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Torino Film Festival 36: sguardi in retrospettiva

tffSi è conclusa la 36° edizione del TFF e Torino si conferma indubbiamente capitale Italiana del cinema, il luogo di incontro perfetto tra la bellezza riservata della Mole Antonelliana e il panorama cinematografico internazionale più ricercato.
L’atmosfera che si respira durante i giorni del festival è un’atmosfera magica, fatta di code interminabili davanti alle sale del Cinema Massimo e del Cinema Reposi, sale gremite e la silhouette di Rita Hayworth che elegantemente ha colorato le vie delle città – ed è proprio alla grande diva del ventunesimo secolo che il TFF ha dedicato l’immagine dell’edizione 2018, in onore del centenario della nascita.
Un programma, quello del 36° TFF, ricchissimo di lavori provenienti da tutto il mondo, con prime mondiali degne di nota e produzioni indipendenti estremamente interessanti; la percezione è che Torino si sia conquistata negli anni l’attenzione di registi, attori e spettatori più attenti e interessati alle nuove frontiere cinematografiche, quelle esplorate con occhi nuovi, pronti a farsi stupire da nuovi linguaggi.
In questo clima seducente la scelta dei film visti non è stata da meno, assolutamente in linea con la voglia di farsi stupire da storie nuove, raccontate da registi che orgogliosamente prendono le distanze dai clichè dei blockbusters. Ritorniamo su tre film.

Mandy. Il secondo lungometraggio thriller-horror di Panos Cosmatos è un viaggio psichedelico già cult che va oltre ogni aspettativa, logica e raziocinio e tutto quello che avete sentito di assurdo in merito mettetelo da parte e preparatevi a farvi stupire. Andrea Riseborough – Mandy – e cageNicolas Cage (sì Nicolas Cage) – Red – vivono isolati e immersi in una foresta fuori tempo e luogo, infestata da inquietanti creature demoniache; tra le visioni mistiche di Mandy e la costante percezione che qualche cosa di terribile stia per accadere da un momento all’altro, la tensione va crescendo fino a quando entra in gioco una setta di fanatici di Gesù, un po’ hippy, un po’ strafatti e anche un po’ sadici. Il cupo idillio va a fuoco, letteralmente a fuoco, e ci si ritrova con il Nicolas Cage più trash mai visto sullo schermo, che mette in atto una vendetta di una violenza che va oltre lo splatter. In Mandy si ha la perenne sensazione di essere immersi in un viaggio allucinogeno nel quale occultismo, spiritualismo, rabbia, violenza e sangue si amalgamano senza alcun senso. L’opera, a livello narrativo, risulta spaccata in due: la prima densa di percezioni, tensioni e sguardi inquieti e la seconda dirompente, dissacrante, un revenge movie a tutti gli effetti. O lo si ama, o lo si odia e alla prima al Cinema Massimo non sono mancate grasse risate ed applausi sentiti.
Per quanto mi riguarda già l’apertura con Starless dei King Crimson prometteva più che bene. Presentato al Sundance Film Festival 2018, arriverà nelle sale italiane nel 2019.

Atlas  – ovvero l’antieroe degli ultimi di David Nawrath (Germania, 2018). In una fredda e cupa Germania, Walter si occupa di sgomberi per una società di recupero crediti che ha in ballo affari poco leciti, tutto fila più o meno liscio, fino a quando ad aprire la porta c’è un passato doloroso che rievoca nel protagonista una fase non facile della sua vita.
L’opera prima di David Nawrath si tinge di atmosfere noir e lo sviluppo narrativo da introspettivo e silenzioso diventa vendicativo e dirompente, una violenza tacita e di forte impatto emotivo. A Torino, questo sguardo sullo spaccato controverso di una Germania degli ultimi è piaciuto molto, conquistando il Premio Cipputi e assicurando a Rainer Bock il premio per miglior attore.

roszzRossz Versek – Bad Poems. Questa non è una storia d’amore. Il film di Gabor Reisz (Ungheria, 2018) si aggiudica la Menzione speciale della giuria. E se venissi lasciato da un momento all’altro da colei che pensavi potesse essere la donna della tua vita, tu come la prenderesti? Tamas bene, tranquillo. Ma, in fin dei conti, cosa c’è di nuovo nel raccontare una delusione d’amore che mette in crisi tutte le scelte prese fino a quel momento? Potenzialmente nulla, eppure Gabor Reisz è riuscito a disegnare i fallimenti di un giovane trentenne in chiave ironica, mai scontata, sfiorando la tragicommedia più genuina. L’opera seconda del regista ungherese ha conquistato Torino ancora una volta, lasciando commuovere il pubblico e convincendo anche la giuria.

 da Torino, Tatiana Tascione

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