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Figli

Essere genitori oggi correndo a ritmi forsennati, con lo spettro della crisi economica che incombe, lugubre.
Sara (Paola Cortellesi) e Nicola (Valerio Mastandrea) sono felicemente sposati, hanno una figlia di sei anni di cui si occupano amorevolmente. Sara lavora per l’Asl ed effettua controlli nelle cucine dei ristoranti; Nicola ha una gastronomia. Tutto fila liscio fino a quando non arriva Pietro, il secondo figlio, a scombinare il ménage. Le notti insonni, la difficile divisione dei compiti tra marito e moglie, le attenzioni richieste dalla figlia maggiore, l’egoismo dei nonni, mettono in crisi la coppia. Si moltiplicano le incomprensioni, i litigi diventano la norma, l’armonia un ricordo, e fuori dalle mura domestiche si moltiplicano i miraggi. Una babysitter sembrerà mettere ordine al caos, ma ritrovare l’equilibrio e la sintonia si rivelerà impresa faticosa.

C’è tanto in Figli della capacità dello sceneggiatore Mattia Torre (autore del monologo I figli ti invecchiano a cui il film si ispira), scomparso l’estate scorsa, di affrontare temi seri con arguzia e ironia nella migliore tradizione della commedia italiana, quella che divertiva a due passi dal baratro della tragedia, quella che a fine film ti accompagnava fuori dalla sala con un po’ di amarezza. Giuseppe Bonito, al secondo lungometraggio dopo il positivo esordio con Pulce non c’è, coglie lo spirito dello script di Torre e con una buona regia asseconda trovate gustose e surreali: lo spazio bianco in cui posiziona le diverse tipologie di famiglie, stereotipi nazionalpopolari; la finestra come fuori campo in cui lanciarsi per sfuggire alle tensioni domestiche; oppure le incursioni in spazi laterali al limite del grottesco, come la campagna in cui il padre di Nicola vorrebbe riprogettare la sua vita come se avesse trent’anni, o lo studio aristocratico di una pediatra che fa pagare a peso d’oro consigli che avrebbe dato una qualsiasi madre.

Genitori. Ecco un nodo interessante nella trama del film. I genitori dei genitori che scelgono di non rinunciare a essere nonni, rispedendo al mittente ogni richiesta dei figli, evidenziando una frattura che segna l’impossibilità dell’accompagnamento o della trasmissione di saperi che un tempo faceva la differenza. Dunque, non ci troviamo solo di fronte ad una riflessione sulla difficoltà di mettere al mondo i figli oggi, perché parallelamente il film si (e ci) domanda quanto i genitori moderni non possano prescindere dall’essere ancora figli, di esigere dunque un affiancamento che li risarcisca degli effetti di una crisi di cui i responsabili diretti (o indiretti) sono proprio i genitori (nonni). Diverte fino a un certo punto un uomo di settant’anni che pensa a una nuova paternità, invece di guardare con amore i nipoti; e diverte fino a un certo punto lo scambio rocambolesco di battute tra Sara e sua madre, che si rinfacciano colpe (“ci avete rubato il futuro”) fino alla frase che ha il peso di una pietra tombale: “morite!”.

C’è davvero poco da ridere in questo Figli, anche quando le battute sono azzeccate, anche quando la trovata è geniale, come può essere il pianto sostituito dalla Patetica di Beethoven. Le espressioni nei volti di Mastandrea e Cortellesi (bravi, ma non è una novità) interrogano lo spettatore su quanto di comico ci possa essere nella routine, ma pure su quanto di tragico ci possa essere nel tempo che corre, veloce, accelerato da un figlio, da due figli, da tre. La rinegoziazione con il proprio tempo è il fulcro del racconto di Bonito e Torre, tutto intorno un movimento centripeto di accidenti in cui lo spettatore scivola, rimanendone risucchiato. Dopodiché non rimane che chiedersi quanto assomigliamo alle famiglie che in primo piano o sullo sfondo si muovono tra caos e armonia.

Alessandro Leone

Figli

Regia: Giuseppe Bonito. Sceneggiatura: Mattia Torre. Fotografia: Roberto Forza. Montaggio: Giogiò Franchini. Musiche: Giuliano Taviani, Carmelo Travia. Interpreti: Valerio Mastandrea, Paola Cortellesi, Stefano Fresi, Valerio Aprea, Paolo Calabresi, Andrea Sartoretti, Massimo De Lorenzo. Origine: Italia, 2020. Durata: 97′.

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