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Godzilla

godzilla locaGareth Edwards è un regista britannico salito alla ribalta per un geniale film del 2010 intitolato Monsters. Si trattava di una sorta di pellicola fantascientifica, ambientata in una contemporaneità post-apocalittica, in cui gigantesche creature di forma polipesca si aggiravano per buona parte del Messico distruggendo tutto ciò che trovavano sul loro cammino. Ecco, questa seconda versione occidentale di Godzilla (la prima è quella di Roland Emmerich, del 1998) ricalca il copione del precedente lavoro di Edwards, privandolo però dell’armonia del paesaggio, della riflessione sul rapporto tra uomo e natura, delle digressioni poetiche, insomma dei momenti lirici che lo avevano reso un piccolo gioiello della sci-fi low-budget. In compenso produce Hollywood e il divertimento tamarro, sboccato e forse persino irriverente è assicurato. Il modello è puntualmente quello di una storia corale formato Emmerich, personaggi scolpiti con l’accetta che interagiscono in un brulicante universo internazionale che si dipana dal Giappone alla ridente costa californiana, e in cui la popolazione si divide in due grandi categorie umane: i disgraziati che finiscono triturati dalle zampe del pachiderma di turno e quelli che invece hanno abbastanza fegato per affrontarlo e uscirne con le ossa al loro posto. Tra questi spicca l’eroe americano per eccellenza, il giovane tenente Ford (Aaron Taylor-Johnson), reduce di guerra, sposato con Elizabeth Olsen, che non vede l’ora di imbarcarsi in straordinarie avventure a base di mostri partoriti da un’antichissima epoca preistorica.godzilla 7

I motivi sono in buona sostanza psicoanalitici: la madre di Ford (Juliette Binoche) è morta anni prima in una centrale nucleare giapponese abbattuta da una presunta scossa sismica, mentre il padre (Bryan Cranston) si è trasformato in una sorta di guru della controinformazione, ossessionato dall’idea che il governo nipponico abbia recintato l’area appestata dalle radiazioni per nascondere qualcosa di molto “ingombrante”. Lo scenario alla base di tutto ciò è in realtà molto confuso, perché ci sono delle spore di antichi rettili dimenticate nel sottosuolo che all’improvviso si dischiudono partorendo tre mostri brutti e pestilenziali: uno è appunto Godzilla, l’altro è un molosso con le ali e le zampe da insetto e l’ultimo della combriccola è una specie di scimpanzé dal sedere largo e il ventre carico di uova. Da dove siano sbucati con precisione e per quale ragione non si capisce, ma chi scrive è d’altronde sicuro che ogni appassionato di Superquark troverà pane per i suoi denti e saprà sbrogliare da sé la matassa. Poi arrivano gli eserciti di mezzo mondo, succede un gran casino, ci stanno pure gli Tsunami e forse Godzilla non è così cattivo come sembra.

godzilla 8Il film di Garreth Edwards non lesina in sontuosi effetti speciali, trovate immaginifiche assemblate dal baule delle meraviglie dello zio Sam, preziosismi pacchiani, insistiti e baroccheggianti che hanno reso l’America all’avanguardia nel campo della manipolazione digitale ormai dai tardi anni novanta. C’è qualcosa di nuovo in tutto ciò? Assolutamente no, tanto che gli ultimi film della serie, versione firmata Emmerich e questa del bravo regista britannico, si potrebbero leggere come i due volti della stessa medaglia, due interpretazioni gemellari, per non dire sinottiche, sul modo in cui Hollywood tenta di stupire con delle trovate che non hanno (più) niente di nuovo. Detto in altri termini, come garantire il massimo realismo effettistico nel momento in cui il massimo realismo è già stato raggiunto? Edwards e il suo team di incantatori ce la mettono tutta, ma non c’è la struggente bellezza di Monsters, la piacevolezza della semplicità, la gradevolezza di una pellicola “acqua e sapone” che colpisce proprio per la sua essenzialità. D’accordo, il nostro la butta sul filosofico, utilizzando Godzilla come elemento di riequilibrio in una spregiudicata lotta tra mostri, ma il finale sa di posticcio e francamente delle spiegazioni esistenziali tirate per i piedi non frega niente a nessuno.godzilla 3

I grattacieli crollano, i mostri se le danno di santa ragione, è tutto un tripudio di bombe, missili e proiettili e scenari di distruzione di massa: Godzilla si esaurisce in questo, nella polluzione gratuita di scenografie, location e ambientazioni, e in un onanismo visivo fine a se stesso che comunque qualche momento di tensione riesce anche a comunicarlo (merito soprattutto delle musiche di Alexandre Desplat. Se non è Beltrami… ormai i blockbuster in salsa action si contendono esclusivamente questi due). Per chi è di gusto molto liberal, Godzilla è una golosissima prelibatezza, ma nemmeno i boccaloni più oltranzisti sarebbero disposti a spendere più di tre euro per un film del genere. Sapete che il vocabolo giapponese per Godzilla, Gojira, deriva da una contrazione fra il termine occidentale gorilla e quello nipponico kujira, balena? Questo gioco di parole veniva utilizzato all’interno della Toho, la casa di produzione della serie originale, per farsi beffe di un dipendente particolarmente corpulento. Quando il film americano Il risveglio del dinosauro (1953) riscosse un certo successo nel paese del Sol Levante, Tomoyuki Tanaka colse la palla al balzo e decise di produrre la sua personale versione della creatura preistorica, chiamandola proprio con questo sulfureo calembour.

Marco Marchetti

Godzilla

Regia: Gareth Edwards. Sceneggiatura: Max Borenstein, Dave Callaham. Fotografia: Seamus McGarvey. Montaggio: Bob Ducsay. Musica: Alexandre Desplat. Interpreti: Aaron Taylor-Johnson, Bryan Cranston, Juliette Binoche, Elizabeth Olsen, Ken Watanabe. Origine: USA, 2014. Durata: 123′.

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