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Cinema Ritrovato 34: Ferreri, Keaton e Germi

DAY 2 – 26 AGOSTO 2020

Pare quasi innaturale rivedere i turisti tra le strade di Bologna. Francesi, Tedeschi e Spagnoli anche quest’anno si radunano qui in occasione del festival del Cinema Ritrovato.
Questa mattina arranco con la sveglia, la sera prima ho fatto più tardi del previsto. Non riesco a vedere Frank Tuttle alle 9:00, quindi passo direttamente a Meghe Dhaka Tara (La stella nascosta, 1960) di Ritwik Gathak.  Ambientato nel post partizione delle terre dell’India, si tratta di un melodramma esistenziale indiano che si fa porta voce del dolore e della fatica che affligge una famiglia di rifugiati che in seguito alla divisione del Bengala vive in una baraccopoli vicino Calcutta, sopravvivendo grazie ai guadagni della figlia più grande, Neeta. La colonna sonora è disseminata di canti agomani, forme musicali della tradizione bengalese, nei quali traspare la speranza per una vita migliore. Molte sono le domande che mi ronzano in testa durante la visione del film. Cosa ci faccio qui? Cosa mi aspetta nel mio futuro? Perché c’è tanta sofferenza al mondo? Un alone d’incertezza mi mette in ginocchio. Riflettere, il cinema serve anche a questo dopo tutto…
Terminato il pranzo mi sposto dall’altra parte della città, al Cinema Odeon, per l’inaugurazione della retrospettiva dedicata al controverso registra Marco Ferreri.  I suoi film hanno messo a nudo le debolezze e contraddizioni dell’uomo e della donna italiana nella società post boom economico. In L’Infedeltà coniugaleMarcia Nuziale viene mostrata una borghesia annoiata e profondamente in crisi che si confronta con l’altro sesso e le sfide della vita coniugale.
Alle 19:00, in Piazzetta Pasolini, tavola rotonda con Gian Luca Farinelli, Lionello Cerri (Cinema Anteo, Milano), Caroline Grimault (Cinema Katorza, Nantes), Frank Groot (KINO Rotterdam), Élise Mignot (Cinema Le Café des Images, Hérouville-Saint-Clair) per discutere delle prospettive e strategie di riapertura dei cinema in Europa. Nonostante la chiusura forzata degli scorsi mesi e il lento rilancio delle proiezioni, la speranza comune è il ritorno a una stagione quasi normale dopo il festival di Venezia. “L’essere qui oggi è già un segnale di speranza”, sottolinea Frank. Molti sono i quesiti emersi dalla discussione. In particolare, Lionello del Cinema Anteo si interroga su quale sarà il valore del cinema spogliato del prodotto (film nuovi) e della dimensione sociale. La conclusione è unisona: “La sala è un patrimonio europeo e come tale va preservato insieme.”
La giornata si chiude con la proiezione in Piazza Maggiore di uno trai i più importanti film di Buster Keaton, The General, accompagnato dalle musiche composte e dirette da Timothy Brock ed eseguite dal vivo dell’Orchestra del Teatro Comunale di Bologna. Epopea comica, rientra tra le più grandi produzioni dell’epoca: Keaton decise di costruire copie fedeli delle locomotive della Guerra civile, fece confezionare quattromila uniformi militari e si mise a caccia di foreste vergini. Non c’è regista meglio di Keaton, a cui piaceva creare chaos sul set e sconvolgere i piani di produzione, per descrivere il momento storico che stiamo tutti vivendo…

DAY 3 – 27 AGOSTO 2020

Giornata ridotta oggi. Ho deciso di prendermi un piccolo break al mattino e alla sera per riflettere su quanto ho visto gli scorsi giorni e far riposare gli occhi. In ogni caso, al pomeriggio mi aspettano tre proiezioni.
Proseguo il ciclo Ferreri con La donna scimmia (1964), film visionario che, sulla falsa riga del futuro Elephant man (1980) di Lynch, mostra con crudezza una società ipocrita e spietata in cui il “diverso” non puo’ avere un posto se non nell’angolo dei fenomeni da baraccone e degli indifesi. Emblematica a tal senso la frase di Maria, la donna scimmia protagonista della pellicola: “Io non sono un fenomeno, sono una donna!”. Il film è per l’occasione presentato con i tre finali con cui è stato distribuito: la versione censurata, in cui si perde il significato della storia; l’originale e più amaro pensato da Ferreri e la versione per l’estero dai risvolti positivi e perbenisti.
Ancora pieno di interrogativi dopo la visione del film, tento di cambiare genere con la visione del documentario SEPA: Nuestro Señor de los milagros. Il titolo si riferisce al nome di una colonia penale a cielo aperto creata nel 1951 dal Governo peruviano nell’intento di colonizzare i territori amazzonici promuovendo pratiche agricole tra i detenuti su una superficie di 37.000 ettari nelle giungle del Perù centrale. Il documentario del 1987, diretto da Walter Saxer, è l’unica testimonianza su questa colonia penale sperimentale, un luogo dove non era mai entrata una macchina da presa e del quale si è raramente scritto. La testimonianza preziosa del regista ci mostra un sistema carcerario alternativo alle prigioni chiuse e sovraffollate della capitale Lima: a Sepa la gente vive in pace, ognuno con un proprio riparo e una routine quotidiana a cielo aperto, in attesa della propria scarcerazione. Tra utopia e realtà, Sepa si dimostra una validà proposta per risolvere il sovraffollamento delle carceri e mettere in atto una rieducazione reale ed efficace del carcerato.
Mi precipito al Teatro Manzoni per la visione di un capolavoro della commedia all’italiana, Sedotta e abbandonata di Pietro Germi.  Il film rientra tra quelli concessi da Venezia Classici al festival e racconta la storia della 16enne Agnese (Stefania Sandrelli) sedotta dal promesso sposo di sua sorella maggiore, Matilde. Quando si accorge dell’accaduto, il padre, Don Vincenzo, tenta di imporre a Peppino Califano le nozze riparatrici, anche a costo della vita e della felicità della povera Matilde. Rimango incantato dall’incredibile bianco e nero contrastato, associato dalla critica alle pitture di Goya, in cui il nero indossato dalle donne della famiglia Ascalone si scontra col bianco accecante del sole siciliano.  Meravigliosa poi la giovanissima Sandrelli, lodata dalla critica francese come la nuova rivale di Sofia Loren e Gina Lollobrigida. La narrazione è sprizzante e innovativa: il tono da commedia è sostenuto dal carattere grottesco dei personaggi, registicamente evidenziato da forti grandangoli, mentre la scintilla della tragedia è sempre pronta a scoccare per l’assurda difesa dell'” Onore e della famiglia” promosso da Don Vincenzo. Questo film è la testimonianza forte di come sia possibile un connubio perfetto tra cinema autoriale e pellicola popolare…

Da Bologna, Samuele P. Perrotta
Foto di copertina dell’autore

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