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L’attore che venne da Ork

robin williamsBisogna guardare il mondo da punti di vista inediti, cominciando a salire su un tavolo, per capire quanta distanza esiste tra realtà e le tante forme che lo sguardo modella della realtà stessa. Rivoluzionare il cono ottico con aperture di compasso mai viste prima. Caro professor Keating, ci prova la macchina da presa, ma se la vita fosse come nei film, potremmo rintracciare nella storia del cinema vie di fuga e aree di sosta dove trovare conforto e vincere le passioni più tristi: il sogno della Cecilia alleniana, che attraversa lo schermo e si fa portare via dall’esploratore Baxter, allucinata dalla fluida acquaticità dello schermo e dalla promessa di abbandonare l’incubo della vita vera: carne e ossa per un’illusione.
Robin Williams era atterrato da Ork sul finire degli anni 70, senza passare per Aree 51, direttamente sul pianeta Tv, nella “disincantata” serie Happy Days, per poi vivere con Mindy avventure terrestri, stravaganti e demenziali: “Mork chiama Orson, rispondi Orson”.
Il primo ruolo per un regista di fama arrivò in Popeye, il Braccio di Ferro di Altman. Poi Mazursky (Mosca a New York), Levinson (Good Good-Morning-VietnamMorning, Vietnam), Gilliam (Le avventure del barone di Münchausen La leggenda del re pescatore), Weir (L’attimo fuggente), Marshall (Risvegli), Spielberg (Hook): gli anni 80, per entrare nei 90 come star acclamata, alternando alle commedie, ruoli drammatici intensi, a volte – non si scandalizzi nessuno – venati da una certa retorica e da non poco compiacimento (per questo preferii il suo lavoro “a sottrarre” per ruolo dello psicopatico in One Our Photo. Sorprendente!). La maschera del comico, anzi, le maschere, funzionavano invece sempre alla perfezione, frutto di un lavoro meticoloso che aveva origine in teatro, dove Williams si era formato. Ma siccome per l’Academy, la grandezza si misura sul dramma, Williams ricevette il suo Oscar (come miglior attore non protagonista) nel film più “allineato” con le logiche hollywoodiane di Gus Van Sant: Will Hunting – Genio ribelle. Era il 1997, coronamento di un periodo intenso, diviso tra i set di Allen (una piccola parte in Harry a pezzi), dell’Amleto di Branagh, e di Jack, capolavoro mancato di Coppola sulla brevità della vita e sul dovere di coglierne la spettacolarità illuminando con coraggio anche le stagioni più buie: “se siete depressi, guardate il cielo”. Probabilmente Hollywood e lo Star System, come è accaduto recentemente per Seymour Hoffman, non sono propriamente un tempio dove praticare la religione della vita.
Come sempre lo specchio mente e il pubblico continuerà ad amare un’immagine riflessa.

A.Leone

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