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Kim: il cinema della post-modernità

moebiusIl cinema dell’autore coreano Kim Ki-duk si inserisce come un frammento tagliente nel panorama occidentale, non solo per l’accoglienza che gli è da sempre riservata, ma anche per la sua identificazione con figure e immagini che a quel panorama si avvicinano. I personaggi di Kim hanno il più delle volte l’aspetto di pazzi occidentali, divorati da pulsioni interiori che non riescono a mediare, se non a prezzo di un’illusione. Nevrotici, vendicativi, violenti e perseguitati dal bisogno di appagamento, spinti da un’inerzia spaventosa, vivono a pieno la crisi del proprio animo credendo, in questo modo, di avere accesso ad una possibilità di salvezza. In Moebius, ultimo film del regista, la malattia mortale dei protagonisti è la loro incapacità di sottomettersi alla morale convenzionale. Tenuti sotto scacco dalla voragine oscura delle loro perversioni, innescano uno straziante susseguirsi di comportamenti irrazionali e al limite della stravaganza, in cui il corpo malato, privato del tutto della parola, è l’unico linguaggio possibile.
Un uomo tradisce la moglie e la donna, accecata dalla gelosia e dall’odio, decide di vendicarsi tentando di evirarlo, non riuscendoci si avventa sul figlio adolescente che rimane privo del membro e della sua virilità in pieno sviluppo. Travolta dal senso di colpa fugge via abbandonando il marito pentito ed il ragazzo mutilato. Il padre, che ha preso coscienza delle Moebius2sue colpe, si infligge la stessa pena toccata in sorte al figlio e tenta in tutti i modi di ridargli una vita da “vero uomo ” riuscendo a scovare i rimedi più bizzarri fino all’ultimo risultato medico, il trapianto del fallo. La madre ritorna ed il figlio, incapace di desiderare sessualmente la donna di cui è innamorato (l’ex amante del padre), prova attrazione per chi lo ha partorito e raggiunge l’orgasmo solo se toccato dalla calda mano nutrice. L’epilogo tragico ricompone lo scellerato quadretto familiare.
Se oggi a dominare è la forte spinta razionalistica e conformista, che priva l’uomo della sua naturale bestialità e lo incatena alla vita controllandolo e manipolandolo, allora il cinema di Kim è un appello a liberare la forza spregiudicata dei nostri istinti svincolandoli dall’anonimato. Essere in grado di decifrarli ci aiuterà a non caderne vittime. Siamo nati nel desiderio e ci riproduciamo in esso (lo afferma costantemente Almodovar), siamo uniti così in un tutt’uno, queste le parole dello stesso regista che prende ad esempio il nastro di Möebius per mostrarci come sia impossibile oggettivare e atomizzare l’esistenza: siamo al contempo tutto ciò che proviamo e questa suona come una verità ineludibile.

Jenny Rosmini

Moebius

Regia: Kim Ki-duk. Sceneggiatura: Kim Ki-duk. Fotografia: Kim-Ki-duk. Montaggio: Kim Ki-duk. Musiche: Park In-young. Interpreti: Cho Jae-hyun, Seo Young-ju, Lee Eun-woo. Origine: Corea del Sud, 2013. Durata: 90′.

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