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Looper

locandina looperJoe (Joseph Gordon-Levitt) è un looper dell’anno 2044, cioè un killer professionista le cui vittime gli vengono spedite da un futuro prossimo in cui i viaggi nel tempo, benché banditi dalle leggi, sono comunque diventati realtà. Il contratto stipulato con le mafie è preciso: uccidi per soldi, e dopo qualche periodo di attività “chiudi il looper”, ovvero ammazzi un te stesso invecchiato di trent’anni, ti prendi una lauta buona uscita e per tre decadi ti godi la vita senza pensare alla morte. Tutto qui, semplice e pulito. La vittima “piove” dall’anno 2074, materializzandosi in un campo di grano: è legata, imbavagliata, e ha il volto coperto da un panno bianco. Gli si spara con una spingarda, sorta di fucile a pompa, e si ritira il premio in lingotti d’argento legati alla schiena del giustiziato. Impossibile sbagliare, rarissimo farsi prendere da questioni morali ed esitazioni. Almeno finché Joe non si lascia scappare il proprio “alter ego”, uno straordinario Bruce Willis che, a differenza degli altri looper in fase terminale, sa benissimo cosa fare pur di salvarsi la pelle: la risposta ai dilemmi del presente e agli interrogativi del futuro è forse racchiusa tra le ordinate pareti domestiche di una ragazza madre (Emily Blunt), rifugiatasi in campagna per sfuggire non si sa da chi o cosa.

Il cinema sul (viaggio nel) tempo è il territorio per eccellenza delle possibilità, di quelle che non sono mai state realizzate, di quelle che invece lo sono state in modo sbagliato o ben poco soddisfacente, e soprattutto delle interconnessioni tra i “se” e i “ma” che avrebbero potuto cambiare, in meglio o in peggio, la nostra esistenza. Se avessi fatto una scelta anziché un’altra, se avessi selezionato un’opzione piuttosto che il suo contrario… Tutta roba già declinata nel magico mondo del cinema, e che forse ha raggiunto il suo apice con The Butterfly Effect (2004) di Bress e Gruber. In Looper, di Rian Johnson, misconosciuto mestierante al terzo lungometraggio, di farfalle che provocano tsunami dall’altra parte del mondo ce ne sono pochine, perché il senso dell’operazione pare invero riservata all’idea (se ci pensate davvero agghiacciante) di diventare consapevolissimi killer di se stessi. Un controsenso logico, che trova modo di flettersi nell’eventualità a piani sfalsati del viaggio temporale, laddove due punti dimensionali tra loro distanti riescono a dispetto di tutto a congiungersi con esiti catastrofici. È quel che succede al giovane Seth (Paul Dano), collega di Joe, che in un momento di sconforto non riesce a terminare il proprio looper, permettendo al suo clone di darsi alla macchia: per eliminare l’incomodo, i vertici dei clan mafiosi torturano il ragazzo nei modi più indicibili, e mentre ciò avviene, l’attempato fuggitivo comincia a perdere pezzi di corpo, che come per magia scompaiono uno dopo l’altro, prima le dita, quindi il naso, il volto, gli arti fino a quando del disgraziato non resta che un arzigogolato, strisciante freak di superfici monche… Una delle scene più perturbanti che il recente cinema (dell’orrore o di fantascienza?) abbia saputo mettere in cantiere.looper foto

Eppure Looper non è mai un film a scatole cinesi, che incastrandosi tra loro secondo le più astruse geometrie interpretative, ingarbugliano la semplicità espositiva fino a stimolare interpretazioni da farti svalvolare le meningi. Il lavoro di Rian Johnson ha infatti una scrittura troppo pulita perché lo si possa definire introspettivo o plausibilmente futuristico, e tra tutti i suoi pregi, l’urgenza di delineare le potenzialità dei viaggi nel tempo, intendendo con tale termine le modifiche che si possono proiettare sul domani, si inserisce solo come un’eco che bussa alla porta sul retro. Il regista sa che quel che conta in una pellicola del genere è quel che si mostra, non ciò che si vorrebbe supposto o finanche appena immaginato. E su questo Looper non lesina in bellezza, tra inseguimenti fumettistici e sparatorie al sapor dell’acciaio, gragnole di pugni e pestaggi talmente simili alla nostra quotidianità da confondersi con essa e ad essa compenetrarsi. Non fosse almeno per le sporadiche, timidissime motociclette volanti, che di tanto in tanto ancora ricordano che stiamo assistendo a un film di un’altra epoca.

Marco Marchetti

Looper

Regia: Rian Johnson. Sceneggiatura: Rian Johnson. Fotografia: Steve Yedlin. Montaggio: Bob Ducsay. Musica: Nathan Johnson. Interpreti: Joseph Gordon-Levitt, Bruce Willis, Emily Blunt, Paul Dano, Noah Segan, Piper Perabo. Origine: USA. Durata: 118 min.

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