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MINIONS: da che mondo è mondo!

minions_TrexAvevamo azzardato, dopo Cattivissimo Me 2, la centralità dei Minions nelle vicende rocambolesche di Mr Gru, soprattutto nel sequel, che vedeva le grottesche creature gialle con il cervello di un bimbo piccolo che non vuol crescere, molto più che semplici figure di sfondo. Goffi, comici per natura, pasticcioni, golosi, impulsivi e compulsivi, sfrontati e irresponsabili, di queste creature si sapeva ben poco, anche se azzardammo l’idea di un percorso evolutivo che avrebbe potuto generare al massimo un sub-Homer Simpson. Adesso Pierre Coffin, questa volta senza Chris Renaud, ma in coppia con Kyle Balda, si diverte (e ci diverte) animando uno spin-off – che in realtà è un prequel – per rispondere alla domanda: da dove diavolo vengono questi omini gialli asessuati a servizio di Gru, come fossero Oompa Loompa alla corte di Wonka?
Ebbene, non sono marziani, venusiani, parenti dei Barbapapà, ma perfettamente terrestri, frutto forse di un “mendeliano” pisello impazzito, lo scherzo di un filamento di DNA con sei basi azotate. L’organismo Minion è così testimone delle ere evolutive del pianeta, protagonista nei momenti cruciali dell’epopea umana, caratterizzato però da un tratto distintivo e inequivocabile: la volontà di mettersi a servizio di un padrone cattivo, anzi il più cattivo di tutti. Peccato che, di T-Rex o faraone, Dracula o Napoleone, nonostante le buone intenzioni, ne abbiano sempre causato una fine prematura. Per questo, ritrovandosi in Antartide senza nessuno da servire e caduti in depressione, i minions decidono di inviare Kevin, insieme all’adolescente irrequieto Stuart e al piccolo pasticcione Bob, in America per un viaggio di sola andata in cerca di padrone. Dopo minions_scarletessere approdati nella New York degli anni ’60, arrivano in Florida in autostop nella città di Orlando, dove ha sede una fiera del super-cattivo. Qui finiscono al soldo della diabolica Scarlet Sterminator e suo marito Herb. La loro prima missione, impossessarsi della corona della regina d’Inghilterra, li porta a Londra, dove perderanno la fiducia di Scarlet, che tenterà di farli fuori.
Minions è senza dubbio un’avventura comica tra musical e fantasy. Gli autori innescano un racconto intelligente, dove la storia dell’umanità è riscritta in tinta Minions – capaci di far fuori T-Rex, Napoleone o conte Dracula con la naturalezza di un bambino che fa un pasticcio – e sviluppando dunque l’idea del comico come corpo alieno che cerca collocazione in un mondo dalle leggi incomprensibili, ricordando per questo Stanlio, Ridolini, Keaton o Peter Sellers. E come nel più classico dei meccanismi del cinema comico, di gag in gag, il Minion tanto quanto il clown fraintende la sostanza della realtà rimodellandola, alterandola, in chiave surrealista, inanellando una serie di gag dai tempi perfetti. Basti citare la costruzione delle piramidi al contrario, la rimozione della spada nella roccia o Stuart che corteggia un idrante giallo, scambiandolo per una femmina di minion (che poi non esiste..).
Nonostante sembrino eterni bambini con spensierata voglia di divertirsi, Koffin e Balda tratteggiano individui differenti, creando delle varianti sul tema del buffone giallo che si esprime con suoni strampalati (un miscuglio di tutte le lingue del mondo), che tanto ricordano il linguaggio della scorbutica Linea di Cavandoli (avete presente quei versi misti a un reinventato dialetto milanese?). Kevin, Stuart e Bob hanno caratteri e personalità che differiscono e ne fanno personaggi completi, tanto quanto il futuro padrone Mr Gru, di cui in questo Minions vedremo alla fine un’incarnazione giovane e già ambiziosamente cattiva.
MinionsIl racconto, che potrebbe reggere sulle sole immagini, è rafforzato da una strepitosa colonna sonora d’epoca, certo un po’ ruffiana con il pubblico adulto, che afferra le citazioni e ride quando non ridono i bambini, scorgendo gli Who o Hendrix, quando Stuart davanti alla regina e a mezza Inghilterra sfascia una chitarra elettrica in trans performativa; oppure quando i tre piccoli eroi in fuga, spuntano fuori da un tombino in piena Abbey Road, proprio mentre quattro ragazzotti stanno percorrendo le strisce pedonali, regalando alla storia della musica rock una delle più belle copertine di disco di sempre. Ma la restituzione del fermento culturale, delle mode imperanti come dei vizi della ormai consolidata società dei consumi, che caratterizzarono i Sixties (e di cui i perfidi Herb e Scarlet simboleggiano l’aspetto più volgare), è valorizzata con ironia dalle citazioni alla Pop-Art, agli stilisti e al design, mixando goliardicamente icone che in quegli anni hanno rinegoziato l’idea del bello artistico con movimenti di pensiero e di colore che trovavano ispirazione nelle factories e che, probabilmente, avrebbero volentieri dato casa a tutti i minions del pianeta. Ve lo immaginate Kevin a servizio del cattivissimo Warhol?

Alessandro Leone

Regia: Kyle Balda, Pierre Coffin. Sceneggiatura: Brian Lynch. Montaggio: Claire Dodgson. Musiche: Heitor Pereira. Origine: Usa, 2015. Durata: 91’.

 

 

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