primi passi come cinefila adolescente, rimandando la mente dei più appassionati spettatori a un altro coming-of-age movie, omaggio anch’esso alla passione per il cinema, che è proprio il recente Licorice Pizza di Paul Thomas Anderson.
Costretto ad abbandonare la sala dieci minuti prima del finale (ancora la mia mente si dimena per sapere come finisce il film), salgo sull’ultimo autobus per Montréal. Sento il mio cuore arricchito, accompagnato da una nota di nostalgia per questo piccolo meraviglio festival a Sherbrooke.

da Sherbrook, Canada,
Samuele P. Perrotta
Fotografie originali dell’autore

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