RecensioniSlideshow

Pinocchio: il “Made in Italy” di Matteo Garrone

Era proprio necessario un altro film su Pinocchio? La risposta è “sì” se a dirigere l’intero progetto abbiamo Matteo Garrone.
Dopo l’esperimento fiabesco de Il Racconto dei racconti e la parentesi di cronaca nera di Dogman, il regista  romano porta al cinema un nuovo adattamento del romanzo per ragazzi italiano più famoso al mondo, Le avventure di Pinocchio. Molte sono state le rivisitazioni e interpretazioni della fiaba di Carlo Collodi: dal primo lungometraggio del 1911 di Giulio Antamoro, con l’interpretazione del noto comico italo-francese Ferdinand Guillaume (Polidor), per poi passare all’amato sceneggiato televisivo del ‘72 di Luigi Comencini, segnato per sempre dalle indimenticabili musiche di Fiorenzo Carpi, infine riprendere vita nel bistrattato kolossal di Roberto Benigni del 2002. I maneggiamenti sono tantissimi, sia in patria che all’estero, dove il ciocco di legno si trasforma e ritrasforma passando da un medium all’altro. Troviamo così centinaia di versioni illustrate, fumetti, lungometraggi, serie animate, spettacoli teatrali, concept album, audiolibri, gadget, pupazzetti e via dicendo. Tutto ciò non sarebbe stato possibile senza il classico Disney del 1940 diretto da Hamilton Luske e Ben Sharpsteen, nonché primo film d’animazione su Pinocchio, che ne ha amplificato l’influenza oltreoceano e lo ha portato all’attenzione di un pubblico sempre più amplio. La storia di Pinocchio ha influenzato persino grandi registi come Stanley Kubrick, che ne prende spunto per l’ideazione del film A.I. – Intelligenza Artificiale, poi realizzato post mortem dal fidato collega Steven Spielberg. Presto Pinocchio vedrà di nuova la luce nell’adattamento in stop motion e ambientato nell’Italia fascista del vincitore del premio Oscar Guillermo del Toro (La forma dell’acqua) e sarà, inoltre, “materializzato” dalla Disney all’interno dell’infinito “Disney Live-Action Universe”.  E allora viene da chiedersi perché un nuovo Pinocchio?
La risposta a questa domanda, che riecheggia tra i commenti social e qualche riga frettolosa di un commento a caldo, va ricercata in sala… Solo prendendo realmente parte allo “spettacolo” offertoci da Garrone è infatti possibile capirne le motivazioni e il valore artistico-culturale. Stiamo infatti parlando di una vera e propria esperienza visiva, in cui il regista studiando attentamente le righe del testo originale, inscena un mondo magico e inedito pronto ad essere esplorato da tutta la famiglia, come confermato dallo stesso autore: “Il nostro intento era quello di far riscoprire questo grande classico per incantare e sorprendere nuovamente il pubblico”. Garrone prosegue quindi il suo percorso nel fiabesco, elemento che ne ha permeato la carriera con quelle che sono state definite dalla critica come “fiabe contemporanee” come L’imbalsamatore, Reality e Dogman. Il suo si rivela essere un amore smisurato per i personaggi e le vicende del povero Pinocchio, un burattino “ingenuo, appena nato, puro che pensa che nel mondo non ci sia il male”, come ce lo descrive Roberto Benigni. Una storia che accompagna Garrone fin da bambino, quando, racconta, già all’età di sei anni rappresentava su carta le avventure del burattino. Un legame profondo che finalmente si concretizza in quello che il regista sa fare meglio, raccontare storie dietro alla macchina da presa. Garrone intaglia quindi il suo Pinocchio come il più meticoloso degli artigiani, preciso e attento alla maniera del Geppetto portato in scena da Roberto Benigni, che abbandona la frivolezza del suo burattino e passa alla maturità di un padre premuroso e amoroso come Geppetto. Il suo è amore, devozione e rispetto verso l’opera originale a cui si attiene svolgendo, con il supporto del collega Massimo Ceccherini, un lavoro fedele di “potatura qui e là”, usando le parole del regista stesso. Nel Pinocchio di Matteo Garrone ci sono tutti i personaggi principali del romanzo di Collodi: Geppetto e il burattino di legno, Lucignolo, Mangiafuoco, la Fata Turchina, il Grillo Parlante, il Gatto e la Volpe, fino all’Omino di burro, il Tonno e la Balena. I personaggi, come nella tradizione della Commedia dell’Arte, sono fortemente caratterizzati, oltre che da una forte fisicità e gestualità, anche da pochi ed evidenti tratti distintivi che li distinguono e identificano. Non solo appaiono nel teatro dei burattini le maschere rappresentative della commedia dell’arte (Pulcinella, Arlecchino, Pantalone e Colombina) ma a loro volta personaggi come il Gatto e la Volpe divengono delle “mascherine”, facilmente riconoscibili e cono i loro meccanismi innati: il loro aspetto è umano pur presentando caratteri fisici e comportamentali decisamente animaleschi, a uno manca una gamba l’altro non ci vede ed entrambi sussurrano e bisbigliano nell’orecchio di Pinocchio, distogliendolo dalla retta vita avvolto da un eco onnipresente delle parole pronunciate da Volpe che si propaga dalla bocca di Gatto. Un sussurramento ipnotico e rilassante che fa pensare al fenomeno ASMR (autonomous sensory meridian response), con milioni di persone su Youtube che si lasciano trasportare dai “Tk-Tk e “Sk-Sk” di migliaia di sconosciuti in rete. Ogni personaggio ha la sua parola discriminante che ripete più e più volte, dallo “Spizzichiamo” del Gatto e a Volpe, al malizioso “Amorini” dell’Uomo di Burro, al “lentamente” della baia lumaca e infine ai “Ciao” spensierati di Pinocchio. Grazie all’aiuto di Ceccarini si è passati quindi da una prima versione della sceneggiatura rigorosamente attenta al testo originale a una rielaborazione in chiave comica e popolare. L’intento, difatti, è proprio quello di mantenere “l’anima popolare” di Pinocchio, una storia universale e adatta a tutti, mettendo momentaneamente da parte la violenza e crudeltà esplicita che ha sempre caratterizzato la filmografia e la narrativa di Garrone. Il film diviene quindi un appello alla visione collettiva, un tentativo di riavvicinare i più grandi e di far conoscere ai più piccoli il mito di Pinocchio. Anche la scelta del cast si muove chiaramente in questa direzione, dove volti noti nel panorama comico e popolare italiano si alternano a volti anonimi e, come da sempre piace fare a Garrone, “pescati dalla strada”. Abbiamo così Federico Iapi, 8 anni, nei panni di un Pinocchio ingenuo e naturale, quanto mai bambino nel suo sguardo sul mondo, energie e voglia di vivere; il duo Massimo Ceccherini e Rocco Papaleo, nati per diventare la Volpe e il Gatto; Gigi Proietti come il burbero Mangiafuoco dallo starnuto facile, le due fatine (bambina e adulta) Alida Baldari Calabria e Marine Vacht, la prima compagna di giochi e la seconda bellissima ed eterea figura materna. Nota di merito per Davide Marotta (il grillo parlante), Maria Pia Timo (la Lumaca), Enzo Vetrano (il Maestro), Teco Celio (il Gorilla giudice) e Nino Scardina (L’Omino di burro).
La ricerca visiva e la messa in scena di Garrone sono delle più attente e filologicamente curate, attingendo all’iconografia ottocentesca e arruolando il meglio della maestranza italiana e non. In particolare, uno dei riferimenti più importanti sono state le tavole di Enrico Mazzanti, primo illustratore della fiaba e collaboratore stretto di Collodi, rielaborate da Pietro Scola Di Mambro, Concept Artist e Character designer dei personaggi del film. Ad affiancarlo abbiamo anche il due volte premio oscar Mark Coullier (The Iron Lady e The Grand Budapest Hotel), Prosthetic Make-up designer, che ha dato vita ai personaggi sviluppati da Scola. Il protagonista, Federico Ielapi, si è sottoposto per tre mesi a quattro ore di trucco ogni mattina, trasformandosi letteralmente in un bambino di legno. Gli effetti speciali sono curati dallo studio londinese One of Us e, come per Il racconto dei racconti, l’uso della CGI è ridotto al minino e dosato in modo sapiente a supporto della narrazione, unicamente nelle scene più difficilmente realizzabili con l’effettistica tradizionale. Il risultato è un incredibile realismo dei personaggi che prendono letteralmente vita sullo schermo nella loro veste fantastica e antropomorfa. Sembra quasi possibile toccare con mano le venature che percorrono il viso e il corpo del protagonista. L’effetto realistico è amplificato da un’attenta ricerca sonora, a cura di Maricetta Lombardo, che accompagna i movimenti del burattino, tra scricchioli legnosi e il secco rintocco dei corpi dei burattini che si incontrano in un abbraccio. Pinocchio è quindi vita, come la luce in questo film è vita. Pinocchio è un incanto per gli occhi, dove la fotografia di Nicolaj Bruel (Dogman) riesce a disegnare con la luce dei veri e propri quadri ricchi di fascino e reminiscenze pittoriche che ammaliano e rapiscono l’occhio dello spettatore. L’influenza è quella dei Macchiaioli e Garrone, che nasce come pittore, ne prende in prestito l’immediatezza verista, le tinte d’orate e i contrasti chiaroscurali. Gli ambienti, curati dal collaboratore Dimitri Capuani (Il racconto dei racconti e Dogman), sono anch’essi “maravigliosi” e di un barocco decadente, dove una ricostruzione minuziosa degli spazi evoca la povertà del tempo e la fame che pervade il povero Geppetto e l’intera Italia di fine ‘800. Il paesaggio è bucolico e del tutto incontaminato. Le location, come solito nei film dell’autore, sono state scelte con estrema attenzione dopo una perlustrazione delle regioni italiane durata un anno a cura di Gennaro Aquini, fidato location manager di Matteo (Gomorra, Reality e Il racconto dei racconti). Il regista racconta come sia stato difficile trovare dei luoghi incontaminati, fondamentali anche per raccontare l’anima dei personaggi, rimasti integri dopo la speculazione edilizia post Seconda Guerra Mondiale. Le riprese si sono svolte tra la campagna della Toscana (Val di Chiana), Lazio e Puglia (Parco nazionale dell’Alta Murgia), facendo dialogare tra loro paesaggi molto diversi in cui Pinocchio si sposta tra una peripezia e l’altra fino a sfociare sulle sconfinate coste pugliesi di Polignano a Mare (maggiori dettagli nell’interessante articolo Pinocchio (2019) dove è stato girato? Itinerario tra le location del film dei colleghi di Cinematographe.it).
La sfida è quindi quella di “soprendere lo spettatore” e il Pinocchio di Garrone lo fa portando con sé un marchio “made in Italy” forte e chiaro che mostra tutta la bellezza nascosta di un Paese che è sempre stato sotto gli occhi del mondo per la sua maestria artistica e creativa e che in antitesi sembra ora pervaso da un malessere e negativismo dilagante, apparentemente impossibile da sradicare.  Purtroppo, Garrone deve fare i conti con il passato e si trova a dirigere un adattamento fedele al libro ma succube del ricordo di altre opere, risultando meno memorabile nel complesso rispetto alla versione di Luigi Comencini, di cui è sicuramente impossibile dimenticare la colonna sonora, da cui il compositore Dario Marianelli si difende a testa alta scegliendo la via del distacco, realizzando la sua personale sinfonia colma di elementi sonori tipici della tradizione popolare-contadina.


Quella di Matteo Garrone è quindi definitivamente un gesto di coraggio e visione, desiderio di un cinema nuovo e rinnovato in un panorama dominato da commedie ormai sempre più povere e stantie. Un film di cui andare fieri in cui l’incanto domina lo sguardo di grandi e piccini, che rimangono a bocca aperta, in un turbinio di emozioni tra meraviglia, divertimento e tragedia. Un’impresa da 11 milioni di dollari, co-produzione Italia-Francia-Inghilterra, distribuito in Italia in 700 copie, che si appresta a sbarcare sui mercati internazionali, a partire dalla prossima Berlinale, e che già nei primi giorni di programmazione sta riscontrando ottimi risultati al botteghino italiano (primo in classifica nella settimana di Natale).  Il favore del pubblico fa ben sperare, esprimendo forse un desiderio profondo e recondito, quello di un “cinema vero”.
“Era un sogno che inseguivo da tempo, se poi ne è valsa la pena coronarlo lo chiederemo al pubblico” (Matteo Garrone).

di Samuele P. Perrotta

Pinocchio

Regia: Matteo Garrone. Sceneggiatura: Matteo Garrone e  Massimo Ceccherini. Fotografia: Nicolaj Bruel. Montaggio: Marco Spoletini. Musiche: Dario Marianelli. Costumi: Massimo Cantini Parrini. Scenografie: Dimitri Capuani. Interpreti: Federico Ielapi,Roberto Benigni,Gigi Proietti, Rocco Papaleo,Massimo Ceccherini, Marine Vacth, Alida Baldari Calabria,Alessio Di Domenicantonio, Maria Pia Timo, Davide Marotta, Paolo Graziosi, Gianfranco Gallo,Massimiliano Gallo, Marcello Fonte,Teco Celio. Origine: Francia/Italia, 2019. Durata: 125′.

Topics
Vedi altro

Articoli correlati

Back to top button
Close