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La Bella e la Bestia

La storia ormai la conosciamo fin troppo bene. Un ricco mercante perde tutte le sue ricchezze in mare ed è costretto a trasferirsi fuori città con le sue tre figlie femmine ed i suoi tre figli maschi per evitare i pettegolezzi della buona società. Quando però una delle sue navi viene ritrovata, il mercante si reca fiducioso a riscattare i beni rimasti e, in preda ad un prematuro entusiasmo, promette alle sue figlie di portar loro qualsiasi cosa vogliano. Le prime due chiedono vestiti, profumi e gioielli, mentre la giovane e candida Belle sceglie come dono una semplice rosa. Ma il povero mercante scopre ben presto di non poter riavere i suoi beni e, tornando a casa, si perde nella foresta. Tutto sembra perduto, quando all’improvviso lea-seydoux-La bella e la bestial’uomo si trova in un castello ricolmo di ogni ricchezza e tutto fa pensare che il mercante possa appropriarsene. Soddisfatto e grato l’anziano si rimette in marcia verso casa, ma uscendo vede una bellissima rosa e la coglie per mantenere la promessa fatta a Belle. Subito appare un’orrenda bestia che, offesa dall’ingordigia del mercante, gli chiede la vita. Belle deciderà di sacrificarsi al posto del padre e di diventare prigioniera della bestia.

Cristoph Gans sceglie di tratteggiare il suo film seguendo la celebre fiaba pubblicata nel 1756 da Madame Beaumont, pur dichiarando di aver voluto rendere omaggio anche alle versioni più antiche della vicenda (che risalgono ai tempi di Ovidio ed Apuleio). Eppure l’autore si perde in un forsennato inserimento di citazioni cinematografiche, tratte dalle versioni precedenti della storia. Su tutte il regista sembra voler omaggiare il meraviglioso film del 1946 di Cocteau, quasi a volerne fare un remake ai tempi del digitale. Ma la magia di un pensiero che si fa idea, quella che porta gli spettatori ad innamorarsi di un film al di là del tempo e dello spazio, a Gans non riesce. Un po’ come se si cercasse di impastare il pane senza usare l’acqua, mille granelli di farina si mescolano, mille elementi narrativi fanno capolino e poi scompaiono senza farsi materia unitaria. Che ce ne facciamo di due sorellastre egoiste ben delineate, se poi non tirano nessun filo dell’intreccio? A che serve conoscere il percorso che ha portato il principe alla maledizione, se poi non impariamo nulla dalla sua esperienza? Gans, citando tutti, sembra non voler scegliere quale interpretazione sposare ed il film ne perde di lucidità.
Insomma, nonostante la bellezza lunare di una Lea Seydoux e di un Vincent Cassel in forma, il film scorre senza emozionare. Il percorso dell’opera non offre sorprese ed alcune trovate narrative decisamente demodée svelano troppo presto il finale. Siamo lontani dagli orrori con cui Hollywood ha ultimamente “violentato” le favole classiche negli ultimi anni, ma non siamo nemmeno vicini al cinema d’arte europeo a cui l’autore guardava.

Giulia Colella

La Bella e la Bestia

Sceneggiatura e regia: Cristoph Gans. Fotografia: Christophe Beaucarne. Montaggio: Sébastien Prangère. Interpreti: Lea Seydoux, Vincent Cassel, Eduardo Noriega, André Dussollier. Origine: Francia, 2014. Durata: 110′.

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