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Go with me

gowithmeCi si chiede perché attori come Anthony Hopkins e Ray Liotta siano finiti in una produzione del genere. Go with me è un film che vuole essere un western travestito da thriller che però non sta in piedi. Ci si chiede anche perché affidare la regia a Daniel Alfredson, il regista svedese reso famoso da Milllenium (è sua la regia del secondo e terzo film della trilogia: La ragazza che giocava con il fuoco e La regina dei castelli di carta). E ci si chiede anche per quale motivo un film del genere è meritevole di un’uscita nelle sale mentre film notevolissimi sono relegati nell’oscurità. Misteri.
Lillian (Julia Stiles), una giovane donna da poco tornata a vivere nella sua città natale, una comunità di taglialegna ai limiti della foresta, è vittima delle persecuzioni di Blackway (Ray Liotta), un ex poliziotto diventato un potente criminale, libero di spadroneggiare impunemente in questo luogo ai confini della civiltà. Dopo essere stata abbandonata dagli abitanti, in particolare dallo sceriffo (che le consiglia di lasciare la città), Lillian decide invece di combattere il pericoloso stalker, grazie all’aiuto di un ex taglialegna (Anthony Hopkins) e del suo giovane assistente, gli unici due uomini tanto coraggiosi (e folli) da mettersi contro Blackway.
Go With Me è film che una volta sarebbe stato definito un B movie, un western di serie B, quelli coi tagli con l’accetta, coi personaggi che hanno un unico scopo e non si sa da dove vengono, senza fronzoli e poche speranze. Uno di quei film con i buoni contro i cattivi dentro un territorio che si erge a protagonista. Qua non ci sono indiani ed esercito, ma un terzetto eterogeneo contro un gangster cattivo. Non ci sono mai situazioni concilianti e, come nei western, c’è un momento di non ritorno in cui i personaggi non possono più tornare indietro.


Sono tutti elementi che potrebbero fare un buon film, ma invece Go With Me è pieno di passi falsi, lo stile di Alfredson è fin troppo controllato e riempe il film di questi paesaggi da west moderno, lugubri e umidi, quasi come a compensare una mancanza. Questa atmosfera di oscurità totale sembra affossare i nostri eroi, sono come sprofondati in questo ambiente da cui non riescono a emergere, non li vediamo, sono quasi trasparenti e in un film del genere lo spessore dei protagonisti è fondamentale. Invece ci troviamo con tre personaggi a cui non crediamo mai, sono un terzetto mal assortito senza un minimo di empatia, e anche il cattivo Liotta è banale e quasi insensato (già il nome Blackway prelude banalità), ripete sempre gli stessi gesti come un robot della cattiveria cinematografica. E anche la poca azione del film è come buttata via, quasi una fiammata (finale) che poi non diventa mai incendio. Un’occasione persa.

Claudio Casazza

Go with Me

Regia: Daniel Alfredson. Sceneggiatura: Gregory Jacobs, Joe Gangemi. Fotografia: Rasmus Videbaek. Montaggio: Hàkan Karlsson. Interpreti: Anthony Hopkins, Julia Stiles, Ray Liotta, Alexander Ludwig, Hal Holbroock. Origine: USA/Canada/Svezia, 2015. Durata: 90′.

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