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Venezia 79: la New York del cinema in due documentari da vedere assolutamente

Da Venezia Classic

Venezia Classici è sempre una sezione che presenta opere importanti, dai restauri di capolavori del passato a documentari sul cinema. Parliamo qui di due film sulla New York anni 60 e sul cinema che è stato creato in quel mondo pieno di talento e di voglia di cambiare le cose.
Iniziamo da Fragments of paradise di KD Davison che racconta il grandissimo Jonas Mekas, regista di origine lituana che ha documentato la sua intera vita nei suoi celeberrimi film-diario. “Faccio cinema perché vivo, vivo perché faccio cinema”, con questa frase capiamo il mondo di Mekas che ruota a 360 gradi intorno al cinema, ne ha fatto ragione di vita da sempre. Dall’arrivo a New York, scappando dalla Lituania, nel 1949 alla sua morte nel 2019, ha raccontato il trauma e la perdita dell’esilio, incoraggiando al contempo le istituzioni a sostenere la crescita del cinema indipendente e di avanguardia negli Stati Uniti. Conosciuto a livello internazionale come il ‘padrino’ del cinema d’avanguardia, ha ispirato innumerevoli artisti indipendenti, da Martin Scorsese, Peter Bogdanovich, Andy Warhol e John Waters, a Yoko Ono, John Lennon e Jim Jarmusch: tutti attratti dal suo spirito instancabile e dalla sua fede nel potere del cinema.
Il film racconta la sua opera di divulgatore e regista ma anche i traumi della sua infanzia e dell’esilio, Fragments of Paradise è costruito a partire dalle migliaia di ore dei suoi diari cinematografici, con riprese e registrazioni inedite. È la storia della ricerca della bellezza pur immersi in una profonda perdita. La storia di un uomo che ha cercato di dare un senso a tutto, con una macchina da presa sempre in spalla, in strada ma anche nella vita privata, documentando la bellezza ma anche la sua depressione.
Fragments of Paradise, come i film di Mekas, è un frammento, una finestra su “alcune delle bellezze del mondo” che Jonas sembra aver trovato ovunque. È un film sulla polvere del tempo che cerca di nascondere queste bellezze, sull’opera del cinema di catturarle, di crearle e anche di archiviarle. Su questo ultimo punto un’importante parte del film riguarda l’Anthology Film Archives, la monumentale operazione iniziata da Mekas per preservare il cinema di avanguardia. C’è qualcosa da imparare dalla sua insistenza quasi religiosa nel fare cinema, sul dare importanza delle cose momentanee e fragili, su quella ossessione ma anche su quella gioia nel cercare di dare senso a una vita.

Desperatesouls, Dark City and the Legend of Midnight Cowboy è un film più classico, è un documentario sulla realizzazione di Midnight Cowboy (Un uomo da marciapiede in Italia) ma è anche un bel ritratto sulle persone straordinariamente talentuose e imperfette che l’hanno realizzato.
Anche questo film parla della New York anni 60, epoca tormentata di fermento culturale e cambiamento sociale. Il film del 1969 narra la storia di due senzatetto solitari  (John Voigh e Dustin Hoffman) che uniscono le forze per la disperazione e lottano per sopravvivere. Con la magistrale regia di John Schlesinger, la brillante sceneggiatura di Waldo Salt, sopravvissuto alla lista nera del maccartismo, e una colonna sonora memorabile, è l’unica pellicola vietata ai minori ad avere vinto l’Oscar come miglior film.
Midnight Cowboy rimane uno dei film più originali e dirompenti dell’era moderna. Questo documentario ci racconta la sua genesi e il suo impatto in quegli anni e arriva fino ai nostri giorni. Ricostruiamo la realizzazione del film ambientato in una New York assillata dal crollo economico, durante i movimenti di liberazione dei neri, degli omosessuali e delle donne. Capiamo che è il film che ha in sostanza inaugurato la New Hollywood, un’epoca in cui fiorirono film rischiosi, le vecchie regole vennero infrante e una nuova generazione di registi si cimentò con temi adulti e personaggi tormentati. Midnight Cowboy è il racconto di una città e di sogni infranti, e attraverso le molte interviste capiamo come sia un film che continua ad avere grande risonanza a più di cinquant’anni dalla sua realizzazione. È interessante notare come sia il film che ha aperto anche Hollywood a girare per le strade, ad abbondare un poco gli studios e fare cinema che si confronta alla realtà, senza Midnight Cowboy, difficilmente ci sarebbe stato Mean Street e tutto il cinema di Scorsese da lì a venire.
Capiamo così che il fermento di New York, come ha fatto sviluppare il cinema di avanguardia di Mekas, ha fatto anche progredire Hollywood e ha portato questi due mondi lontani anni luce ad avvicinarsi. È la potenza del cinema, soprattutto quello che aderisce alla realtà.

da Venezia, Claudio Casazza

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