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Le confessioni

locandina_confessioniChi governa il destino dell’umanità?  C’è qualcuno alla guida o siamo privi di pilota? E se c’è qualcuno che disegna la rotta, si tratta di un gota di politici, di economisti, o forse dietro tutto ci sono solo alcune equazioni matematiche impazzite e autoreferenziali, come onnipotenti entità superiori?
Intorno a questa domanda affascinante, non fosse un po’ ritrita, ruota Le confessioni, il nuovo film di Roberto Andò (apprezzato autore del recente Viva la libertà), che si interroga sui potenti e sul potere, e, come nel film precedente, abbraccia la tesi da esplorare con il gusto del gioco surreale, del caso estremo, che scavalcando le ferree leggi del reale, rende più profonda e inattesa l’indagine, o dovrebbe almeno consentirlo.
Lo spunto di partenza evoca reminiscenze filmiche ancestrali, storie di potenti che si trovano a decidere le sorti del mondo, che hanno tasti inimmaginabili da pigiare, tasti che decidono chi vive e chi muore. E in questo ci si sveglia subito dal sogno (o incubo) nell’accorgersi subito che quello di cui si sta parlando non è fantascienza ma una semplice riunione dei ministri economici del G8, alla presenza del vero deux ex machina, il presidente del Fondo Mondiale, un Daniel Auteuil in doppiopetto e motore al minimo. E dentro questo carnevale degli interessi economici, le vicende pubbliche si mescolano agli interessi e ai moti dell’animo, alle passioni dei singoli. E quando, quasi subito nel tempo filmico, una morte improvvisa getta i partecipanti nel dubbio e nell’incertezza, le umanità si rivelano in inattese aperture: le confessioni del titolo, sollecitate dalla presenza di una figura santa, anomala e in teoria sorprendente come solo i santi dovrebbero essere. Questa figura ammantata di incenso attraversa la scena, e diventa l’elemento chiave nelle svolte della vicenda, il dominus capace di influenzare le scelte e i destini, in virtù confessionidella sua più alta morale che non esita a esporre in tutta la sua potenza estetica e intellettuale, davanti alla pochezza umana, al valore inessenziale degli altri supposti potenti del pianeta.
Questa figura estemporanea è purtroppo incarnata da un Tony Servillo/Tony Pagoda assolutamente poco credibile nelle vesti bianche del monaco certosino (non gli si crede nemmeno un minuto, ma forse era questo l’intento del regista), cristallizzato in una recitazione sopra le righe che stona (una perenne espressione del tipo: “non ho capito, puoi ripetere?”), malgrado gli apprezzabili dialoghi, non sempre scontati o implausibili seppur largamente retorici e didattici, e troppo spesso ingessati da una tessitura testuale e da una recitazione (anche degli altri attori) più adatte al teatro che al cinema. I molti attori stranieri fanno del loro meglio per tenere in piedi il fondale del realismo cinematografico, ma è un’impresa ardua perché nonostante la dinamica thriller il film fa fatica a procedere, si avvoltola su se stesso, incespicando nella propria inconsistenza di trama, nella folla di personaggi senza storia e senza sviluppi interessanti, privo di una regia che sappia regalare immagini che diano potenza e smalto all’intento pedagogico, anch’esso un poco spento: il male dell’economia, la sua insensatezza, l’egoismo e insensibilità dei potenti, l’irrazionalità e ingiustizia del sistema, al cospetto dei valori cristiani più profondi e spirituali, a un senso universale della giustizia… tutto giusto, ma già l’avevamo sentito e visto.

Un film vagamente a tesi, dove forse è mancato un lavoro serio di approfondimento dei personaggi, teso a scoprire le pieghe, le contraddizioni nelle contraddizioni del sistema e nelle storie, un gioco intellettuale delle buone intenzioni che non diventa carne e sangue e un colpevole abbandono all’abilità di attori di fama che stanno dentro le loro posizioni di riposo, dove già conoscono tutto, e proprio per questo non regalano nient’altro che lavoretti da impiegati qualificati dell’industria cinematografica. Non negheremo qualche ideuzza davvero brillante, che però purtroppo si ferma lì. E il nostro rammarico è così totale, così disperante, perché siamo così consapevoli che gli spazi per l’autorialità nel cinema mainstream italiano sono ormai così sporadici, che vorremmo approvare, esultare, e invece sentiamo questo fallimento quasi fosse nostro.

Maurilio Tidano

Le confessioni

Regia e sceneggiatura: Roberto Andò. Fotografia: Maurizio Calvesi. Montaggio: Clelio Benevento. Interpreti: Toni Servillo, Connie Nielsen, Daniel Auteuil, Piergiorgio Favino, Lambert Wilson. Origine: Italia/Francia, 2016. Durata: 100′.

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