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Cinema e ambiente, un percorso didattico

Nonostante il tema della salvaguardia ecologica e le lotte per la difesa dell’ambiente non sembra trovino oggi particolari impulsi, nella scuola parlare di ecologia e di natura è davvero importante, oltreché sempre d’attualità. L’utilizzo di audiovisivi nella didattica trova qui uno dei suoi momenti più fortunati: accostare alle parole le immagini, in campo scientifico, è utilissimo e coinvolgente, rende immediata la comprensione di fenomeni e meraviglie della natura e avvicina i ragazzi alla scoperta dell’ambiente in cui viviamo.

Non a caso da tempo la scuola utilizza il documentario sulla natura come strumento didattico, e anche nei mass media le immagini sugli usi e i comportamenti degli animali o sul mondo delle piante trovano largo utilizzo, anche per l’esito davvero spettacolare offerto dall’obiettivo di un fotografo o di un cineasta che indaga nel mondo naturale.

Se in campo editoriale il pensiero va subito alle riviste del settore, come Airone, Oasis, Geo e National Geografic, in televisione spesso troviamo programmi naturalistici di qualità, che spesso ottengono grandi indici d’ascolto. Un percorso di avvicinamento ai temi ambientali non può prescindere quindi da un primo consiglio, che è quello di utilizzare in classe le riviste citate, ricche di fotografie e splendidi servizi dal tono divulgativo, pur se discretamente documentati sul piano scientifico; e di consigliare ai ragazzi di scegliere, tra i programmi televisivi, quelli che trasmettono filmati sulla natura e sull’ambiente, sviluppando poi il dibattito in classe.

Il meraviglioso spettacolo della natura, ovviamente, trova sul grande schermo la possibilità di maggior fascino e coinvolgimento, ragion per cui è sempre augurabile che durante l’anno ogni scuola trovi i mezzi e la voglia di organizzare qualche proiezione in una sala cinematografica, accordandosi con l’esercente. Instaurando una minima collaborazione tra diverse classi o scuole vicine, si abbattono i costi e si rende possibile un’esperienza in più, che per molti bambini sarà fondamentale. Soprattutto nei piccoli centri, infatti, le pellicole più interessanti e culturalmente qualificate non arrivano facilmente, a maggior ragione  se enti locali o associazioni non si danno da fare per rispondere a queste esigenze.

Cominceremo quindi a segnalare alcuni film, sia documentari che a soggetto, reperibili in qualche caso con copie a 35 mm. nei normali canali distributivi cinematografici. Spesso è possibile trovare il film anche in dvd, rivolgendosi ai numerosi negozi di videonoleggio oppure acquistando il dvd on line; in alcuni casi sarà indispensabile rivolgersi a negozi qualificati o mediateche allestite da organizzazioni ecologiste, associazioni culturali, enti pubblici.

Poiché abbiamo parlato di immagini spettacolari (che troverete anche in un film cui accenniamo di sfuggita perché assai conosciuto, La marcia dei pinguini, del francese Luc Jacquet), non possiamo non partire da un film veramente adatto a tutte le fasce di età, diciamo da 6 anni in poi: Microcosmos dei francesi Nuridsany e Pérennou è dedicato al mondo degli insetti, ripresi in primo piano con ricerche accurate durate tre anni e un montaggio efficace in grado di creare una sorta di suspense per il destino dei piccolissimi protagonisti, minacciati dalla pioggia o dal vento, anelli deboli nel ciclo della vita sempre in lotta per la sopravvivenza. Memorabile il volo al rallentatore della coccinella, il duello tra cervi volanti, il lavoro in apnea di un ragno che caccia nell’acqua.

Un altro esempio di come il documentario possa raccontare il mistero della vita e celebrare la biodiversità è il cortometraggio Anima Mundi di Godfrey Reggio e Philip Glass, che accosta specie animali diversissime, dai grandi mammiferi agli esseri unicellulari, ognuno indispensabile al mondo, perché parte di un tutto che è la vita nel suo eterno fluire. È un approccio quasi ‘filosofico’, che riprende l’idea costruttiva di un precedente, straordinario lungometraggio, adatto però a spettatori più grandi: Koyaanisqatsi. Questo film, il cui titolo è ripreso da una vecchia profezia degli indiani Hopi, accosta riprese girate in ogni parte del globo e musica elettronica in una ‘partitura per immagini’ di grande impatto visivo, denunciando lo scempio operato dall’uomo sugli equilibri naturali e lanciando un grido d’allarme sulle sorti del pianeta.

Va qui almeno fatto cenno che spesso la distinzione tra cinema documentario e cinema a soggetto è superata, oltreché fuorviante in alcuni casi, laddove ad esempio anche un film capostipite del genere, Nanook l’eschimese (1920) del grande documentarista Robert Flaherty, utilizza una vera e propria sceneggiatura per raccontare la vita di una famiglia esquimese; mentre per il famoso Uomo di Aran (1934), sempre di Flaherty, la realtà viene quasi ricostruita per l’obiettivo della cinepresa: il film infatti utilizza scenari originali e i veri abitanti delle isole al largo dell’Irlanda, ma la ricerca di narrazione e di effetti estetici oltreché documentaristici lo rende molto vicino ad un film di fiction.

L’utilizzo di espedienti narrativi e di una vera e propria messa in scena, peraltro, spesso non pregiudica affatto la credibilità ed il realismo ‘naturalistico’ di un film. Diciamo però che in questo caso l’intervento dell’insegnante può essere finalizzato anche a cogliere questi aspetti, che poi qualificano il lavoro di un autore. Nello ‘scarto’ esistente tra immagine reale e realtà ricostruita sta proprio il lavoro di lettura delle immagini e di educazione al linguaggio audiovisivo. Il cinema a soggetto, ovviamente, adotta molti ‘trucchi’ per coinvolgere l’attenzione dello spettatore, ma questo non è un male: anche con i più piccini è possibile parlare di questioni serie come la difesa dell’ambiente, purché si utilizzi lo stimolo appropriato.

Se le storie di Babar (il famoso elefantino portato sullo schermo da Alan Bounce) non hanno bisogno di presentazioni, un altro ottimo cartone animato, come Le avventure della piccola balena bianca (1984), diretto dal danese Jannik Hastrup, si rivolge alla fascia materne-primo ciclo elementari per raccontare quanti ostacoli devono affrontare pesci e cetacei per sopravvivere in un mare sempre più inquinato a causa dell’incuria umana.

Per bambini poco più grandi è invece un film di Jean Claude Lord, La ranocchietta e la balena (1988), dove la piccola protagonista (soprannominata ‘ranocchietta’) comunica con le creature del mondo sottomarino e soprattutto con i delfini, che arriveranno a salvarle la vita. Per i ragazzi dalle medie in su suggeriamo invece  la visione di La ragazza delle balene (2002), di Niki Caro, ambientato tra i maori, una coinvolgente fiaba moderna dove la giovane protagonista è decisa a rinnovare un’antica leggenda.

Dal Canada, che produce bei film per ragazzi, arriva invece Il cacciatore di sogni (1990) di Roger Cantin, che descrive le avventure di Simon alla ricerca di ciò che vede sempre in sogno: una terra dove la natura è ancora incontaminata, dove si sono rifugiate le specie animali minacciate dall’uomo.

Un approccio un po’ più impegnativo richiede invece una produzione Walt Disney che seppure datata 1983 non ha perso il suo fascino: in Mai gridare al lupo di Carroll Ballard, uno scienziato è alle prese coi lupi, accusati di sterminare i caribù, ma scoprirà che la verità è un’altra.

L’incredibile volo, ultimo film di Ballard (1997), nonostante sia passato pressoché inosservato quando è uscito sugli schermi, merita una citazione. Ispirato ad una storia vera, racconta della piccola Amy, che salvata una covata di uova di oca selvatica viene considerata dai piccoli nati come la loro mamma. Quando le oche crescono, e arriva il momento di migrare, sarà Amy insieme al padre, un bizzarro costruttore, che insegnerà agli animali la strada per il sud…

Con molti meno mezzi, e con tanta semplicità, un film africano presentato con successo in alcuni festival colpisce ed emoziona: si chiama Rabi, è firmato nel 1992 da Gaston Kaboré e racconta dell’amicizia tra un bimbo ed una tartaruga, sullo sfondo dell’inusuale paesaggio africano.

Per i ragazzi più grandi si può ripescare un ottimo film inglese, Local Hero  di Bill Forsyth, film a suo modo capostipite di una nuova consapevolezza ambientalista. Realizzato nel 1983, descrive la presa di coscienza di un giovane inviato da un magnate sulle coste scozzesi dove si vorrebbe costruire una raffineria. Affascinato dal paesaggio, il protagonista denuncerà gli interessi in gioco e si opporrà al progetto di distruzione dell’equilibrio ambientale.

Più recentemente è John Travolta, nei panni di un avvocato d’assalto, che indaga sull’inquinamento operato da un industria ai danni di un fiume: il film, A civil action (1998), coerente ed efficace nel descrivere le difficoltà della giustizia di fronte agli abusi, è da raccomandare per gli studenti delle scuole superiori.

Sempre di genere processuale, ai ragazzi più grandi si può proporre un film particolare e ricco di stimoli, non solo ambientalisti, ma anche antropologici: Dove sognano le formiche verdi (1984) di Werner Herzog, si schiera decisamente dalla parte degli aborigeni australiani, che perderanno la loro battaglia contro gli interessi delle compagnie minerarie. Contro una sempre più cieca tecnologia, un mondo misterioso con i suoi totem e i suoi sogni diventa specchio del potere troppo distruttivo del progresso.

Non abbiamo ancora accennato ad un filone che in passato ha più volte ispirato il cinema, quello catastrofico, legato soprattutto all’incubo nucleare. Citiamo, tra gli altri, almeno Sindrome cinese (1979) di James Bridges e The day after (1983) di Nicholas Meyer, entrambi di buon successo commerciale, meritevoli per essere riusciti a sensibilizzare l’opinione pubblica mondiale su una questione tutt’altro che risolta, che è quella della messa al bando definitiva delle armi atomiche e dell’utilizzo di fonti di energia compatibili con l’ambiente. Anche un cartone animato, dedicato ai ragazzi, accostò l’argomento: si tratta di Quando soffia il vento (1987) di Jimmy T. Murakami, apologo inquietante sulle conseguenze provocate da una guerra atomica in una tranquilla famiglia della campagna inglese.

Documentari assai pregevoli avvicinano al mondo della scienza, con differenti percorsi naturalistici o antropologici. Il taglio è sempre molto spettacolare, cosa che segna anche il limite di questi prodotti, in alcuni casi troppo improntati ad immagini che lasciano a bocca aperta ma che non trovano sempre la capacità, o il coraggio, di indagare nelle contraddizioni aperte dall’azione umana sugli equilibri naturali del pianeta. Sull’un vecchio numero della rivista La nuova ecologia troviamo un ottimo servizio sui film a tematica ambientale degli ultimi anni, da Erin Brockovic  a Una scomoda verità, da  Biutiful cauntri  fino a Gomorra, mentre per chi vuole approfondire l’argomento rimandiamo ai programmi dei numerosi festival dedicati all’ambiente, fonti inesauribili di informazioni.

Giulio Rossini

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