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La legge della notte

legge_notteLa legge della notte è la quarta regia di Ben Affleck, dopo il felice esordio con Gone Baby Gone, seguito dal caustico The Town e dal solido Argo, premiato con tre Oscar (tra cui miglior film). A monte c’è il romanzo di Dennis Lehane – già ispiratore di Eastwood (Mystic River) e Scorsese (Shutter Island) -, una storia di gangster, di controllo delle vie aurifere dell’alcol in pieno proibizionismo, di clan che si fanno la guerra da Boston al quartiere latino di Tampa, in Florida, e che fanno affari con i cubani.
Su questo sfondo si muove Joe Coughlin (Ben Affleck), irlandese fino al midollo, piccolo fuorilegge figlio del capo della polizia di Boston (Brendan Gleeson), che si permette il lusso con tre complici di svaligiare banche e locali, calpestando i piedi ai pezzi grossi. Non solo, di uno di questi pezzi grossi si porta a letto la donna, Emma, interpretata con legge-della-nottedisinvoltura da Sienna Miller, molto femme fatale dannata e ovviamente cinica. Basta per una condanna a morte che non si compie per puro gioco del destino, per cui lui si salva per un pelo e lei muore anche se il corpo non viene ritrovato. Ci pensa poi il padre, intervenuto come deus ex-machina a sottrarlo alle grinfie del boss, a mitigare la pena carceraria. Inevitabilmente, per Joe non rimane che ingaggiare una sfida che sa di vendetta, andando a lavorare al soldo di un padrino italoamericano con destinazione Tampa. E’ qui che inizia la sua scalata, che conosce la cubana Graciella (Zoe Saldana), che si allea al capo della polizia locale, ma si fa anche diversi nemici, primi tra tutti gli affiliati al Ku Klux Klan, che non vedono bene il suo imparentamento con i negri di Cuba.
C’è tanta carne al fuoco, come si capisce, in questo film, che a dirla tutta non mantiene le promesse di una regia ispirata. Non tanto perché Affleck ellesi dimentichi come muovere la macchina da presa, ma perché tanto in fase di scrittura (e ci domandiamo perché non si sia fatto coadiuvare), che nella messa in scena, l’autore/attore scivola su una serie di cliché che a tratti si fanno indigeribili. Faccia d’angelo da buon cattivello, Affleck toppa prima di tutto l’attore protagonista (lui stesso), perché quel volto patinato, un po’ tirato, dove non una goccia di sudore pare minacciare lo strato di cipria, stride fragorosamente. Non che ci aspettassimo Bogart o Mitchum, e nemmeno De Niro prima maniera o Keitel, ma questo Joe manca di sentimento, si sforza di essere sfacciato, gioca la parte del duro tessitore di trame, ma ogni fraseggio (vocale o di sguardi) deprime il personaggio. E ci si chiede subito come nessuno gli pianti una pallottola in fronte a questo bad guy di periferia figlio di papà (poliziotto).
Non mancano momenti godibili di cinema (di genere), come la sparatoria “depalmiana” nel prefinale, ma il nocciolo tematico, ovvero la doppiezza dell’eroe/antieroe, la persistenza di due nature contrapposte in Joe – reduce “sconfitto dentro” dalla prima guerra mondiale, che si rifiuta di uccidere ma che dovrà invece capitolare e farne fuori tanti – non emerge se non in superficie, sbiascicato in sciatte battute di dialogo; intenso solo di fronte al più riuscito personaggio del film, secondario eppure indispensabile: Loretta Figgis (Elle Fanning), la figlia del commissario di Tampa che sognava Hollywood e finisce tossica, un corpo violato all’inferno e che rinasce per diventare – prima di un suicidio che dice più di quanto non emerga (giustamente) – angelo di Dio, predicatrice contro gli interessi di Joe, ma a cui Joe non può torcere un capello.


Ed è un peccato, visto il testo di partenza in quella doppiezza affonda, come impone del resto il genere letterario, che vive su energici contrasti chiaroscurali. Joe ha poco di quell’esistenzialismo che ha acceso e bruciato il noir, tradito e condannato gli aspiranti gangster e chi la legge avrebbe dovuto tutelarla. Ma questa è storia del cinema e di film lontana sette decenni, rimpastata poi dalla Nuova Hollywood e da Sergio Leone. Un’altra storia appunto.

Alessandro Leone

La legge della notte

Sceneggiatura e regia: Ben Affleck. Fotografia: Robert Richardson. Montaggio: William Goldenberg. Musiche: Harry Gregson-Williams. Interpreti: Ben Affleck, Zoe Saldana, Elle Fanning, Brendan Gleeson, Chris Messina, Sienna Miller, Chris Cooper, Remo Girone, Max Casella, Christian Clemenson, Clark Gregg. Origine: Usa, 2016. Durata: 129′.

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